Molti spunti offre “Restraint”. Spunti di tematiche già abbondantemente affrontate nelle precedenti sei stagioni, ma comunque efficaci, se non altro per la coerenza nei territori esplorati da The Good Wife.
Il tema forse predominante di una serie legale è quello dell’intransigenza, della disumanità della legge scritta. Legge scritta che viene decisa e applicata da veri e propri sacerdoti quali giudici e avvocati, teoricamente non influenzabili sul piano affettivo e sentimentale. Lo sa bene Diane, finora mai così protagonista in questa settima stagione. Diane lo sa bene, fin troppo bene. Talmente bene che sono anni che, da democratica convinta – talmente convinta – intrattiene rapporti con repubblicani ancora più convinti. Il suo ideale è quello di portare avanti il suo lavoro fino all’estremo e quale miglior modo di dimostrarlo se non difendere idee con cui non si trova? Questa volta però, vengono superati dei limiti. Non nel principio, che rimane lo stesso – se volessimo essere inflessibili anche noi, diremmo che a sbagliare sono coloro che tentano di dissuaderla – bensì nell’estrema inflessibilità che, appunto, perde tutto ciò che vi è di umano.
I King hanno sempre voluto dipingere l’ideale democratico come un continuo mettersi in discussione, nell’imperfezione che l’umano possa dare nei confronti dell’idea e dell’opinione (il personaggio di Landau, sebbene assente, è il maggior rappresentate dell’imperfezione politica). E questo fa Diane, discute tutto quello su cui è d’accordo (e non per cui è d’accordo). La donna Diane e l’avvocato Lockhart sono due entità separate che in “Restraint” forse si perdono troppo e noi non riusciamo neanche a capire se nel finale effettivamente si ritrovano. Si perdono non perché non interviene il fattore umano (il giudice stesso rischia, uscendo, in privato nel suo studio, dal suo ruolo) ma perché, per difendere un principio, lo studio intero, già in decadenza (televisiva e non), ne paga pesanti conseguenze.
Diane si stacca quindi dalla sua umanità e dalla sua sfera sentimentale per abbracciare un principio più alto (quello del primo emendamento), prendendo così le parti di un’idea (da lei comunque non condivisa) decretata da uno spirito esclusivamente sentimentale e spirituale. La legge, come prodotto umano, scritto per stare al di sopra degli uomini, abbraccia così la religione, anch’esso prodotto umano, pensato per stare al di sopra degli uomini. Ragione e sentimento si fondono in un’aula di tribunale.
Contraltare di ciò: il lobbista Eli. Le strategie del personaggio interpretato da Alan Cumming non sempre ci sono molto chiare. Riusciamo sì a seguirle e apprezzarle, ma vediamo in queste – e in Eli stesso – un qualcosa di esclusivamente televisivo. Saremmo disgustati, nella vita reale, da un personaggio che per fini politici dovesse impedire a dei lavoratori di ottenere un aumento di stipendio (si parla di socialismo, ma Courtney lo motiva citando la Bibbia: di nuovo un’ideologia così egualitaria dal punto di vista umano che si trova ad abbracciare la religione). E’ conseguente poi il parallelismo con la vicenda di Diane sopra riportata, quando Eli scopre il suo velo facendo emergere l’uomo che, semplicemente, si è preso una cotta. La disumana strategia politica cade, lasciando spazio alla sfera sentimentale e “individuale”, in un momento di rara e genuina dolcezza per una serie come The Good Wife.
A proposito di The Good Wife come serie, ci siamo mai chiesti da dove derivi una così alta godibilità nel seguire vicende così – appunto – fredde? Sarebbe stato lo stesso per una serie via cavo, molto più impegnativa e “lenta”? Oppure, sarebbe stato lo stesso con un procedurale standard? E’ proprio questo il punto, come in molti forse avranno detto, la cura stilistica tipica del via cavo, mescolata con tempi da intrattenimento seriale, rende TGW un succulento piatto televisivo, anche quando gli eventi sono un po’ cristallizzati come ora. Ma chiunque, da sette anni a questa parte, avrà notato questa caratteristica nella serie CBS. Ciò che “Restraint” ci ricorda è anche l’alto livello di “spettacolarità”, inteso come spiegamento di veri e propri stratagemmi teatrali.
Un vero e proprio gioco ad incastri, infatti, ci porta a quello che è il riscatto di Grace. Personaggio da sempre maltrattato dal fandom, come spesso capita a chi interpreta bambini, preadolescenti o adolescenti. Le varie trame si incastrano tra loro e l’intransigenza di Diane porta Grace ad entrare in contatto telefonico (grazie anche alla fantastica sequenza in cui dispone i vari computer con gli audio ambientali degli uffici) con clienti impensabili per il piccolo studio Florrick&Quinn. Ed è senz’altro su questa nota più “artificiosa” che la 7×08 mantiene il suo grandissimo punto di forza, unendo alla perfezione tutte le sotto-trame, senza gerarchie, facendo durare i 42 minuti settimanali ancora meno del solito.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Driven 7×07 | 8.52 milioni – 1.1 rating |
Restraint 7×08 | 7.83 milioni – 0.9 rating |
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.