Giunge finalmente al termine una cavalcata durata qualche decade, tre per la precisione, ed otto puntate. Una cavalcata che ha reso palesemente lo status mentale di Martin “Marty” Markowitz interpretato magistralmente da Will Ferrell plasmato e plagiato dal Sexiest Man Alive 2021 nei panni del Dr. Isaac “Ike” Herschkopf.
Con “The Verdict” lo show di Apple TV+ chiude un cerchio ricollegandosi direttamente alla primissima scena vista nella series premiere di “The Consultation“: una figura ignota, vestita da apicoltore, si prende cura delle sue api raccogliendo il miele. Ci sono voluti sette episodi per scoprire che quella figura era in realtà Marty, il Marty del 2010.
Questo series finale ha il dovere morale di tirare le fila di una storia che ha provocato un certo fastidio sotto pelle in ogni spettatore, un fastidio ed un’irritazione che non hanno smesso di essere presenti anche in questa puntata ma che, almeno, sono ampiamente compensati da una rivincita sia morale che sulla carta.
“Hi, Marty. It’s Ike. I understand your boundary at AFC. Just confirming you still want to continue as doctor and patient and that you’ll be attending your appointment at 11:15.“
IL PRE-PHYLLIS
Nonostante il modo in cui si è chiusa la scorsa puntata, questo series finale si apre in una specie di limbo in cui Marty prova a trovare un suo equilibrio tra un tentativo di farsi un amico a lavoro o una fidanzata fuori, il tutto mentre ascolta in loop la voce del suo ex migliore amico.
La sensazione di aver fatto un passo avanti e due indietro c’è, ma questa volta non c’è tempo per regredire e Georgia Pritchett (la showrunner) lo sa, quindi tutto è parzialmente accelerato e le informazioni con cui Marty avrebbe dovuto venire a contatto fin dall’inizio emergono nel momento giusto al posto giusto. Finalmente. Anche se il vero “mental switch” arriva solo con il ritorno in pompa magna di Phyllis e del suo carisma.
IL POST-PHYLLIS
Non si può negare che Kathryn Hahn non abbia un certo impatto scenico ogni volta che calca la scena. Ed è un impatto positivo molto forte che aiuta tutto e tutti. Infatti, riguardando a posteriori la stagione, dopo il suo abbandono temporaneo avvenuto in “The Foundation” tramite una serie di teste mozzate da ogni foto, la serie si è un po’ adagiata sugli allori limitandosi (come avvenuto in realtà) al malato rapporto tra Ike e Marty.
Inutile negare che rivedere Phyllis è un piacere sia per gli occhi, grazie ad una gestualità importante, sia da un punto di vista mentale, perché porta una ventata d’aria fresca rappresentando di fatto la voce dello spettatore medio che non ha modo di interloquire con Marty.
Il suo ritorno coincide con un aumento del carisma di Marty che, nonostante una leggera ricaduta iniziale ed una bontà sempre troppo grande, rimane l’unico che giustamente può e deve fare qualcosa.
IL POST-IKE
Ed è così che Georgia Pritchett crea la situazione giusta per Marty per alzarsi in piedi e proteggere sé stesso dal suo manipolatore, ovviamente aiutato anche dal desiderio di rivedere Phyllis e riacquistare la sua famiglia perduta. Il passaggio logico non è istantaneo ma è come una palla di neve che si trasforma in valanga travolgendo Ike.
In tutto ciò, è chiaro che Georgia Pritchett ci tenga a sottolineare che non tutto è bene ciò che finisce bene e che ci sono comunque degli effetti collaterali che sono rimasti. Le manie di Marty enfatizzate durante la cena sono un perfetto esempio, ma anche nel confronto finale tra i due ex migliori amici emerge un fattore temporale che non va assolutamente dimenticato (“but I’m afraid to say we’re out of time“): è troppo tardi per porre rimedio alle vite di entrambi.
Da un lato per Marty la felicità ora risiede solo nella sua famiglia e nei suoi nipoti, per Ike invece la sensazione di completezza continuerà a mancare visto il suo fallimento di diventare famoso e poter essere considerato al pari di tutte le sue special guest ai party.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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The Shrink Next Door chiude i battenti confermando pregi e difetti già delineati e constatati durante la stagione. Fortunatamente il tutto si chiude con una certa giustizia che fa bene al cuore e compensa per tutte le manipolazioni osservate senza poter muovere un dito.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.