The Acolyte 1×07 – ChoiceTEMPO DI LETTURA 4 min

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The Acolyte 1x07 RecensioneThe Acolyte è ancora una serie bipolare. Capace di stupire e sorprendere, ma anche capace di far cadere le braccia allo spettatore dallo sconforto. Bisognerà attendere per quando le decisioni di Leslye Headland riusciranno a determinare il successo o meno di questo particolare esperimento in Star Wars.

Così si chiudeva la recensione del terzo episodio di The Acolyte, intitolata “Destiny”. Una puntata legata a stretto giro a “Choice”, che forse necessitava del suo complementare per venire giudicata in toto. Ebbene, adesso che il quadro sugli antefatti riguardanti Sol e Osha è completo si può affermare che, ad un passo da un finale che difficilmente riuscirà a sovvertire i giudizi sull’intera stagione (probabilmente regalando poco più di un sussulto con qualcosa legato al Lato Oscuro), The Acolyte è un grande tonfo nell’abisso.
C’erano grandi, enormi aspettative riguardo The Acolyte. Tante teorie si sono susseguite nelle settimane, con “Choice” che poteva essere probabilmente l’ultima speranza per invertire la rotta, per dare un senso a quanto visto in precedenza, per giustificare una superficialità nella scrittura e nascondere una pochezza nella messa in scena e nella cura dei dettagli. Tutto ciò non è avvenuto. È tutto così scontato, chiaro sotto al sole, prevedibile e noioso, spesso immotivato. E bisogna calcare la mano perché a differenza di Obi-Wan Kenobi e The Book of Boba Fett qui ce n’era di roba da raccontare.

L’ALTRO PUNTO DI VISTA


“Choice” è, in breve, l’altro punto di vista, l’altra faccia della medaglia della sequenza di scene senza senso viste in “Destiny”. Leslye Headland ha infatti affermato di essersi ispirata nientedimeno che a Rashomon di Akira Kurosawa. Il problema è che anche questa faccia della medaglia sembra essere incompleta, perché comunque non riesce a spiegare il senso delle azioni di alcuni personaggi. Certo, a meno che non arrivino altri flashback nel finale, ma il tempo sarà ormai scaduto e il credito con The Acolyte risulterà già bello che esaurito.
L’idea era anche interessante, ma si sta sorvolando anche sul fatto che per la seconda volta consecutiva un episodio flashback viene piazzato, come fosse uno scatolone in un magazzino, subito dopo un ottimo cliffhanger, come quello di Osha che indossava il casco di Qimir. Scelte che vanno continuamente a interrompere e spezzare l’hype e l’interesse dello spettatore, che viene messo a dura prova da un ritmo detestabile e sbagliato su tutti i fronti.

PEGGIORARE LA SITUAZIONE


Le problematiche di ritmo, unite ad un montaggio a dir poco amatoriale che continua a chiudere gli episodi con le cesoie per le aiuole, sembrano confermare le teorie complottiste che vedono The Acolyte ideato originariamente come prodotto da soli quattro episodi da un’ora ciascuno. Una soluzione che non avrebbe risolto tutti i problemi della serie, tra cui una scrittura pigrissima, con i personaggi a portare deliberatamente avanti la trama con deus ex machina e semplici “perché sì”, ma che certamente l’avrebbe resa perlomeno più godibile e “normale” agli occhi dello spettatore.
Le problematiche più grandi sono infatti nella scrittura.

  • Si parte dai Jedi che cercano una vergenza della Forza usando un simil-metal detector e non la Forza stessa;
  • Torbin invece proprio non riesce a sembrare uno stupido mosso dall’unico obiettivo di voler tornare al più presto su Coruscant (perché? Bella domanda!);
  • Sol che uccide Madre Aniseya in un modo totalmente gratuito per un Jedi;
  • Mae che dà fuoco ad un foglio e causa l’incendio che ha distrutto l’intera fortezza di Brendok;
  • Indara ha quindi ucciso tutte le “cinquanta donne” (su cui è meglio sorvolare…) che controllavano Kelnacca telepaticamente? Non proprio da Jedi dell’Alta Repubblica.

POTENZIALITÀ SPRECATE


Ciò che si rimpiange così tanto sono le potenzialità sprecate da un prodotto del genere. Forse non ha premiato il formato di otto episodi per un qualcosa in cui erano sufficienti la metà, ma a dirla tutta poteva bastare anche un film. Anzi, avrebbe avuto molto più senso fare un film. Facendo un bilancio delle serie annunciate nell’Investor Day del 2020, Star Wars, e quindi di conseguenza Lucasfilm, ne esce con le ossa rotte, con The Acolyte che ha reso per di più la frattura scomposta.
Di Boba Fett e Kenobi sono stati spesi fiumi di parole, con l’ultima stagione di The Mandalorian che è stato un netto passo indietro. Si salva fortunatamente Ahsoka, che rimane l’unico prodotto sotto il controllo creativo esclusivo di Dave Filoni, e la mosca bianca Andor. Manca quindi solo l’ultimo sussulto con Skeleton Crew (date le cancellazioni/assenza di news riguardanti gli altri progetti) e poi si potrà finalmente premere il pulsante reset dalla triste e fallimentare gestione Chapek che ha fatto terra bruciata dell’intero patrimonio nelle mani di Disney, magari tornando sul grande schermo.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Qualche easter egg qua e là per i lettori di Alta Repubblica
  • I combattimenti riescono comunque a salvarsi ad ogni puntata
  • Kelnacca finalmente in azione
  • Interessanti informazioni sulla lore che si ricollegano alla Forza, alla Diade, e ai Midi-chlorian
  • Il metal detector
  • Torbin
  • La morte di Madre Anyseya
  • Un incendio imbarazzante
  • La morte delle streghe che controllavano Kelnacca
  • I dialoghi
  • Le scenografie
  • La colonna sonora totalmente anonima

 

“Choice” è l’episodio che affossa definitivamente The Acolyte, per quanto anche una disperata apparizione nel finale di qualche Sith noto potrebbe salvare il prodotto dal disastro mostrato finora.

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Giovane musicista e cineasta famoso tra le pareti di casa sua. Si sta addestrando nell'uso della Forza, ma in realtà gli basterebbe spostare un vaso come Massimo Troisi. Se volete farlo contento regalategli dei Lego, se volete farlo arrabbiare toccategli Sergio Leone. Inizia a recensire per dare sfogo alla sua valvola di critico, anche se nessuno glielo aveva chiesto.

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