“Dear God” si svolge su due piani paralleli: il caso legale della settimana e gli incontri dei quattro personaggi principali con il supervisore di Cary.
Il caso legale non è intrigante o particolare come quelli a cui la serie ci ha abituato (voglio dire, la paternità di Sweeny era molto più avvincente) e questo perché siamo nel comune ambito dei rapporti di vicinato, cause come queste sono all’ordine del giorno. Ma The Good Wife ci mette del suo ed ecco la mediazione cristiana: dalle aule di Tribunale a colpi di precedenti per arrivare alle sagrestie a colpi di versetti biblici il passo è breve.
Non è la prima volta che vediamo i nostri avvocati cimentarsi in aule diverse da quelle del Tribunale, basti pensare Will e Alicia alla Corte Marziale, o di fronte al Coroner, o ancora di fronte a giudici sportivi con l’aiuto della bellissima Elzabeth Tascioni. Insomma dinamiche di questo genere non sono nuove alla serie, ciò che però spiazza e convince meno è la ridicolizzazione che si fa del processo civile: accettiamo la mediazione cristiana, ne sentiamo così tante quindi può anche starci, ma è mai possibile che di fronte ad un funzionario religioso ci sia bisogno della rappresentanza? Gli avvocati stridono nel contesto, anche se è proprio questo su cui gioca la serie per tutta la durata della puntata, che spruzza ironia anche dai titoli di coda.
Perno dell’episodio è tuttavia l’incontro con il supervisore di Cary, affinché possa ottenere il rilascio duraturo. Attraverso i colloqui con la signora Grubick ci viene mostrato il lato interno della facciata: problemi finanziari, diverbi tra i soci, perdite nello studio e arrivismo sono solo alcune spezie per un cocktail ben più elaborato. Di fronte al supervisore, intenta ogni volta a spiegarsi con qualcuno al telefono con la stessa frase, non potrebbe che esserci situazione migliore, ma sappiamo che così non è ed il conflitto interno è sempre dietro l’angolo. Il nuovo socio dello studio (che Diane ha ripescato non si da dove) dalle vecchie sembianze di Bond, ha la duplice funzione di spalleggiare Diane (due Vs. due, altrimenti come si combattono le guerre interne? Lockhart&Gardner docet) e di introdurre un elemento di disturbo in quello che apparentemente poteva sembrare un team già consolidato da esperienze lavorative passate. Vedremo cosa ne uscirà.
La scena migliore della puntata vede Alicia in uno scontro verbale con Castro, che si dimostra un perfetto antagonista, più viscido di Louis Canning e più corrotto di Glenn Childs, riuscendo a dare filo da torcere alla protagonista e a suscitare timore anche nello spettatore, merito soprattutto di Cerveris, brillante e talentuoso attore.
Il dialogo tra i due è serrato e carico di tensione e per quanto Gloria Steimen abbia colpito Alicia in una scena che ha qualcosa di onirico, ci piace pensare che sia il nome di Will pronunciato dall’avida bocca di Castro che abbia fatto scattare la molla in Alicia, con quell’espressione di sdegno e disgusto che l’ha spinta a pronunciare quel “if…”.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Trust Issues 6×02 | 11.9 milioni – 1.3 rating |
Dear God 6×03 | 10.83 milioni – 1.4 rating |
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Lunatica, brutta, cinefila e mancina. Tutte le serie tv sono uguali, ma alcune sono più uguali delle altre.