The Matrix Resurrections
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The Matrix: Resurrections

A 18 anni da Revolutions Neo e Trinity tornano per aprire una nuova pagina della loro epopea in una pellicola che intrattiene ma senza la stessa intensità dei capitoli precedenti

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Thomas Anderson (Keanu Reeves) è un programmatore di videogiochi, autore della saga di successo The Matrix. La vita dell’uomo viene però scossa da strane visioni che sembrano essere dei déjà vu. Nel frattempo fa la conoscenza di Tiffany (Carrie-Anne Moss), una donna che sembra ricordargli qualcuno di importante dal passato e che, a sua volta, crede di essere la musa ispiratrice del videogioco da lui creato. Qualche giorno dopo un misterioso giovane di nome Morpheus (Yahya Abdul-Mateen) gli rivelerà la verità, mettendolo nuovamente di fronte a una scelta: pillola blu o pillola rossa?

Uscito nelle sale il 22 Dicembre 2021, The Matrix Resurrection è il quarto capitolo dell’iconica saga iniziata delle sorelle Wachowski nel 1999 e che ha reso Keanu Reeves famoso in tutto il mondo grazie al suo Thomas Anderson a.k.a. l’Eletto.
Questa volta ad affiancare Lana Wachowski non c’è più la sorella Lilly, al suo posto invece David Mitchell e Aleksandar Hemon, con cui la regista aveva già collaborato precedentemente per lo sviluppo della serie Sense8 (se avete seguito la serie TV, infatti, ritroverete alcuni volti conosciuti). A ben diciotto anni di distanza da Revolutions, Lana Wachowski riporta così sullo schermo la sua creatura, promettendo novità ma senza per forza stravolgere il passato.
Già con Reloaded e Revolutions la saga si era in qualche modo distaccata dalla magia del primo capitolo, comunque inarrivabile per il suo pesante impatto culturale, e con l’epopea dell’Eletto giunta al suo epilogo ci si domandava da tempo quale potesse essere la nuova direzione presa della trama. La risposta, come sempre, si trova nel mezzo.
In questo caso tra il bisogno di creare una nuova mitologia senza “profanare le sacre scritture” ed il citazionismo intelligente così da accontentare i cultori della trilogia. Un campo minato che la stessa Lana Wachowski decide di percorrere nonostante, a conti fatti, si tratti di una storia che aveva già detto tutto e che, nel bene e nel male, è sempre riuscita a mantenere una certa coerenza nel corso dei suoi tre atti nonostante il perenne confronto con la prima pellicola, occupando di diritto un posto nel cuore dei suoi fan.
Un rischio calcolato che sicuramente trova alcune delle sue ragioni più forti nel vil denaro, ma che visto dal punto di vista dello spettatore non può far altro che portare ad una semplice domanda…

CE N’ERA VERAMENTE BISOGNO?


Quando a settembre venne rilasciato il primo dei due trailer confezionati per l’uscita di The Matrix Resurrections, la prima impressione fu quella di una pellicola figlia dell’ondata di revival/reboot degli ultimi anni, piuttosto che un prodotto creato appositamente per rendere omaggio ad una delle saghe cinematografiche più iconiche di sempre. Con il secondo trailer, rilasciato invece a ridosso dell’uscita del film nelle sale, l’idea che non si trattasse dell’ennesima operazione di rilancio di un brand venne in qualche modo mitigata, soprattutto grazie alle innumerevoli sequenze d’azione rivelatesi poi essere davvero il cuore pulsante dell’intera pellicola.
Nella sua prima ora, il film si prende tempo per autocitarsi, creando una sorta di introduzione meta-cinematografica al vero nucleo narrativo della pellicola, riproponendo in toto le sequenze dei primi film, in particolare del primo capitolo, trovando un modo quantomeno originale per piazzare elementi della trilogia originale senza che questi finissero per cozzare con la narrazione sfociando nel più becero fan service. Il problema, però, sussiste nel momento in cui il film cerca di muovere i suoi primi passi senza papà Neo e mamma Trinity a tenerlo per mano. Questo non perché i due storici personaggi non siano i protagonisti assoluti della pellicola, lo sono eccome, ma perché a prescindere dall’importanza dei suoi protagonisti, una pellicola ha sempre e comunque bisogno di personaggi secondari e comprimari con un certo spessore per poter brillare di luce propria. E purtroppo non è questo il caso.
Dopo la prima ora, il film comincia così a mostrare tutti i suoi limiti, accumulando tutta una serie di aggiunte insensate alla mitologia della trilogia originale che, seppur sorrette dalla spettacolarità dell’azione di cui il film è letteralmente farcito, hanno quel retrogusto di intrattenimento per famiglie, quasi si trattasse di una saga disneyana, edulcorata nel linguaggio per poter essere fruita da tutta la famiglia.
I vari ritorni dei personaggi – sempre accompagnati da appositi spiegoni o immagini dai vecchi film per far capire anche al vostro cocker appena entrato in sala cosa stia succedendo – talvolta sembrano trovare la propria ragion d’essere solo in funzione dell’avanzamento di trama, senza ricevere il giusto livello di approfondimento di cui invece avrebbero disperato bisogno per lasciare il segno – uno qualunque – nel cuore dello spettatore. Il risultato finale è un parco personaggi estremamente piatto, vuoto, di comodo, quasi fosse una fan fiction di cui, onestamente, la saga di Matrix non aveva bisogno per “risorgere” agli occhi delle nuove generazioni.
Tralasciando l’inutilità intrinseca dell’operazione di reboot/revival su saghe concluse da tempo e che hanno già detto tutto ciò che avevano da dire al proprio pubblico, sembra quasi che The Matrix Resurrection sia sprovvisto di fondamenta solide, di quell’idea necessaria a sorreggere l’instabile impalcatura fatta di riferimenti e meta-citazionismo, combattimenti, esplosioni ed inseguimenti spettacolari, e soprattutto tagli di capelli imbarazzanti che fanno sembrare il mullet un’acconciatura di classe.
Non c’è quel “qualcosa” in cui lo spettatore possa effettivamente ritrovarsi, così da poter empatizzare con i protagonisti (o gli antagonisti); non esiste un reale scopo in grado di giustificare l’uscita di questo quarto capitolo di Matrix, se non quello, naturalmente, della mungitura del proprio brand. Un film che senza dubbio intrattiene, utile per staccare il cervello per un paio d’ore, ricco di sequenze d’azione ed effetti visivi spettacolari, ma anche una grande delusione per i veri amanti della trilogia originale e della profondità, emotiva e narrativa, che ha contraddistinto i primi tre capitoli della saga.

NON UN SEQUEL MA UN FILM SU MATRIX


Una cascata di parole vuote e riproposizione delle medesime dinamiche – sebbene declinate seguendo una visione del mondo del tutto nuova rispetto a quella di vent’anni fa – vanno così a scontrarsi con una componente action che stupisce in positivo ma che ben poco ha da aggiungere a quanto già detto nelle prime tre pellicole.
The Matrix Resurrections deve fare così i conti con il peso del suo passato, con l’impatto culturale e soprattutto visivo che il franchise diede ad un genere che proprio il primo capitolo della saga contribuì a far evolvere e maturare. E, consapevole di non poterne replicare il successo, Lana Wachowski decide così di riproporre, senza troppi fronzoli, le sequenze che hanno reso celebre la pellicola in modo da rifondare il mito per poi trasformarlo in qualcosa di nuovo, di profondamente diverso nelle intenzioni ma che in qualche modo riesca a strizzare l’occhio a tutti quelli che invece hanno visto nascere il fenomeno nel 1999 con l’uscita di The Matrix.
In tal senso, The Matrix Resurrections si propone non tanto come quarto capitolo della saga, bensì come un film sull’universo di Matrix, volto ad evidenziare i cambiamenti della società in questi vent’anni di progresso tecnologico e ponendo l’accento sul ruolo sempre più intrusivo di Internet nella vita delle persone e del ruolo che i grandi colossi del digitale hanno in questo processo di decostruzione dell’identità del singolo individuo. Intenzione più che legittima ma che finisce per scontrarsi con 148 minuti di visioni oniriche a metà tra realtà e finzione che costringono lo spettatore ad assistere ad un uno spettacolo in grado di dare ben poche risposte alle sue innumerevoli domande.
Un aspetto intrigante, invece, è quello del rapporto che intercorre tra autore ed opera, proponendo una riflessione metatestuale portata avanti in particolare dall’Analista di Neil Patrick Harris (una sorta di upgrade della figura dell’Architetto) personaggio forse meglio riuscito del film e che naturalmente non può far altro che rimandare alla Wachowski stessa e al suo rapporto di co-autrice della saga di Matrix.
Ad un certo punto sembra anche insinuarsi la possibilità di un ribaltamento di paradigma, con la negazione di qualsivoglia declinazione binaria della realtà a favore di sistemi più elaborati in grado di andare oltre lo scambio di ruolo – significativo se si pensa anche al percorso personale della regista – tra Neo e Trinity. Aspetto che purtroppo va a perdersi sul finale come gran parte delle storyline sviluppate fino a quel momento e che quindi si configura come l’ennesimo nulla di fatto in una pellicola piuttosto anonima a cui, probabilmente, si smetterà di pensare appena varcata la soglia del cinema.


Le aspettative, trattandosi dell’ennesima operazione di mungitura della vacca gravida, non erano certo alle stelle. Il film inoltre sembra configurarsi come una storia a parte nell’universo di Matrix piuttosto che come un sequel vero e proprio, e sotto questo punto di vista la pellicola riesce quantomeno ad offrire un paio d’ore di azione contraddistinte da trovate geniali (tanto per dirne una, la pioggia di kamikaze durante l’inseguimento in moto) ed effetti speciali sempre spettacolari.
In definitiva, un quarto capitolo che passa costantemente da momenti nostalgici ad altri in cui si sente forte la necessità di scrivere una nuova pagina per Neo e Trinity. Nel mezzo, una discreta dose di azione e meta-citazionismo che però da sole non bastano a salvare la pellicola dal baratro dell’anonimia. Un progetto sicuramente molto ambizioso, ma che purtroppo trasmette la sensazione di non averci creduto abbastanza.

 

TITOLO ORIGINALE: The Matrix Resurrections
REGIA: Lana Wachowski
SCENEGGIATURA: Lana Wachowski, David Mitchell, Aleksandar Hemon

INTERPRETI: Keanu Reeves, Carrie-Anne Moss, Yahya Abdul-Mateen II, Jessica Henwick, Jonathan Groff, Neil Patrick Harris, Jada Pinkett Smith, Lambert Wilson, Priyanka Chopra, Max Riemelt, Brian J Smith, Toby Onwumere, Eréndira Ibarra
DISTRIBUZIONE: Warner Bros. Pictures
DURATA: 148′
ORIGINE: USA, 2021
DATA DI USCITA: 22/12/2021

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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