“So, we’re right back where we started, ah?”
A costo di sembrare ripetitivi, di episodio in episodio, vicini al finale di questa gran serie, abbiamo sempre più conferme sulla natura ciclica dello show.
“Landing” potrebbe essere utilizzato come episodio modello per spiegare ciò. Come? Con tre esempi che vedono protagonisti: la verticalità dello show, l’orizzontalità dello show, Diane.
Verticalità.
Il ritorno (per l’ennesima volta) dell’NSA, con il suo protagonista morale: Dellinger. Il caso verticale di questo episodio punta in alto: un giudice di pace canadese nonché ex.membro del governo Underwood, questioni di giurisdizione, spionaggio, sicurezza nazionale.
Ci prendiamo la licenza, però, di spostare l’attenzione da questa ambiziosa frazione di episodio. Godibile, per carità. Ciò che la frega sono proprio un insieme di, guarda caso, ritorni. Facciamo un esempio: your worship invece che your honor (effettivamente si è sentita la mancanza del tormentone in my opinion); il disturbo continuo degli annunci dell’aeroporto o i modi sbrigativi del giudice (marchi di fabbrica di TGW che ci hanno accompagnato per la quasi totalità di sette stagioni). Perché considerare punti deboli caratteristiche che hanno fatto la fortuna di una delle ultime efficaci serie a dimensione procedurale? Elementi, poi, che hanno così tanto alleggerito, con un umorismo aggraziato ed elegante, la gravità di un’aula di tribunale. Semplicemente perché, vicini ormai agli ultimi momenti dello show, forse si vorrebbero tirare le somme. L’esposizione di leitmotiv, vicini alla Coda, rischiano sempre di creare ridondanza.
Interessantissima la posizione di Alicia in questo processo aeroportuale. La vediamo rimbalzare da Toronto a Chicago (benché non si parli di distanze proibitive), quasi con il dono dell’ubiquità, a gestire il suo cliente e i problemi del marito con la giustizia (su cui torneremo tra poco).
A esplicitare una sorta di contemporaneità scenica, lo stratagemma di schermi televisivi. Assistiamo a interviste di Alicia alla stampa, in qualità di “first lady”, la vediamo poi come avvocato instancabile a difendere a testa bassa il suo cliente (rievocando addirittura l’esperienza della protagonista, nella delicata questione di qualche episodio addietro). Ad un certo punto, la vediamo addirittura guardare se stessa su schermo (vi risparmiamo tutte le letture metatelevisive del caso che vanno a nozze anche con l’atteggiamento da fanboy dell’ex collega di Dellinger).
Orizzontalità.
Si capisce se una serie sta veramente volgendo al termine, quando viene evocato il suo primo momento. Diciamo che in questo la 7×19 non lascia molto spazio all’immaginazione. Dopo la variazione nella scorsa stagione di Alicia al centro di uno scandalo politico, si ritorna al tema principale: Alicia di fianco al marito incarcerato per un qualche tipo di scandalo.
Il personaggio di Peter Florrick rappresenta e ha sempre rappresentato ambiguità e staticità. L’anti-evoluzione per eccellenza, il manifesto di un discorso che abbiamo già fatto altre volte: i personaggi di The Good Wife non evolvono, non crescono, mantengono le loro caratteristiche e si lasciano trasportare dalla marea. Eppure, di fronte a questo scenario così negativo, Peter va fino in fondo alla sua ambiguità: non riusciamo ad odiarlo del tutto. Colpa o merito di Chris Noth, non riusciamo a non provare un moto di pena quando, parlando con la sua quasi ex-moglie, rivela di poter patteggiare per ben tre anni di galera.
L’evoluzione (diciamo così) che Alicia ha percorso in questo lungo tracciato non lascia spazio a radicali cambiamenti. Sì, oggi si erge di fianco al marito con una sicurezza diversa e con un look più sgargiante; oggi sa alla perfezione cosa vuole e chi vuole (guardare la scena finale per credere). Eppure non ci pensa due volte a prendere una giacca, una cravatta, coprire le manette di Peter e renderlo presentabile di fronte alle telecamere. Alicia Florrick e i coniugi King sicuramente non vogliono tradire il titolo dello show.
Diane.
Finalmente, verrebbe da dire. E’ vero, la gelosia di Diane non è certo una delle storyline da seguire con il fiato sospeso, così come il ritorno di Kurt ci fa capire quanto in comune abbiano una certa tipologia di uomini in TGW (non somiglia incredibilmente a Jason nel suo essere taciturno e “calmo”, per citare Eli?). Sicuramente uno dei personaggi principali della stagione, ultimamente abbastanza maltrattato dagli autori, come abbiamo spesso fatto notare, ha trovato/sta trovando una sua personale chiusura del cerchio.
Diane Lockhart sta sì riuscendo a indirizzare lo studio dove vuole lei (la partnership con Alicia è ad un passo), ma soprattutto riesce ad intravedere la felicità nella sua vita privata. Possiamo dire, con una certa sicurezza, di come la reazione della bravissima Baranski alla proposta di Kurt, da sola, ripaghi tutti i momenti così e così, riservati a Diane.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Unmanned 7×18 | 7.51 milioni – 1.0 rating |
Landing 7×19 | 8.54 milioni – 0.9 rating |
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.