
Il primo episodio non aveva, di certo, brillato per scelte stilistiche, con un ritmo troppo caotico, dialoghi poco memorabili e, soprattutto, capacità attoriali discutibili: la Cuoco era risultata troppo sopra le righe, con una interpretazione esagerata, caricaturale e, a tratti, irritante. La vena comica che attraversava la puntata, però, era uno dei pregi dello show dal quale si poteva partire per limare certi difetti e rimettersi in carreggiata.
Steve Yockey, ideatore della serie, sembra aver letto nel pensiero della redazione di Recenserie e decide di rimescolare le carte in tavola, alzando l’asticella della qualità, entrando nel clou della storia e accentuando la componente thriller della narrazione. “Rabbits”, secondo episodio scritto dallo stesso Yockey, era già riuscito a far superare alcuni pregiudizi iniziali, ma è con la terza puntata che le cose cominciano a farsi interessanti e The Flight Attendant sfodera gli artigli.
Non siamo sicuramente di fronte ad un capolavoro, ad una serie innovativa con un comparto tecnico da manuale ed attori da Emmy, ma ad un vero e proprio guilty pleasure che assecondi la voglia di leggerezza, di lasciarsi andare e di gustarsi qualcosa di più frivolo e, perché no, anche trash.
“Funeralia” catapulta il pubblico, per un attimo, a Roma, dove si assiste alle classiche scenette no-sense come il fortuito incontro tra Cassie e la sua collega Megan, nonostante le centinaia di ristoranti presenti nella capitale e l’introduzione velata di una possibile sotto-trama concernente proprio Megan, la quale sembra nascondere molto di più di quanto voglia far credere. I primi dieci minuti, quindi, si potrebbero tranquillamente skippare per arrivare alla parte decente dell’episodio.
La mancanza di senno e l’ingenuità di Cassie sono lampanti e sintomo di un trauma profondo che la donna si trascina dietro da una vita, così come si evince da altri flashback sul suo passato e sull’inizio della sua dipendenza dall’alcool. Sebbene la Cuoco non spicchi per bravura, la sua interpretazione, soprattutto nei momenti drama, risulta più accettabile e convincente, segno che riuscirebbe ad essere meno teatrale, ma magari è proprio quella l’intenzione di Steve Yockey. D’altronde, un vero guilty pleasure che si rispetti, non deve ambire alla perfezione e porsi su un piedistallo, ma semplicemente intrattenere.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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The Flight Attendant è come una bottiglia di vino: migliora con il tempo. Speriamo non si riveli del tutto imbevibile.
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Se volete entrare nelle sue grazie, non dovete offendere: Buffy The Vampire Slayer, Harry Potter, la Juventus. In alternativa, offritele un Long Island. La prima Milf di Recenserie, ma guai a chiamarla mammina pancina.