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Ant-Man And The Wasp - Quantumania: la recensione
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Ant-Man And The Wasp: Quantumania

Ant-Man apre ufficialmente la Fase 5 della Marvel presentando la nuova minaccia Kang. Sfortunatamente ci sono alcuni difetti, specialmente nel terzo atto, che vietano alla pellicola di spiccare il volo nonostante delle buone interpretazioni.

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Nel film che dà ufficialmente il via alla Fase 5 del Marvel Cinematic Universe, Scott Lang e Hope Van Dyne tornano per continuare le loro avventure come Ant-Man e The Wasp. Insieme ai genitori di Hope, Hank Pym e Janet Van Dyne, la famiglia si ritrova a esplorare il Regno Quantico, a interagire con nuove strane creature e a intraprendere un’avventura che li spingerà oltre i limiti di ciò che pensavano fosse possibile.

In perfetta coerenza con la serialità del Marvel Cinematic Universe, non si può che aprire questa recensione del primo effettivo capitolo della Fase 5 con i promettenti propositi lasciati dalla chiusura di quella precedente, ovvero Black Panther: Wakanda Forever. Pur con degli evidenti difetti e i problemi avvertiti per tutta il macro-arco del “post-blip”, comunque la progettualità di Kevin Feige e la sua comprovata maestria editoriale è parsa ancora viva e ben salda. Se Ant-Man And The Wasp: Quantumania possiede dei meriti, allora, è proprio quello di confermare tutto questo: la direzione si fa precisa, il cammino dei Supereroi più remunerativi del cinema è sicuramente tracciato.
Messa da parte il trauma dato dai 5 anni passati tra uno schiocco del Guanto dell’Infinito e un altro che ha sconvolto il mondo (di Feige, come il nostro), è giunta l’ora di superare quanto accaduto, nel bene e nel male, ed andare avanti, perché bisogna affrontare una nuova minaccia e salvare ancora una volta l’universo (di Scott Lang e famiglia, come di quello creato da Feige). D’altronde è proprio questo il senso, e al tempo stesso l’obiettivo, di tutto il terzo capitolo della trilogia di Peyton Reed.

Look out for the little guy.

LA TRILOGIA DEGLI INSETTI


Già, perché come esplicitato dal breve riassunto dello stesso Paul Rudd/Scott Lang nell’intro della pellicola, Quantumania non solo ha il compito di aprire la Fase 5, ma anche quello di chiudere la sua personale trilogia diretta interamente da Peyton Reed, che all’interno dell’MCU condivide questo personale “record” di continuità coi soli James Gunn e Jon Watts. Una continuità che, se non per forza decisiva dal punto di vista qualitativo, sicuramente contribuisce a dir poco nel suo mettere a fuoco il percorso del suo protagonista, come possono testimoniare i casi di Peter Parker e in senso opposto quello invece “rivoluzionato” del Thor di Taika Waititi, da Ragnarok in poi.
E Ant-Man è di certo uno degli eroi, esclusi probabilmente i due ex-leader degli Avengers, che ha avuto l’evoluzione più netta. Dal ladruncolo e padre separato (ed imbranato) protagonista del primo film, che poggiava tutto sulla straordinaria presenza scenica (e comica) di Paul Rudd, contrapposta a quella austera e autorevole di Michael Douglas, all’Avenger in grado di dominare (letteralmente) la scena. Dall’essere un uomo umile e dalla modesta esistenza (“the little guy“), capace però di qualcosa di grande, al ricoprire poi un ruolo chiave nella guerra a Thanos, come lo stesso Scott Lang non fa che rinfacciare alla sua famiglia nel primo atto di Quantumania.
Di pari passo col suo personaggio, si è quindi via via ingigantito sempre più il “mondo” attorno a Scott Lang, paradossalmente però muovendosi all’opposto, diventando sempre più piccolo, scomponendo sempre più atomi e molecole, fino ad esplorare finalmente quel Mondo Quantico che è stato il filo conduttore praticamente di tutta la sua personale saga. Un universo vero e proprio, dalle infinite possibilità (un po’ come il concetto stesso di Multiverso, guarda caso) che i Marvel Studios naturalmente colgono al volo per richiamare la loro schiavizzata formidabile squadra di editor VFX e dare libero sfogo alla propria creatività e fantasia (a tal proposito, ecco, forse su un certo personaggio, su cui si è piuttosto discusso, potevano concentrarsi decisamente un po’ di più).

His name is Scott Lang and he has 7 holes.

Con più di un rimando visivo all’immaginario di Star Wars, la prima parte di cosiddetto world-building è sicuramente la più riuscita della pellicola, per ritmo, azione e naturalmente per immancabile comicità. Il viaggio famigliare dei protagonisti viene diviso per linea di sangue: i Pym da una parte, alla prese con il passato segreto di Janet e i suoi legami con i leader “rivoluzionari” del posto, tra cui un Bill Murray che ovviamente ruba la scena in quei cinque minuti concessogli; dall’altra i Lang che cercando di ritrovare il proprio rapporto perduto incontrano gli “indigeni” più popolari, le vere vittime della misteriosa tirannia che affligge questo mondo, in cui spicca invece un gustosissimo Chidi Anagonye (direttamente da The Good Place).
Ed è in questo riuscito primo atto che si registra anche, in un certo senso, il “ritorno alle origini” della Marvel che, dopo aver provato con risultati altalenanti la via della sperimentazione nella Fase 4, ritorna sui binari più classici che tanto gli hanno portato fortuna. Spinge sul “sense of wonder” di questa compagnia composta perlopiù da geniali scienziati (escluso Scott, naturalmente, che al solito gioca con questa contrapposizione), sulle loro iterazioni, sull’intrattenimento semplice e sul meccanismo “ad orologeria” degli eventi.
Un’operazione che nasconde però anche un preciso limite, finendo un po’ vittima della sua stessa linea editoriale, visto che l’opportunità di costruire un’avventura “fantastica” che nasce e muore in questo film. Se da un lato si denora la robustezza della singola pellicola, dall’altro non sembra creare (almeno sulla carta) ripercussioni determinanti sulla macro-trama del MCU, e questo può in qualche modo minare la fidelizzazione degli spettatori verso i film successivi.

I FANTASTICI 5


Di conseguenza, accantonate le iniziali meraviglie e bizzarrie estreme del Mondo Quantico, la terza fatica di Peyton Reed si fa più intima, concentrandosi sui suoi protagonisti e, come detto, specialmente su Janet nella prima parte. Gli anni passati lontani dai suoi cari sono infatti il pretesto perfetto per approfondire sia il concetto cardine attorno a cui ruota questa avventura dei “Fantastici 4” (anzi 5, contando il nuovo “ingresso” della Cassie ora adolescente e parte attiva del gruppo), ossia il senso di famiglia che sopravvive alle ambizioni e alla straordinarietà del singolo (che anzi, da questo può trarre ancora più forza), sia naturalmente al “piano” più extra-film che è quello dell’introduzione di Kang al grande pubblico. A proposito di quest’ultimo, va notata l’ottima modalità di racconto in questa parte iniziale, capace di rendere molto suggestiva e riuscita l’aura minacciosa della versione del Conquistatore, il dittatore “misterioso” appunto, che in stile Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato aleggia minacciosamente nel terrore degli abitanti e, appunto, negli occhi della stessa (e sempre impeccabile) Michelle Pfeiffer.
Tornando, invece, alla storia interna dei Pym-Lang, dopo la crisi dovuta ai segreti celati da Janet, occasione anche di gag piuttosto riuscite in tal senso, il film vira poi sull’unione delle sue due tre generazioni, con Janet ed Hank da una parte, con il loro amore capace di resistere alla tempesta più profonda, ed Hope e Scott dall’altra, il cui legame è sempre stato piuttosto sbilanciato nel corso della trilogia e che, di conseguenza, vede ora il suo momento di massima maturazione. Si inserisce qui, come anticipato, lo spunto del rapporto Scott-Cassie complicato dal “blip”, che da vederli tanto uniti nei due episodi precedenti, li ha adesso allontanati come non mai.
Se non fosse che la caratterizzazione di questa Cassie adolescente segue in maniera fin troppo speculare (se non identica) quella adottata per le sue altre coetanee del MCU, Riri e Shiri su tutte, e questa è la vera nota dolente del personaggio, e qui purtroppo Kathryn Newton, pur volenterosa, non ha nessuna colpa. Brillante, indisponente, oltremodo geniale, con un’approccio alla tecnologia da dottorato all’MIT. Ecco, verrebbe voglia di consigliare, in modalità di provocazione naturalmente, agli sceneggiatori Marvel di guardarsi un po’ di più Euphoria e meno Netflix e simili, per differenziare questa resa della Gen-Z che non sia esclusivamente quella stereotipata e tanto superificiale, fastidiosamente “smart” e inappuntabile, suggeritagli dall’algoritmo.

MILLE DI QUESTI THANOS


Dove, però, torna la classica Marvel in tutto il suo indiscutibile mestiere è nella pianificazione episodica dei piccoli tasselli cruciali per la sua macro-trama. Come il Multiverso è stato via via introdotto in maniera frammentata, da Loki a Spiderman passando Doctor Strange, così Ant-Man si prende in carico il compito che fu di James Gunn e del suo primo Guardiani Della Galassia dove, dopo i tanti indizi e accenni frammentati negli “episodi precedenti”, presentò per bocca del Collezionista ufficialmente le Gemme dell’Infinito.
Ecco quindi che Kang, stavolta nella versione del Conquistatore, si fa conoscere anche dal pubblico del grande schermo, in una nuova edizione dello “spiegone” al Dio dell’Inganno, mettendo al tempo stesso le basi per il Multi-Kang che evidentemente monopolizzerà i prossimi film/show tv. Se all’epoca l’hype per Thanos fu alimentato dalla sua “assenza”, con fugaci contributi prima del suo arrivo in pompa magna in Infinity War, stavolta Kang è già apparso prima, addirittura in una serie tv. Questo potrà piacere o meno ma bisogna ammettere che questa costruzione a dir poco opposta, in eccesso totale, è sicuramente oggetto di assoluto interesse.

I can give that to you: time.

Per conto suo Jonathan Majors, proprio come già dimostrato nella serie televisiva, conferma la bontà del casting. Sempre padrone della scena, sempre deliziosamente carismatico, se non di più in realtà in questa versione più aggressiva e spietata. Non è quindi di certo la sua interpretazione che fa scricchiolare quello che è ormai uno dei problemi più critici della Marvel recente: il terzo atto che, senza incorrere in troppi spoiler, è chiaramente ancora una volta la parte più debole del film.
Se il preambolo funziona, non si può dire certo lo stesso per la sua immediata successione e, certo, non aiuta affatto il contributo di “quel” personaggio ampiamente discusso in rete, che in realtà pur partendo da un’auto-presa in giro potenzialmente funzionale in live-action, come tante volte la Marvel ha brillantemente saputo fare in passato, arriva a raggiungere alti livelli di imbarazzo più che altro nel suo incredibile sviluppo (in senso negativo).
A salvare
il finale, allora, ci pensa ancora una volta il focus del film sui suoi protagonisti, regalando momenti di gloria a Michael Douglas ed anche e soprattutto alla coppia Ant-Man/The Wasp che in fondo dà il titolo al film, e d’altronde sono loro tre ad averla portata avanti fino ad oggi. Vedendola in questo modo, è giusto che la chiusura sia dedicata a loro, in particolare per il personaggio di Evangeline Lilly che forse con una sola vera scena significativa riesce ad infondere senso alla sua presenza in questa pellicola. E quella che, dopotutto, è una saga innanzitutto sulla famiglia trova, almeno da questo punto di vista trova un finale perfetto (se non fosse che non era quello originale, ma insomma, perché star qui a puntualizzare).


La Fase 5 si apre quindi all’insegna della “restaurazione”, probabilmente voluta da Feige dopo tanta confusione (e, soprattutto, in seguito ad un box-office altrettanto altalenante), in cui, va detto, non si può dire che non abbia provato ad offrire qualcosa di “diverso”, pur senza forzare troppo la mano, certo. Ma per arrivare al cross-over della Fase 6 la strada scelta sembra quella dei film costruiti ad orologeria, che è stata la fortuna nel decennio precedente, ed è lì dove Ant-Man (come testimonia il finale ri-girato, appunto) vuol tornare, con la sua sostanziale linearità mirata all’intrattenimento puro e senza pesanti intoppi (e in qualche modo riuscendoci, alla fine).
E se, di conseguenza, è probabilmente esagerato dire che l’ingranaggio si sia definitivamente rotto, come si legge tanto in giro in questi giorni successivi alla sua uscita in sala, sicuramente qualcosa da aggiustare e rifinire c’è e merita un intervento, prima che succeda davvero.

 

TITOLO ORIGINALE: Ant-Man and The Wasp: Quantumania
REGIA: Peyton Reed 
SCENEGGIATURA: Jeff Loveness 
INTERPRETI: Paul Rudd, Evangeline Lilly, Michael Douglas, Michelle Pfeiffer, Kathryn Newton, Jonathan Majors
DISTRIBUZIONE: Walt Disney Motion Pictures
DURATA: 125′
ORIGINE: USA, 2023
DATA DI USCITA: 15/02/2023

 

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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.

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