L’equipaggio della Discovery, ormai saldamente capitanata da Saru, dopo gli eventi di “Forget Me Not” comincia a rispondere alla prima delle tante domande che i fan ponevano allo show di Kurtzman e Fuller: la Federazione dei Pianeti Uniti esisterà ancora nel XXXII° secolo? Si, la Federazione (barcolla ma) esiste ed è più affascinante che mai.
Si era parlato di come Star Trek: Discovery fosse giunta ad un nuovo punto di partenza, che forse può essere considerato come la naturale trasposizione ai giorni nostri dell’idea originale di Roddenberry per Star Trek, dove per “esplorare strani nuovi mondi” ci si sposta ulteriormente in avanti (di ben 900 anni), superando il futuro stesso già ampiamente saturato dal franchise.
Quando si permette di indagare e perlustrare questa nuova epoca, la serie dà il meglio di sé grazie ad una CGI sopra gli standard televisivi e un comparto fotografico e scenografico elegante e mai banale. Infatti risulta molto riuscita la presentazione della nuova base della Federazione, caratterizzata da tecnologie avanzatissime (rese molto bene sullo schermo), dove gli autori si divertono anche ad inserire qualche easter egg qua e là per far sorridere i fan di vecchia data, tra una USS Voyager di undicesima generazione e una navicella dedicata a Nog di Deep Nine.
L’intreccio si svolge interamente su questa nuova base suddividendosi in due archi narrativi: nell’arco principale l’equipaggio della Discovery si impegna a guadagnare la fiducia (senza alcuna prova…) di ciò che è rimasto della Federazione risolvendo un importante problema grazie al solito motore a spore; in quello secondario c’è un’interessante sequenza di interrogatori dove si vedono i membri dell’equipaggio protagonista, giustamente etichettati come potenziali fuorilegge, rispondere alle domande di alcuni membri della Federazione, tra le cui fila si può scorgere il faccione di David Cronenberg!
Il regista canadese interpreta egregiamente uno scienziato occhialuto impegnato nell’audace confronto con l’ufficiale Philippa Georgiou in una bella scena piena di tensione dove si scoprono nuovi dettagli sulle conseguenze dell’interferenza del suo mirror universe. La bravura dei due attori contribuisce a dare un valore aggiunto alla scena che segna l’origine di una nuova possibile trama verticale in cui l’ex Imperatrice dell’Impero Terrestre probabilmente vorrà ancora dire la sua, e la sua espressione impietrita sul finale lascia parecchi interrogativi a riguardo.
La missione della settimana, purtroppo, non riesce a discostarsi dalla scia di questo zoppicante avvio di stagione, sacrificando in ben poco tempo il personaggio di Nhan, senza però provocare neanche un sussulto nello spettatore non abbastanza connesso emotivamente. Questo è sintomo di una scrittura forse troppo scolastica in questo avvio della terza stagione che all’apparenza poteva (e doveva) presentarsi come un’opportunità per la serie, ma invece non ne sta sfruttando le potenzialità di nuovo setting libero, mai esplorato, senza nessun obbligo dovuto ad un canone o ad una timeline pre-esistente.
Star Trek: Discovery è ormai ad un passo dal mid-season e ancora sta preparando il terreno in cui piantare i semi che (forse) raccoglierà nella seconda metà di stagione; va bene il presentare un nuovo universo scosso e stravolto da una catastrofe, ma cinque episodi forse diventano troppi da digerire in attesa di qualcosa di più succoso. Funziona la decisione su Georgiou, sempre in forma Michelle Yeoh, come possibile nuova mina vagante in una Federazione vacillante, ma allo stesso tempo appare una scelta facile e poco coraggiosa da parte degli autori. In più si sente terribilmente la mancanza del Book di David Ajala che, sin da “That Hope Is You”, si era distinto in positivo come potenzialità di questa terza stagione, e che fortunatamente tornerà nel prossimo episodio. Inspiegabilmente tenuto fuori da due puntate che sono dei timidi passi indietro della serie.
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Star Trek: Discovery regala un altro episodio senza infamia e senza lode, ma adesso iniziano ad essere troppi…
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Giovane musicista e cineasta famoso tra le pareti di casa sua. Si sta addestrando nell'uso della Forza, ma in realtà gli basterebbe spostare un vaso come Massimo Troisi. Se volete farlo contento regalategli dei Lego, se volete farlo arrabbiare toccategli Sergio Leone. Inizia a recensire per dare sfogo alla sua valvola di critico, anche se nessuno glielo aveva chiesto.