The Good Fight 4×07 – The Gang Discovers Who Killed Jeffrey EpsteinTEMPO DI LETTURA 3 min

In casa The Good Fight, il season finale arriva inaspettato e coglie tutti impreparati a causa della pandemia di Covid-19 che ha sancito lo stop definitivo a riprese e produzione, accorciando la quantità di episodi. Questa settima puntata, dunque, non profuma affatto di finale di stagione e lascia le storylines sospese in attesa di una già – per fortuna – confermata quinta stagione. L’unico story arch che potrebbe non godere di una risoluzione è quello inerente a Lucca Quinn: l’attrice Cush Jumbo, infatti, ha recentemente dichiarato la sua volontà di lasciare lo show, decisione della quale i King erano già stati informati. Sicuramente gli autori avevano in serbo per lei un addio degno del suo personaggio, ma la chiusura anticipata ha mandato tutto all’aria, rendendo ancora più difficile la conclusione del suo percorso narrativo. Nonostante una quarta stagione sotto tono, durante la quale Lucca non è riuscita a brillare, per colpa di una storyline non proprio azzeccata, il suo personaggio si merita un “goodbye” degno di questo nome e si vedrà come gli sceneggiatori cercheranno di risolvere la situazione.
“The Gang Discovers Who Killed Jeffrey Epstein” è, comunque, un episodio ben riuscito, dove il giusto mix tra “avvocatese” e scelte audaci trova ampio respiro in una trama tutta dedicata a cospirazioni e abusi di potere. Lo studio Reddick, Boseman & Lockhart si ritrova coinvolto nella risoluzione di uno dei misteri più recenti della cronaca nera statunitense, ovvero il caso di Jeffrey Epstein. L’imprenditore e miliardario statunitense, infatti, è morto in circostanze misteriose (è stato rinvenuto nella sua cella con un lenzuolo attorno al collo) il 10 agosto 2019 mentre stava scontando una condanna per traffico di minorenni e abusi sessuali, presso il Metropolitan Correctional Center di New York. La vita e lo scandalo del magnate, sono diventati anche protagonisti di una docuserie in quattro puntate, disponibile su Netflix, intitolata “Jeffrey Epstein: soldi, potere e perversione”, nella quale vengono ripercorsi la scalata al potere di Epstein, i suoi legami con personalità di spicco (tra cui il Presidente Donald Trump) e la rete di prostituzione da lui creata, con centinaia di vittime per lo più minorenni.
La storyline del Memo 618, dunque, si interseca perfettamente con la trama verticale dell’episodio, in cui insabbiamenti, giochi di potere, corruzione e azione al limite della legalità, vengono dispiegati per proteggere i più forti e schiacciare i più deboli. Più lo studio legale scava nella vita di Epstein, più l’abisso si fa profondo, rivelando un substrato di misteri e complotti. Nonostante l’inclinazione della serie a dare un taglio surreale e ironico alla trama, il complottismo sembra celare una base di verità e l’assurdità delle speculazioni si fa via via sempre più labile, fino a far dubitare il pubblico di cosa sia reale e cosa no. In un mondo in cui il potere è l’unica cosa che conta, niente è come sembra ed un criminale come Jeffrey Epstein può trovare l’appoggio di una classe politica facilmente corruttibile grazie al dio denaro.

Gli autori di The Good Fight, però, decidono di non dare una loro interpretazione sulla vera fine del miliardario, ma concentrano la loro critica feroce verso un sistema marcio e contaminato dai più sporchi motivi.
I coniugi King salutano la quarta stagione con un episodio che ricalca appieno il loro stile e si congedano dal loro pubblico offrendo un surreale, ma veritiero squarcio della società attuale.