Django, prodotta da una collaborazione tra Sky e Canal+, è un vero e proprio parto. Una produzione avviata nel lontano 2015 dall’italiana Cattleya e la francese Atlantique Productions, e che nel corso degli anni ha subito numerose riscritture prima di arrivare alle riprese che si sono svolte soltanto nel 2021. La troupe dietro al progetto è, almeno nei primi due episodi finora rilasciati, la stessa che ha lavorato per molti episodi di Gomorra – La Serie. La sceneggiatura è, infatti, opera di aficionados come Fasoli e Ravagli, mentre la regia è affidata alla storica Francesca Comencini.
Una sensazione tangibile di Gomorra, che, da un certo punto di vista, poteva essere considerato uno spaghetti western moderno. Tutto ciò riaffiora più volte durante la visione grazie al fatto che nei reparti di fotografia, scenografia, montaggio, e anche alle colonne sonore, ci hanno lavorato praticamente le stesse persone. Questo mix porta a un prodotto del tutto originale e nuovo, nonostante nasca come un remake. Ciò non si traduce automaticamente in un qualcosa di riuscito, avendo i suoi alti e i suoi bassi. Django è semplicemente una novità che va poi pesata in base al contenuto del prodotto.
FANATISMO
La “lady” del titolo è certamente Elizabeth Thurmann, già vista all’opera nel pilot, ma che ora aggiunge altre sfumature al suo complesso personaggio. A tal proposito si può parlare dell’assoluta interpretazione di Noomi Rapace, unica attrice hollywoodiana in un cast di attori di dimensione più “televisiva”. Il livello attoriale è comunque di discreta qualità, ma tra tutti la caratura e l’esperienza dell’attrice di Uomini Che Odiano Le Donne spicca per intensità e magnetismo. Elizabeth è infatti la Signora della cittadina di Elmdale, in cui vige un regime che assomiglia molto ad una dittatura religiosa. Una situazione raramente rappresentata, ma storicamente accurata, in cui si additava sempre qualcuno per ogni avversità capitata.
Una menomazione o un handicap era espressione del volere ultraterreno, e il capro espiatorio era puntualmente “quello diverso”, l’altro. In quaranta minuti si riesce a narrare l’epicentro del razzismo, le fondamenta della schiavitù, toccando l’apice nella cruda ma efficace scena dell’impiccagione.
Difficile che gli abitanti di Elmdale, quindi, rimangano impassibili di fronte alla futuristica società messa in piedi da John Ellis a New Babylon. Un odio represso che potrà presto trovare uno sfogo, restituendo anche qualche soddisfazione alla Signora che evidentemente ha un pregresso con il fondatore della cittadina limitrofa.
PETROLIO
C’è anche una seconda “lady” in un episodio spiccatamente al femminile, nel contesto di una serie che, probabilmente anche grazie alla sapiente mano della Comencini, non è ciò che i maschiacci amanti del genere western si aspettavano. Il personaggio in questione è Sarah, interpretata da Lisa Vicari, che fa scaldare il cuore dei fan di Dark ogni volta che è in scena. Probabilmente è proprio Sarah la protagonista di questa miniserie, a dispetto del nome, Django, che pare solo una mera facciata ed un pretesto per parlar d’altro. È proprio la figlia dello Straniero, infatti, ad aver trovato il petrolio, mettendo in moto l’azione scatenante che porterà a un probabile scontro futuro tra Elmdale e New Babylon.
John accompagna la sua compagna in città a richiedere un prestito per l’installazione di un impianto di estrazione, scatenando l’ira della Signora. La miccia che innescherà il tutto sarà invece una spedizione di supporto, guidata da Seymour, figlio di John. Per l’occasione sarà accompagnato proprio dallo Straniero, padre di Sarah, che a tutti i costi sta provando ad impedirle di sposarsi forse un po’ prematuramente con il fondatore di New Babylon.
Ciò che ne consegue è un ottima sequenza di azione che restituisce allo spettatore le giuste vibes western, non troppo distanti nella sostanza dagli agguati tra gangster in Gomorra.
RENÉ, NON SENTO IL FAR WEST
Bisogna adesso però discutere anche delle note dolenti che si sono manifestate in questi primi due episodi. Sarà forse per una fotografia anomala per il genere, con scelte di colori forse troppo contemporanee, che sembrano raccontare un semplice film in costume piuttosto che un prodotto “di genere”.
Sarà certamente anche “colpa” della colonna sonora dei Mokadelic. Perfetti nel contesto Gomorra ma finora poco abili nel discostarsi da certe sonorità, se non in pochi brevi frangenti. Sono proprio quei frangenti che danno le sensazioni di western puro e che accendono una luce di speranza nel rivedere in vita un genere che ha contribuito alla storia della cinematografia italiana. Purtroppo è ancora troppo poco, e il ritmo troppo dilatato non aiuta a digerire il tutto.
La strada da perseguire sembrerebbe quella di Elmdale, con l’ottima sparatoria e la bravissima Noomi Rapace, mentre ciò che accade a New Babylon fa fatica a farsi apprezzare.
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Dopo “The Lady” è finalmente chiaro per uno spettatore che tipo di prodotto si ha davanti. Chi si aspettava un Django Unchained televisivo rimarrà deluso, e si sapeva già. Ma rimarrà deluso anche chi si aspettava di vedere un nuovo western all’italiana, perchè Django è definitivamente un’altra cosa. Una storia di razzismo, al femminile, che parla di religione e omosessualità. Più che western all’italiana, si può parlare de “Il Potere Del Cane all’italiana”.
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Giovane musicista e cineasta famoso tra le pareti di casa sua. Si sta addestrando nell'uso della Forza, ma in realtà gli basterebbe spostare un vaso come Massimo Troisi. Se volete farlo contento regalategli dei Lego, se volete farlo arrabbiare toccategli Sergio Leone. Inizia a recensire per dare sfogo alla sua valvola di critico, anche se nessuno glielo aveva chiesto.