The Flight Attendant 1×03 – FuneraliaTEMPO DI LETTURA 4 min

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Un raro evento che può capitare ad un divoratore compulsivo di serie tv, è quello di trovare un prodotto che migliori nel tempo, o meglio, un prodotto bocciato dopo la visione del pilot, ma che riesca a riscattarsi con il prosieguo della narrazione. Un pilot che si rispetti, infatti, deve assolvere l’ingrato compito di rendere il più accattivante possibile lo show in questione e di accaparrarsi più spettatori possibili, come una perfetta cover letter seriale. Molto probabile che un pilot ben confezionato nasconda, in realtà, un prodotto mediocre che si riveli, via via, sempre più difficile da guardare e non all’altezza delle premesse iniziali. Capita, però, anche il contrario. Questo è il caso della dark comedy targata HBO Max, con protagonisti Kaley Cuoco e Michiel Huisman.
Il primo episodio non aveva, di certo, brillato per scelte stilistiche, con un ritmo troppo caotico, dialoghi poco memorabili e, soprattutto, capacità attoriali discutibili: la Cuoco era risultata troppo sopra le righe, con una interpretazione esagerata, caricaturale e, a tratti, irritante. La vena comica che attraversava la puntata, però, era uno dei pregi dello show dal quale si poteva partire per limare certi difetti e rimettersi in carreggiata.
Steve Yockey, ideatore della serie, sembra aver letto nel pensiero della redazione di Recenserie e decide di rimescolare le carte in tavola, alzando l’asticella della qualità, entrando nel clou della storia e accentuando la componente thriller della narrazione. “Rabbits”, secondo episodio scritto dallo stesso Yockey, era già riuscito a far superare alcuni pregiudizi iniziali, ma è con la terza puntata che le cose cominciano a farsi interessanti e The Flight Attendant sfodera gli artigli.
Non siamo sicuramente di fronte ad un capolavoro, ad una serie innovativa con un comparto tecnico da manuale ed attori da Emmy, ma ad un vero e proprio guilty pleasure che assecondi la voglia di leggerezza, di lasciarsi andare e di gustarsi qualcosa di più frivolo e, perché no, anche trash.
“Funeralia” catapulta il pubblico, per un attimo, a Roma, dove si assiste alle classiche scenette no-sense come il fortuito incontro tra Cassie e la sua collega Megan, nonostante le centinaia di ristoranti presenti nella capitale e l’introduzione velata di una possibile sotto-trama concernente proprio Megan, la quale sembra nascondere molto di più di quanto voglia far credere. I primi dieci minuti, quindi, si potrebbero tranquillamente skippare per arrivare alla parte decente dell’episodio.
L’introduzione del nuovo villain Miranda Croft – sebbene i suoi atteggiamenti da spietato assassino siano anche troppo esasperati – serve a Cassie per avere un ulteriore scopo nella sua vita, ovvero quello di svelare l’identità della donna e di riuscire a provare la sua colpevolezza per l’omicidio di Alex. Arrivata ormai con l’acqua alla gola, nonostante i consigli della sua amica avvocato, alla Bowden non resta che trasformarsi nuovamente in una detective (e che risultati) e recarsi alla veglia funebre di Alex, per parlare con la madre di quest’ultimo.
La mancanza di senno e l’ingenuità di Cassie sono lampanti e sintomo di un trauma profondo che la donna si trascina dietro da una vita, così come si evince da altri flashback sul suo passato e sull’inizio della sua dipendenza dall’alcool. Sebbene la Cuoco non spicchi per bravura, la sua interpretazione, soprattutto nei momenti drama, risulta più accettabile e convincente, segno che riuscirebbe ad essere meno teatrale, ma magari è proprio quella l’intenzione di Steve Yockey. D’altronde, un vero guilty pleasure che si rispetti, non deve ambire alla perfezione e porsi su un piedistallo, ma semplicemente intrattenere.
L’intera sequenza ambientata durante la veglia funebre, con Cassie che si scola calici di champagne a ripetizione, si palesa agli occhi di tutti rendendosi ridicola, si aggira silenziosa per le stanze della villa come un James Bond navigato e sembra sprofondare sempre in più una situazione più grande di lei, è talmente surreale che fa divertire. Anche gli stessi agenti dell’FBI sembrano usciti dal cilindro del cappellaio matto e sono complici, a loro volta, della deriva trash-grottesca dello show. Certo, i deus ex machina sono tanti, il ritmo troppo affrettato, le soluzioni troppo a portata di mano, ma il cliff-hanger finale getta comunque lo spettatore nell’ansia e con la voglia di passare subito al prossimo episodio.
L’unica nota dolente, come detto in precedenza, è relativa alla storyline secondaria dello spionaggio industriale da parte di Megan Briscoe. Era davvero necessario aggiungere altra carne al fuoco?

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Kaley Cuoco più convincente
  • Lo show si è trasformato in un vero guilty pleasure
  • Scena del funerale
  • Tanto e sano trash
  • Megan Briscoe
  • Ritmo ancora troppo caotico e risoluzioni troppo affrettate

 

The Flight Attendant è come una bottiglia di vino: migliora con il tempo. Speriamo non si riveli del tutto imbevibile.

 

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Se volete entrare nelle sue grazie, non dovete offendere: Buffy The Vampire Slayer, Harry Potter, la Juventus. In alternativa, offritele un Long Island. La prima Milf di Recenserie, ma guai a chiamarla mammina pancina.

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