L’inclusione e l’unione tra razze e popoli diversi è da sempre un obiettivo primario della saga di Star Trek, rinnovato e messo al primo posto spesso e volentieri anche nelle scorse stagioni di Discovery. Proprio questo tema si rivela il leitmotiv di “Unification III” (qualcuno ha detto The Next Generation?), che riprende nove secoli dopo un pianeta cardine del franchise come Vulcano, ribattezzato Ni’Var, e due specie famosissime come i Romulani e i Vulcaniani.
L’episodio parte proprio da dove si chiudeva “Scavenger“, con Michael Burnham alle prese con la realtà di non essere più il Numero Uno della Discovery. La protagonista è molto combattuta, mentre viene confortata da Book (relegato a mero toy-boy), meditando addirittura di abbandonare la Federazione. Ancora una volta però il personaggio di Burnham non riesce ad approfittare dello spazio dedicato dalla sceneggiatura per ingraziarsi lo spettatore e risulta essere eccessivamente tedioso. In più, tale situazione viene subito dimenticata quando vengono rivelati i risultati sulla ricerca per l’origine del Grande Fuoco, e Michael viene di nuovo tirata in mezzo, di fatto annullando le conseguenze della sua insubordinazione, per dirigersi a nome della Federazione su Ni’Var, nuovo nome di Vulcano.
Il personaggio di Sonequa Martin-Green non è il solo protagonista, perché la vera forza di “Unification III” è il buon vecchio Spock. L’ambasciatore vulcaniano, seppur solo in ologramma, nelle parole e nei ricordi, riesce a sostenere sulle spalle un episodio, elevandolo al migliore finora prodotto in questa terza stagione. La prima apparizione di Leonard Nimoy in Discovery, scomparso cinque anni fa, è molto toccante e riesce nel suo intento, chiudendo di fatto una trilogia iniziata con un doppio episodio di The Next Generation in cui il vulcaniano più famoso del piccolo schermo si impegnava a riunificare la sua popolazione con quella romulana.
Ma i legami con le altre serie non finiscono qui, perché la distruzione del pianeta Romulus narrata in Picard adesso appare sotto una luce diversa, come una tappa necessaria per raggiungere la tanto agognata convivenza pacifica tra due specie, come vulcaniani e romulani, separati da millenni, ma pur sempre originari dalla stessa matrice genetica. È affascinante il lavoro svolto in questo ambito dagli autori per questa terza stagione, in cui fin da subito hanno messo in chiaro come l’evoluzione tecnologica abbia portato a compimento diverse utopie, tra cui quella messa al centro di questo episodio, e che farà sorridere i fan.
Inoltre, come se non ci fosse abbastanza carne al fuoco e abbastanza “Burnham-centrismo” viene tirata in mezzo in questo episodio una figura chiave, come quello di Gabrielle Burnham, la madre di Michael. Era prevedibile che il personaggio di Sonja Sohn sarebbe ricomparso, però qui la serie pecca di avarizia, privando lo spettatore di elementi come piccoli segnali per creare suspense e attesa, facendo sbucare fuori una pedina così importante da un momento all’altro senza dedicargli il giusto pathos, come una Tilly qualsiasi.
La menzione alla guardiamarina non è casuale, perché protagonista della storyline secondaria che la vede promossa a Numero Uno da Saru, sempre in forma Doug Jones, a discapito di tanti colleghi con più esperienza e seniority. Le poche scene dedicate a Sylvia Tilly sono piacevoli e scorrono via bene, nonostante anche qui uno spazio dedicato all’ex-Numero Uno Michael Burnham, che purtroppo in più di un momento in quest’episodio è apparsa fin troppo dilagante nello screen time.
Molto riuscita invece la sequenza dedicata al T’Kal-in-ket, dove gli autori arricchiscono la storia e cultura vulcaniano-romulana (ormai vanno identificati insieme), regalando un dibattito logico in cui fuoriescono le insicurezze di Michael, sostenute da un apprezzabile momento madre-figlia. Resta da vedere adesso le scoperte relative all’SB-19 dove porteranno, mentre la Federazione ha intavolato con Saru un nuovo canale diplomatico con Ni’Var.
Nota a margine: da segnalare la presenza della USS Yelchin, omaggio all’attore Anton Yelchin, interprete sul grande schermo di Pavel Chekov, deceduto in un incidente nel 2016.
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Giunto al giro di boa di questa terza stagione Discovery fa dei passi in avanti, non tanto grazie alla trama verticale bensì grazie a richiami al passato della saga ben concepiti. Purtroppo è ancora troppo ingombrante la figura di Michael Burnham che nonostante la degradazione pare essere l’unica protagonista di un equipaggio ben assortito e poco utilizzato.
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Giovane musicista e cineasta famoso tra le pareti di casa sua. Si sta addestrando nell'uso della Forza, ma in realtà gli basterebbe spostare un vaso come Massimo Troisi. Se volete farlo contento regalategli dei Lego, se volete farlo arrabbiare toccategli Sergio Leone. Inizia a recensire per dare sfogo alla sua valvola di critico, anche se nessuno glielo aveva chiesto.