Il “dibattito” si apre con una precisazione: l’episodio è stato scritto prima della decisione del Gran Giurì di non processare per insufficienza di prove l’agente di polizia colpevole dell’omicidio del giovane afro-americano Michael Brown, per cui trae ispirazione solamente dai fatti di Ferguson risalenti ad agosto, quando Brown venne ucciso.
Un tema molto sentito in USA quello trattato da The Good Wife, tema mai superato nemmeno di fronte ad un Presidente di colore. Gli States sono il Paese del riscatto, della meritocrazia (si vocifera), dello spirito del lavoro e del self made man; è il Paese più giovane del mondo che con una velocità impressionante è riuscito a diventare una delle potenze mondiali più influenti nella scena economica, politica, culturale internazionale. Eppure l’America è lo stesso luogo dell’ apartheid: dei bus divisi pur percorrendo lo stesso tragitto, delle faide di colore, delle scuole di colore, ogni cosa, se si guarda bene, in America ha un colore. Sembra quasi ridicolo parlare ancora di discriminazione di questi tempi, eppure, sia in patria sia non molto lontano da essa, assistiamo a diatribe e discussioni oltremodo imbarazzanti, ma tant’è.
Nemmeno lo scontro polizia-civili trova pace nel Paese di Obama, altro passo in comune con la (in)giustizia italiana che continua a darci un’assoluzione dopo l’altra a colpi di custodie cautelari. Polemiche a parte, fa sempre piacere quando una serie tv che mira ad un puro intrattenimento, tocca temi attuali e importanti, portandoci a riflettere su fatti di cronaca e su sentenze ancora controverse e discusse creando un vero e proprio dibattito. In particolare “The Debate” guarda il fatto dal punto di vista dei politici, fornendoci ancora una volta uno sguardo cinico sulla società civile: Eli ed Elfman sono preoccupatissimi per la sentenza del Gran Giurì, perché in ballo c’è da un lato il voto degli afro-americani, dall’altro la polizia che poi, di fatto, è il vero potere del Procuratore di Stato. Ecco perché una domanda sulla sentenza che deve ancora essere emessa, e lo sarà da lì a poche ore, terrorizza a buon motivo tutti i politici e politicanti di Chicago. “State facendo giochi politici perché volete il supporto della polizia per quattro anni.” “E lei vuole quello degli afro-americani. Nessuno vincerà un Nobel”. Eh già.
L’episodio, nonostante il peso sociale che porta con sè, lascia spazio anche alle dinamiche societarie che tanto ci piacciono. Innanzitutto ritroviamo Neil Gross difeso dallo studio nella sua causa di divorzio contro, ovviamente, la Lockhart&Gardner, con il suo miglior divorzista, David Lee che tutela gli interessi di Mrs. Gross. La serie ancora una volta brilla di cinismo: appena due anni fa Alicia e Cary si impegnavano in un accordo prematrimoniale contro gli avvocati di Neil Gross, per ottenere il massimo da quel matrimonio e soprattutto dagli affari patrimoniali della futura (e oggi ormai ex) signora Gross che all’epoca non era altro che una ragazzina ingenua e romantica; oggi, invece, non è disposta a mollare nemmeno il vaso di terracotta regalato alle nozze dalla zia zitella. Curioso come cambino le cose e come si invertano i ruoli mentre, ciò che non è cambiato, sono i metodi poco ortodossi di David Lee, disposto probabilmente a vendere anche sua madre pur di vincere una causa. Tutto ciò porta ad una decisione rapida da parte di Cary e Diane, lasciando fuori Alicia che si ritrova con un nuovo socio senza poter ormai avere diritto di parola sulla questione.
La scena finale lascia poco spazio all’immaginazione sulla futura trama orizzontale: Alicia è ormai sempre più assorbita dalla politica e il tempo per lo studio diventa striminzito e questo potrebbe portare non pochi problemi ai suoi soci che sembrano escluderla sempre di più. La svolta ufficiale è dietro l’angolo.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Hail Mary 6×11 | 10.24 milioni – 1.3 rating |
The Debate 6×12 | 8.48 milioni – 1.3 rating |
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Lunatica, brutta, cinefila e mancina. Tutte le serie tv sono uguali, ma alcune sono più uguali delle altre.