Dembé: “More than anyone I’ve never known, he’s always been at peace with death. He says death is inevitable. It will come for us all. And that inevitability robs death entirely of its significance. What matters are the thing that are not inevitable. The things we create, the things we find. The left we take when everything in out life is taking us right. How we live. I’ve always loved him for that. For his remarkable refusal to ‘Go quietly into that good night‘ (…) Imagine. Raymond, a man surrounded by death in so many ways, so passionately committed to embracing life. He could have surrendered a thousands times over and some end. But instead, he chooses to rage. (…) To find moments of peace and joy and fun, even though he knows the light is still dying. (…) It is the lesson at the very core of my time with him.“
QUESTIONE DI CORAGGIO
Nessuno meglio dell’amico africano poteva tessere l’elogio funebre di Red.
Il discorso, dal punto di vista stilistico, resta ancora qualche passo indietro rispetto all’omelia composta dall’arcivescovo di Milano per i funerali di Silvio Berlusconi. Nel parlare di un personaggio così strabordante e controverso, monsignor Mario Delpini ha toccato vette sublimi di arte retorica. Qui, sicuramente, c’è però l’affetto profondo del cuore, di tanti anni passanti insieme fra mille peripezie in giro per il mondo.
“Coraggio” è una parola chiave. Proprio quello che è mancato agli sceneggiatori e ai produttori.
Lo show, infatti, si conclude senza dare risposte concrete a tante domande, trascinatesi negli anni. Questo è un imperdonabile segno di codardia.
Gli spettatori, sicuramente, avrebbero capito e perdonato se le risposte fornite non fossero state perfettamente in sintonia con ogni singolo dettaglio proposto in ogni singolo episodio di ben dieci stagioni, ma a loro non è stata accordata questa fiducia.
Molte persone lavorano dietro le quinte di uno show, non si può pretendere che tutti memorizzino in ogni particolare il lavoro proprio, ma soprattutto quello degli altri. Non fornire risposte, però, è un abdicare al proprio compito.
MA HA ANCHE DEI DIFETTI …
Peggio ancora, dalla stanza dei bottoni si permettono di giocare con il pubblico, lanciando lì una battuta nel dialogo finale tra Red e Agnes sulle preoccupazioni “materne” del Concierge del Crimine nei confronti della nipotina. Sembra fatta apposta per dare un contentino ai sostenitori della teoria secondo cui Red è Katarina Rostova che ha cambiato sesso. Teoria non sostenibile per mille ragioni (a partire dalla calvizie genetica tipicamente maschile del personaggio).
Qualcosa di più, ma niente di definitivo, viene detto riguardo alla sorte dei membri della Task Force. La squadra, come è logico, sarà smantellata. Forse il capo Cooper andrà in pensione. Dembé è stato radiato dal Bureau, ma si spera riuscirà a costruirsi una buona vita con l’aiuto della sua famiglia e delle conoscenze del giro di Red. Fa particolarmente piacere solo sentire Ressler fermamente determinato ad andare avanti nel suo percorso di sobrietà, dopo aver tagliato il traguardo dell’anno di astinenza.
VIVA LA VIDA! (CIT. FRIDA KAHLO)
Insomma, il risultato lascia parecchio a desiderare, anche perché si tratta della conclusione di una serie molto valida, capace di trasformare i suoi affezionati spettatori in altrettanti piccoli detective, pronti a dissertare sulle teorie più strampalate, con gran divertimento.
Se lo showrunner John Eisendrath è stato scavalcato, per fortuna, a quanto pare, James Spader è riuscito a far valere il suo peso di produttore esecutivo e il suo personaggio rimane convincente fino alla fine.
Bisogna ammetterlo, l’idea di andare a farsi incornare da un toro per suicidarsi non è la scelta migliore, né dal punto di vista della resa sullo schermo né da quello della sofferenza. Però, se si pensa a come era stato presentato il personaggio, quando incontrò Lizzie nella super gabbia anti tutto, l’animo quasi si solleva. Il finale avviene in Spagna (dove la produzione si è concessa una trasferta, proprio per festeggiare), nella luce, fra muretti a secco. Sembra quasi la conclusione del film Le Ali della Libertà. Red si è liberato del suo impero criminale, sta bevendo acqua (e non liquori), le sue condizioni di salute sono precipitate dopo la trasfusione per salvare Dembé. Non sarà un momento edificante, con cui catechizzare le future generazioni, ma è quasi una morte Red – entrice.
Quel che è più importante, il personaggio è rimasto fedele a se stesso sino all’ultimo e risulta quasi banale e ridondante la scelta della versione Gipsy Kings del brano reso famoso da Frank Sinatra come My Way.
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Dopo tanto tempo, si conclude la lunga avventura di The Blacklist.
Restano tanti bei ricordi e la conferma di come sia difficile dare un degno finale a una serie partita col botto.
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Casalingoide piemontarda di mezza età, abita da sempre in campagna, ma non fatevi ingannare dai suoi modi stile Nonna Papera. Per lei recensire è come coltivare un orticello di prodotti bio (perché ci mette dentro tutto; le lezioni di inglese, greco e latino al liceo, i viaggi in giro per il mondo, i cartoni animati anni '70 - '80, l'oratorio, la fantascienza, anni di esperienza coi giornali locali, il suo spietato amore per James Spader ...) con finalità nutraceutica, perché guardare film e serie tv è cosa da fare con la stessa cura con cui si sceglie cosa mangiare (ad esempio, deve evitare di eccedere col prodotto italiano a cui è leggermente intollerante).