Star Trek: Discovery 4×01 – Kobayashi MaruTEMPO DI LETTURA 3 min

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Star Trek Discovery 4x01 RecensioneAccantonata la deludente parentesi di una terza stagione dalle enormi potenzialità inespresse, tornano le avventure della USS Discovery, capitanata dal capitano Michael Burnham. Dietro il timone di regia torna Olatunde Osunsanmi, uno dei principali registi della serie targata CBS e che per la prima volta non arriverà in Italia su Netflix.
Lo show targato Bryan Fuller e Alex Kurtzman, infatti, sarà disponibile dal prossimo anno come esclusiva di Paramount+. Paramount+ è una piattaforma che andrà ad arricchire l’agguerritissimo mercato dello streaming portando i contenuti di CBS All Access e quelli appunto di Paramount anche nel resto d’Europa.
“Kobayashi Maru” potrebbe essere anche un buon cartellino da visita per il nuovo servizio streaming, in quanto si intravede qualcosa di buono in questo pilot, che però dovrà essere confermato dal prosieguo della stagione.

UN OTTIMO RESET


Dopo una brutta delusione la cosa più importante è saper guardare avanti. Star Trek: Discovery lo sa, e sa anche che per non perdere i suoi fan dovrà farsi perdonare più di qualche scelta. Inizia quindi con una cold open che trasuda di Federazione dei Pianeti Uniti in ogni stacco, non risulta affatto fastidiosa la presenza di Burnham, a differenza delle scorse puntate, e il tutto lascia presagire buone speranze per la puntata.
“Kobayashi Maru”, da questo punto di vista, costituisce un vero e proprio pilot 2.0, facendo ciò che “That Hope Is You, Part 1″ avrebbe dovuto fare. Presenta veramente un setting nuovo e non solo qualche mistero da risolvere nell’arco della stagione. Offre uno sguardo a cosa rappresenta la Federazione nel XXXII secolo e mette in posizione tutti i suoi personaggi per un percorso, sia interno che esterno, da compiere nell’arco delle puntate. Niente di eccezionale, sia chiaro, ma è ciò che basta.

REAL LIFE KOBAYASHI MARU


L’esordio di questa quarta stagione di Discovery riprende un elemento molto caro ai “trekkers”: il test della Kobayashi Maru. Questo era un test svolto dai cadetti dell’Accademia della Flotta Stellare volto a valutare i nervi saldi e le decisioni prese in una situazione senza via di fuga. Un test, appunto, per valutare la reazione dei cadetti di fronte alla morte. Solo James T. Kirk riuscì a eludere il test portando a compimento la missione.
“Kobayashi Maru”, però, riprende alcune tematiche care anche al film di J.J. Abrams del 2009, come le situazioni senza via d’uscita, mostrando un altro capitano capace di uscirne fuori con quasi nessuna perdita. Non mancano anche dilemmi morali, cuore pulsante del franchise di Star Trek, capaci di differenziarlo da qualsiasi altra saga fantascientifica, artefici della sua longevità.

FINALMENTE I PERSONAGGI


Michael Burnham viene perfettamente caratterizzata nel suo inedito (ma neanche troppo) ruolo di capitano della USS Discovery. La new entry Chelah Horsdal, nei panni del Presidente della Federazione Laira Rillak, risulta già perfettamente calata nel contesto, grazie anche all’elevato minutaggio e ai primi scontri verbali con Burnham.
Ci sono anche le riconferme di personaggi già noti come la tenente Tilly e la guardiamarina Adira Tal, mentre si attende il ritorno di Saru, interpretato sempre magnificamente da Doug Jones sotto kg di trucco prostetico.
Infine, da segnalare l’ottimo finale che non lascia presagire nulla di buono per le puntate successive, con la distruzione del pianeta Kwejian e con esso anche quella della famiglia del buon Cleveland Booker.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Kobayashi Maru = vecchi ricordi
  • Scena iniziale
  • Un vero pilot per il XXXII secolo
  • Burnham, protagonista piacevole
  • La distruzione di Kwejian
  • Dilemmi etici, il vero Star Trek
  • Rillak vs Burnham
  • Ogni tanto si abusa dello slow-motion

 

Se è vero che “una rondine non fa primavera”, “Kobayashi Maru” non fa della quarta stagione di Star Trek: Discovery già un ottimo prodotto nel complesso. Tuttavia, tiene almeno alte le speranze di superare lo scempio terminato con “That Hope Is You, Part 2″.

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Giovane musicista e cineasta famoso tra le pareti di casa sua. Si sta addestrando nell'uso della Forza, ma in realtà gli basterebbe spostare un vaso come Massimo Troisi. Se volete farlo contento regalategli dei Lego, se volete farlo arrabbiare toccategli Sergio Leone. Inizia a recensire per dare sfogo alla sua valvola di critico, anche se nessuno glielo aveva chiesto.

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