“Now, this kugelblitz it is not some tiny leak that we can simply fix by patching a couple of pinholes. It is a giant compactor which is grinding up the universe and consuming it whole. So tell me how you stop it!“
La fase prettamente introduttiva di questa terza stagione di The Umbrella Academy può dirsi conclusa e, giunti quasi al giro di boa, la serie inizia a regalare qualche buon colpo di scena ben assestato, facendo ben sperare sul prosieguo della stagione.
I difetti congeniti della serie restano, e nella parte centrale della puntata scappa anche qualche sbadiglio di troppo, ma nel complesso questo quarto episodio si difende bene e quantomeno mette un po’ di carne al fuoco nel quarto d’ora finale.
APOCALISSE -> RESET -> RIPETERE
Finora questa terza stagione di The Umbrella Academy ha dimostrato, come in passato, di possedere tutti gli elementi fondamentali utili a conquistare lo spettatore medio di questa tipologia di prodotti a stampo supereroistico.
I drammi esistenziali la fanno ovviamente da padroni, all’interno di una trama che, almeno fino a questo momento, è riuscita a bilanciare bene azione, progressione narrativa e cliffhanger abbastanza inaspettati in maniera piuttosto discreta.
La componente grottesca è sempre presente ma forse, un po’ per l’esistenza di prodotti come The Boys, per definizione eccessivi, un po’ per la ripetitività del medesimo schema stagione dopo stagione, ha perso un po’ del suo potere mesmerizzante.
Lo show naturalmente possiede ancora quel fascino tipico dei prodotti di punta di Netflix, come Stranger Things o La Casa De Papel, in grado di irretire a prescindere dal gusto personale poiché semplicemente studiati e creati appositamente per il binge-watching più selvaggio; ma d’altra parte, nonostante l’impellente esigenza di uscire dal consueto schema narrativo, apparentemente perpetuo, Apocalisse-Reset, l’intenzione finora sembrerebbe opposta, probabilmente in nome della consueta opera di mungitura della vacca gravida.
Ad ogni modo, prendendo The Umbrella Academy per ciò che è, un prodotto di intrattenimento leggero che gioca su paradossi e viaggi nel tempo senza imporsi neanche troppe regole di coerenza logico-scientifica, questo terzo arco narrativo si è finora difeso abbastanza bene, zavorrato soltanto, come già detto, dalla costante sensazione di “già visto” che obiettivamente penalizza un po’ il prodotto nella sua interezza.
CHE POSSO FA’? POSSO SCUREGGIA’.
“Don’t save the world.“
In questo episodio, che si apre e si chiude sull’ennesima cover di House Of The Rising Sun, questa volta a cura di Jeremy Renner, il mistero della morte simultanea delle madri dei protagonisti trova finalmente una risposta nel flashback che riguarda Harlan Cooper, il quale, a causa del dolore provato per la scomparsa della madre Sissy, avrebbe ucciso inavvertitamente 16 delle madri dei 43 bambini nati contemporaneamente il 1 Ottobre 1989.
A precedere questa importante rivelazione, però, vi sono anche due avvenimenti altrettanto importanti – tutti e tre gli eventi in questione, tra l’altro, prendono luogo negli ultimi quindici minuti dell’episodio – prima la frase sussurrata con l’ultimo alito di vita di old Five nel tentativo di dissuadere l’improbabile duo dalla loro missione di salvatori del mondo, che certamente apre tutta una serie di nuovi scenari; poi la fiocinata in pieno petto ai danni del povero Klaus per mano del (degno) figlio di Diego. Quindici minuti molto intensi che riescono nell’intento di bilanciare qualche momento un po’ fiacco all’interno dell’episodio.
La faida tra le due Accademie comincia a perdere un po’ di mordente soffocata dalla reiterazione di comportamenti che al quarto episodio (della terza stagione, tra l’altro) dovrebbero essere ormai ben chiari al pubblico, e che invece finiscono con l’evidenziare ulteriormente i punti deboli delle caratterizzazioni di alcuni personaggi, in particolare di Diego e Luther, che stagione dopo stagione sembrano essere diventati esponenzialmente più stupidi fino al punto da risultare quasi fastidiosi.
Bene la coppia Five/Lila, magari soprassedendo su un paio di scuregge da cinepanottone di troppo, un po’ meno bene l’ex triangolo, ora quadrato, Luther-Sloane-Allison-Diego, che per il momento annoia abbastanza e che lascia sperare soltanto in merito al breakdown di Allison e al suo cambio di personalità che punta nella direzione di un cedimento al lato più oscuro di se stessa.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Nel complesso un buon quarto episodio, valorizzato soprattutto dall’ultimo quarto d’ora e dai suoi colpi di scena a raffica. Basandosi unicamente sui primi quattro appuntamenti, non si può certo gridare al capolavoro – a maggior ragione se si pensa alle stagioni precedenti del telefilm, nettamente migliori. Tuttavia, se si tiene conto del tipo di prodotto a cui ci si sta approcciando, e non ci si concentra troppo sulla questione viaggi nel tempo, paradossi e quant’altro, ciò che resta è un prodotto godibile, che intrattiene e che sicuramente terrà impegnati per un paio di giorni tutti quelli che attendono con ansia il ritorno imminente di Stranger Things con i suoi ultimi due episodi stagionali. Insomma, un ottimo tappabuchi.
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.