In un panorama televisivo ormai saturo di letame seriale, talvolta basta veramente il minimo impegno per portare a casa il risultato. Girovagando tra blog dedicati alla televisione e threads su Reddit, è possibile trovare una moltitudine di fan che ancora si dicono eccitati all’idea di rivedere la stessa identica storia, anno dopo anno, soddisfatti di navigare tra flashback riguardanti bambini in maschera, universi alternativi, apocalissi da scongiurare e Robert Sheenan che fa lo stesso personaggio dal 2009.
Per fortuna questo incubo sta per finire e, nella speranza che finalmente sta cazzo di Apocalisse si porti via Hargreeves e prole in una fragorosa esplosione di fiamme e godimento (quest’ultimo riferito a chi scrive), ecco arrivare “The Cleanse”, episodio che, esattamente come i suoi protagonisti, è dotato di un incredibile superpotere: quello di essere al contempo importantissimo per la trama di stagione (solo perché c’è lo spiegone) e totalmente irrilevante dal punto di vista televisivo.
BEN, TIENI A POSTO IL CALAMARO!
Abigail: “Years ago I synthesized a new element. The very essence of the universe.”
Reginald: “The particle we know as Marigold.”
Abigail: “And at the same moment, unbeknownst to me, a second particle was created: Durango. When Marigold and Durango interact, they cause… a reaction, a physical reaction. Unstoppable. Irrevocable. The extinction of everything we know.”
Five: “The Cleanse.“
Nei primi 10 minuti, questo quarto episodio rivela allo spettatore il triste destino riservato al Ben della timeline originale, ucciso da suo padre – che strano – il 14 Ottobre 2006 allo scopo di scongiurare una delle varie Apocalissi che, su base settimanale, minacciano di colpire l’universo, anzi il multiverso narrativo di The Umbrella Academy. Per quanto sia difficile per chi scrive concordare con i sopracitati sommelier della merda che affollano l’Internet, i flashback riguardanti il passato degli X-Men di Temu sono quasi sempre uno dei pochi momenti piacevoli all’interno dell’episodio; tenendo comunque a mente che si tratta di un giudizio positivo conferito secondo la regola per cui in una valle di ciechi è fortunato chi ha un occhio solo.
E infatti le note dolenti non tardano ad arrivare. Superato il già citato spiegone, che racconta al pubblico le condizioni grazie alle quali il mondo finirà questa settimana – condizioni che OVVIAMENTE vedranno realizzarsi a fine episodio a causa della mancanza di autocontrollo del calamaro di Ben, if you know what I mean – abbiamo, nell’ordine:
- Elliot Page che si accanisce – giustamente – contro un vecchio col monocolo che invece che giocare a briscola o a bocce nel bar di paese ha deciso di coltivare l’hobby del figlicidio, salvo poi fermarsi invece che vaporizzarlo come si meriterebbe;
- Klaus che, come sempre, viene separato dal gruppo per dare il contentino al fan medio di Robert Sheenan, regalandogli la solita backstory inutile infarcita di fantasmi arrapati, barbonaggio e sfruttamento della prostituzione;
- Nick Offerman e Karen Walker che interpretano due personaggi usciti da Fargo;
- Five e Lila che si spostano di timeline in timeline usando la metropolitana
- Diego e Luther che finiscono per lavorare per la CIA.
Tutto molto interessante, ma no grazie.
KLAUS DI MISFITS
Klaus: “Name of the deceased?”
Loretta: “Uh, Richard. But he preferred Dick.”
Klaus: “Ah, don’t we all?“
Quasi venti minuti, sui cinquanta totali, vengono quindi dedicati alla backstory di Klaus che, nel tentativo di farsi uccidere da un suo amico strozzino per sollazzarsi un po’, finisce per essere imprigionato allo scopo di fornire i suoi servigi da medium/prostituta in cambio di un fin troppo moderato compenso – solo 500 dollari per scopare col fantasma di un partner morto? – che, almeno in teoria, servirebbe a coprire il debito col suo affabile creditore.
Trama, tanto per cambiare, insulsa e senza alcuna utilità ai fini della trama – ottima mossa in una stagione finale composta da sei episodi – e che, tra le altre cose, vedrà Robert Sheenan, ancora una volta, alle prese con un potere che gli consente di essere immortale, la possibilità di comunicare con i defunti e un plot twist che lo vede imprigionato, potenzialmente per sempre, in una bara sigillata tre metri sotto terra.
Sounds familiar? Citando il buon vecchio Ferretti, alle prese con la pigrizia del suo team di sceneggiatori: manco lo sforzo di sostituire ste quattro cazzate.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Non occorre aggiungere altro. The Umbrella Academy è un classico prodotto alla Netflix che, nonostante la sua evidente vacuità, riesce comunque nell’intento di spingere lo spettatore al binge-watching grazie a quello che, scientificamente, prende il nome di “Effetto Casa De Papel”: ovvero quel fenomeno che, al pari di un incidente stradale, costringe il povero malcapitato piazzato davanti allo schermo a proseguire la visione spinto non da un genuino interesse ma da una malsana forma di voyeurismo televisivo.
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.