One Piece 1×03 – Tell No TalesTEMPO DI LETTURA 8 min

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One Piece 1x03 - recensioneAl terzo episodio, ossia una volta sciolti i numerosi dubbi e pregiudizi su questo tanto atteso e chiacchierato progetto di Netflix, lo si può dire senz’alcuna remora: il live-action di One Piece funziona.
Per carità, non è affatto privo di difetti, che come si vedrà anche più avanti vengono fuori anche in questo episodio, ma quegli elementi imprescindibili, più importanti, in termini anche solo di trasposizione della gigantesca opera di Eiichirō Oda, ci sono tutti.
La peculiarità dei personaggi, dal carisma illimitato del suo protagonista all'”unicità” (per usare il commento che Zoro fa alla vista del “jolly roger” disegnato da Luffy) della sua ciurma; l’assurdità del mondo creato dal mangaka giapponese e le sue irresistibili gag; ma soprattutto a farla da padrone, alleggerendo ed esaltando l’esperienza spettatoriale all’inverosimile, è l’aver azzeccato e riportato in pieno quello spirito d’avventura e di eccitante scoperta di cui la parabola dei Pirati di Cappello di Paglia (arriva proprio qui l’ufficialità del loro nome, stavolta per mano dello stesso capitano, a differenza dell’originale) è pregna fino al midollo.

OFFERTA 2×1: CAPTAIN USOPP E LA GOING MERRY


A proposito del primo aspetto, relativo ai protagonisti dell’opera, così tanto amati dal gargantuesco fandom Onepieciano, “Tell No Tales” segna l’introduzione di Usopp, il cecchino della ciurma nonché il più “umano” tra tutti i suoi compagni, sia dal punto di vista meramente “fisico”, sia e soprattutto da quello caratteriale. Fin dalla sua prima apparizione, con cui si apre l’episodio, si può già intravedere la sintesi del suo personaggio, chiacchierone, bugiardo (anche se a fin di bene) e tanto desideroso di attenzioni, con quell’ormai iconico “al lupo! al lupo!” “arrivano i pirati!” con cui prima terrorizza e poi disturba impietosamente l’intero Villaggio di Shirop. Anche nel suo caso, lo si intuisce già dai primi minuti in scena, per poi averne la conferma nell’arco della puntata, si tratta dell’ennesimo casting perfetto.
Il sorriso contagioso e la sprezzante vitalità con cui Jacob Romero Gibson si presenta al pubblico (e ai suoi futuri compagni) non possono che alienarsi le simpatie di appassionati di vecchia data e non. E naturalmente, il suo ingresso non può che essere legato a filo stretto con quello di un’altra fidata “nakama” della ciurma, ossia la Going Merry, futura nave degli Straw Hat Pirates. Tra le caratteristiche che questo live-action ha evidentemente in comune con la magistrale arte narrativa di Oda è proprio quello di saper rappresentare in due scene (o due vignette per il manga) ciò che tanti altri colleghi avrebbero raccontato in venti.

Usopp:That’s where you’re wrong. I know they’re coming any day now. But fear not, the Great Captain Usopp will protect you.

E quindi bastano due battute all’Usopp “in carne ed ossa”, l’intenzione di voce e lo sguardo perso con cui parla della nave e della sua proprietaria, l’amata/confidente/migliore amica Kaya, ma soprattutto la finta sfrontatezza che sfoggia nel trascinare Rufy & co. alla villa della ricchissima ragazza, per inquadrare immediatamente il personaggio (e tifare per lui). Tanto sfacciato fuori quanto insicuro e pauroso dentro, capace però di un coraggio indomito e straordinario quando messo alle strette, come dimostra la sua improvvida fuga da Kuro, la sua corsa per tutto il villaggio (che ovviamente non gli crede), fino al fatale incontro con Koby (con cui si chiude l’episodio), scatenando di fatto la catena degli eventi che porterà al fallimento del piano del capitano Kuro. Se allora per questioni di tempi (e budget) sono stati sacrificati molti personaggi, in primis la “ciurma di Usopp”, composta dagli indimenticabili “Patata” e “Carota” (ma soprattutto Jango), ne sono stati preservati gli elementi fondamentali, incluso ovviamente (come chiarisce il puntuale e commovente flashback) il motivo profondo che si cela dietro al perché è da tutta la vita che aspetta l'”arrivo dei pirati”.
Se è vero quindi che la serie ha sicuramente meno minutaggio a disposizione per far stringere rapporti veri e credibili ai protagonisti, lo è altrettanto constatare che quel poco che ha lo spende indiscutibilmente al meglio, concentrandosi e dando il giusto risalto a quel dialogo tanto importante quanto atteso tra Usopp e Rufy sul padre Yasopp, compreso quel destino crudele che ha visto il protagonista passare tanto più tempo insieme al pirata, piuttosto che suo figlio “abbandonato” e che proprio in quel momento è cresciuto e ascolta incredulo. Ed in quel scambio pieno di fervente eccitazione, si percepisce chiaramente perché questi giovani, ingenui e incoscienti avventurieri decideranno di prendere il mare insieme.

LIVE ACTION: PERCHÈ SÍ


Questo terzo episodio è allora sicuramente meno denso di “action” e dei proverbiali combattimenti ammirati in precedenza, quasi come se volesse prendersi una pausa dopo i primi movimentati capitoli, tanto che c’è persino il tempo di fermarsi per una partita a “Go” tra Garp e Koby e, soprattutto, dare una prima occhiata al terribile uomo-pesce Arlong. L’intenzione qui è chiara, cercare di unire i fili della trama e del mondo di One Piece, isolando meno i Mugiwara, così da rendere meno divisi gli “archi narrativi” che compongono il viaggio dei protagonisti tra un’isola e l’altra. Se delle ragioni che muovono Garp se ne capirà il senso probabilmente solo più avanti, sicuramente d’impatto l’entrata in scena dell’uomo-pesce (che, udite udite, funziona molto anche lui!), che introduce quest’iconica e tanto fondamentale “razza” del manga, così il suo profondo odio verso gli umani (a discapito del povero Bagy). Ma ciò che in particolare davvero non manca in questo episodio sono le emozioni.
Si è detto che la serie per forza di cose non dispone di tanto minutaggio per far evolvere i legami dei protagonisti, eppure “Tell No Tales” è forse l’episodio che se lo prende più di tutti, con diverse  scene che si focalizzano sulle iterazioni tra la ciurma, e sono assolutamente le più belle. A partire da quella ambientata nell’enorme armadio di Kaya, con una deliziosa Emily Rudd/Nami che si prova vestiti e commenta con invidia (da “poverissima” di origini) le superficiali abitudini dei ricchi, scommette divertita con Rufy e finisce col vestire di fatto Zoro, in una lunga sequenza in cui si respira l’indiscutibile chimica tra i membri del cast (oltre che esaltare la celata gioia di Nami di avere degli “amici”, lei che non ne ha mai avuti, come si capisce anche dal successivo dialogo con Kaya). Ancora, la performance di Iñaki a cena, con cui monopolizza l’attenzione dei commensali (e di un’infastidita, per usare un eufemismo, “servitù”), portando sullo schermo tutto l’inguaribile carisma di Rufy. In quel discorso tenuto in piedi su quel lussuoso tavolo c’è tutto il motivo per cui i suoi compagni da un lato vorrebbero annegare dall’imbarazzo, ma dall’altro, internamente, lo seguirebbero fino in capo al mondo.

Zoro:I knew I’d seen your face somewhere. On a wanted poster. You’re Kuro, captain of the Black Cat Pirates.

Nella scorsa recensione si rispondeva, negativamente, all’annosa questione sul perché realizzare un live-action di One Piece. Non solo perché semplicemente, con i mezzi di adesso, “si può fare”. Non solo perché l’audiovisivo rimane tra le più potenti arti di narrazione inventate dall’uomo, che ha già portato in passato alla ribalta mondiale tanti franchise “su carta” altrimenti rimasti in quella “ristretta” nicchia di soli lettori, per cui perché negare una simile sorte anche ad una storia così grandiosa come quella ideata da Eiichiro Oda (come sua stessa ammissione, tra l’altro). Ma  la ragione principale è proprio qui, in questo episodio, è nello sguardo di Rufy/Iñaki che si innamora della Going Merry a prima vista con quello sguardo sognante. Sta nel vedere prendere vita propria quei personaggi che in questi lunghissimi anni di pubblicazione (siamo a 26, in questo momento, ossia dal 1997) abbiamo solo “immaginato”, e che adesso parlano davvero, combattono fianco a fianco davvero, ridono e scherzano insieme per davvero, strappando un sorriso anche a te che guardi e che mai avresti creduto potesse davvero accadere.
Naturalmente, perché ciò avvenga come questo miracoloso live-action sta dimostrando che può sul serio avvenire, oltre ogni scetticismo, si devono incastrare tutte le volontà e abilità necessarie, specie dall’alto. Per potere raggiungere la giusta immersione, specie in un mondo tanto assurdo come quello di questo manga, è imprescindibile la passione e l’amore per il materiale originale dimostrato da produttori, autori e interpreti. Un po’ come quello che si è sempre detto dell’altrettanto miracolosa, ai tempi, trasposizione del Signore degli Anelli di Peter Jackson (con le dovute contromisure, ovviamente): l’importante è catturarne l’atmosfera, il suo spirito, portare sullo schermo la forza di quella storia e di quei personaggi.
Solo in questo modo si potrà annullare, a caldo, qualsiasi pericolo di freddo straniamento dall’opera. E qui va detto, i rischi sono molteplici, poiché detto di un casting altrettanto azzeccato anche nella scelta del villain Kuro/Krahador/Alexander Maniatis, il quale interpreta perfettamente la calma spaventosa del finto domestico/sanguinoso capitano pirata, si ripetono pure stavolta i “parrucconi”, le scenografie “ultra-colorate” e i “costumi da cosplay” fatti indossare ai malcapitati attori in scena.
Si parla di scelta precisa perché, ovviamente, visto anche l’ingente budget a disposizione, impossibile non sia stato notato anche dagli stessi addetti ai lavori. Una scelta che, visto proprio il lato tanto assurdo dell’opera originale, si può in realtà anche comprendere, ma che sicuramente non aiuta nella già citata immersione dello spettatore. A quello ci pensano questi artisti appassionati, una colonna sonora davvero sublime, e l’incredibile storia di Oda, loro sì in grado di farci trasportare dalle onde di questa inusuale e bizzarra ciurma piratesca.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Iterazioni tra i Mugiwara, che valgono da sole il senso di tutta questa pazza produzione 
  • Luffy e la Merry  
  • La colonna sonora 
  • La performance di Iñaki a cena, il “potere più temibile di tutti” di Luffy 
  • Usopp, il flashback, il momento-Yasopp, non ci si poteva chiedere di meglio 
  • Gli inframezzi del viaggio dei Mugiwara: grande ingresso di Arlong 
  • Garp, sempre più folle, sempre meglio 
  • Un Kuro perfetto…
  • … parrucconi e costumi da fiera del fumetto a parte 
  • Anche le scenografie, specie della villa di Kaya, rispecchia lo stile grottesco dell’opera, forse un po’ troppo 

 

Al terzo episodio lo possiamo affermare, senza remore, il miracolo è avvenuto davvero. Il cuore c’è, i Mugiwara vivono, e tanto (per ora) ci basta.

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