Per parlare di The Book Of Boba Fett bisogna partire da lontano, con “Chapter 14: The Tragedy“, sesto episodio della seconda stagione di The Mandalorian. Robert Rodriguez viene ingaggiato da Jon Favreau per dirigere l’episodio, che sanciva anche il grande ritorno sullo schermo dell’iconico personaggio di Boba Fett. Ciò che non tutti sanno però, è che il regista di origini messicane era in realtà il rimpiazzo di un altro regista (si vocifera James Mangold). L’episodio in questione raccoglie un grande successo tra il pubblico, anche grazie alle gesta del cacciatore di taglie, e quindi la Lucasfilm decide di mettere in produzione uno spin-off intitolato The Book Of Boba Fett.
Sostanzialmente quindi, The Book Of Boba Fett è una serie figlia del caso. Inutile nascondere come la caratterizzazione del Mandaloriano fosse basata su quello di Boba. Tutte le carte che Favreau avrebbe potuto giocarsi per una serie su un cacciatore di taglie se le è infatti già giocate con Din Djarin. The Book Of Boba Fett è, di fatti, un minestrone produttivo, una specie di Frankenstein di materiale scartato dalla Lucasfilm.
Lo show di Jon Favreau mette insieme una puntata scartata di The Clone Wars (Boba Fett vs Cad Bane), l’accantonato Boba Fett: A Star Wars Story (tutta la trama coi Tusken?) e ciò che rimane, un semplice episodio che poteva far parte di The Mandalorian 3 (la guerra contro i Pyke).
Boba Fett: “Don’t toy with me. I’m not a little boy any longer, and you are an old man.”
Cad Bane: “I’m still faster than you.”
Boba Fett: “That may be, but I have armor.”
GUERRA PER TATOOINE
Dopo una corposa panoramica sulle problematiche produttive a monte del progetto, è il momento di tuffarsi a capofitto nella guerra in atto su Tatooine. Una guerra annunciata sin dal pilot ma che si era fatta attendere a lungo, anche a causa delle digressioni riguardanti Din e Grogu. Parentesi più belle dell’intero show, ma che hanno però la colpa di affossare ancor di più una narrazione non molto entusiasmante. Almeno la scrittura di Favreau si salva in calcio d’angolo. La puntata finale, la più lunga della serie, è infatti interamente dedicata allo scontro tra l’esercito del daimyo Boba Fett e il sindacato dei Pyke.
La regia di Rodriguez non brilla particolarmente, seppur ritrovando un po’ di smalto dopo il “Chapter 3: The Streets Of Mos Espa“. Le soluzioni interessanti non mancano, come ad esempio i jet pack che vengono finalmente sfruttati dai due protagonisti. Elementi come questo elevano quest’ultimo episodio, insieme ai due precedenti, a uno standard qualitativo di gran lunga superiore ai primi quattro. Sembra quasi come se i primi quattro capitoli del libro di Boba appartengano a uno show a basso budget. Una serie tv low-cost per i mezzi messi in campo e la resa di alcuni effetti visivi. Episodi realizzati al risparmio per poi andare all-in sul deepfake di Luke Skywalker e sul rancor cavalcato da Boba in una sequenza veramente degna di Star Wars.
GROGU SPECIAL GUEST
Grogu ha scelto la cotta di maglia di mithril ed è tornato dal suo “papà”. Inutile girarci intorno, è questa la vera notizia della puntata, ovvero che in The Mandalorian 3 il cacciatore di taglie sarà ancora una volta affiancato dal suo piccolo amico/figlio. L’ingresso in scena a bordo dell’Ala-X, scortato da R2-D2, fa sobbalzare il cuore ai fan di vecchia data. Invece i fan dell’ultima ora si possono riconoscere nella figura di Peli Motto, che ancora si rifiuta di chiamarlo Grogu per chiamarlo “baby” Yoda.
Le scene con Mando sciolgono il cuore dello spettatore, felice di vedere riunita la coppia. Questa scelta, per molti inaspettata, rende di fatto The Book Of Boba Fett uno step obbligato per i fan di The Mandalorian. Le serie del “mandoverse” iniziano a concatenarsi l’un l’altra, evitando di etichettare lo show su Boba come un semplice spin-off delle avventure del Mandaloriano. Anzi, un po’ come nel MCU, si ripropone la mossa “meschina” della Disney di obbligare lo spettatore a vedere qualcosa a cui non è interessato per seguire a 360 gradi ciò che invece realmente gli interessa.
Tuttavia, la scelta di ricongiungere così presto Grogu e Din Djarin non vanifica affatto il finale di “Chapter 16: The Rescue“. Grogu aveva bisogno di un jedi e l’inserimento di Luke non è stato banale fanservice. Grogu si rivela infatti fondamentale nella battaglia per Tatooine, salvando l’intera città dall’ira del rancor, sfruttando le abilità jedi apprese nel breve apprendistato interrotto per ricongiungersi con il suo amico (vibes da Episodio V?).
COSA NON HA FUNZIONATO
Un intero paragrafo dedicato al piccolo alieno verde è forse sintomatico del fatto che, anche nello showdown, il protagonista della serie non risulta essere Boba Fett, ma qualcun’altro.
Insieme a questo elemento bisogna segnalare come la regia di Rodriguez risulti molto più superficiale nella messa in scena rispetto a quella di Filoni e, soprattutto, di Bryce Dallas Howard, negli episodi precedenti. La sceneggiatura, di per sé non impeccabile, mostra i suoi limiti più evidenti grazie alla regia, che non si impegna abbastanza nel rendere al massimo ciò che è scritto su schermo. Ci sono sicuramente ottime scene, ma il prodotto nel complesso risulta qualche passo indietro ai due episodi precedenti.
Ci si aspettava qualcosa di più anche da Favreau alla scrittura, incapace di dare quel guizzo o quell'”effetto wow” alla serie nel finale, come accaduto nei due season finale di The Mandalorian.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Non è facile dare un voto al finale di The Book Of Boba Fett, una serie abbastanza singolare nella struttura. Lo show vorrebbe infatti essere qualcosa di originale, mascherando la superficialità con cui si è ideato. Un prodotto che ha riciclato diverse idee scartate sul personaggio di Boba Fett per riempire un vuoto nel palinsesto di Disney+. La nota positiva è che al suo interno sono stati piazzati ben due veri e propri episodi special anticipatori di The Mandalorian 3 (in arrivo a fine 2022). Il giudizio finale risulta sufficiente, in quanto la tanto agognata battaglia finale è durata addirittura un’ora, non disattendendo le aspettative dei fan, pur senza lasciare nulla di più.
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Giovane musicista e cineasta famoso tra le pareti di casa sua. Si sta addestrando nell'uso della Forza, ma in realtà gli basterebbe spostare un vaso come Massimo Troisi. Se volete farlo contento regalategli dei Lego, se volete farlo arrabbiare toccategli Sergio Leone. Inizia a recensire per dare sfogo alla sua valvola di critico, anche se nessuno glielo aveva chiesto.