The Handmaid’s Tale 4×02 – NightshadeTEMPO DI LETTURA 5 min

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The Handmaid's Tale 4x02 recensioneLa calma prima della tempesta. Si possono banalmente riassumere così questi due primi episodi che hanno dato il via alla quarta stagione di The Handmaid’s Tale.
Seppur simili però, la concezione delle due puntate appare prettamente diversa nel loro significato. La season premiere si è presentata con le tipiche caratteristiche da “post battaglia” (a seguito degli eventi di “Mayday“) con una serenità volubile e personaggi spaesati impegnati nel leccarsi le ferite. “Nightshade” invece, rispettando la legge non scritta dei secondi episodi, si conferma pur sempre in questo pattern iniziale di lentezza ma lo fa con un differente obiettivo.
In questo caso, infatti, l’aria che si respira per tutta la puntata è di un’aspettativa più alta rispetto a “Pigs“, costruendo un attendismo da “pre battaglia”.

IL CAMBIAMENTO DI JUNE


“Gilead has a way of bringing out the worst in people. But in June it brought out the best.”

Come sottolineato nella scorsa recensione, questa nuova stagione sembra far emergere in primo piano un cambiamento radicale nella sua protagonista. Nel corso degli anni, si è già visto il personaggio di June evolversi a seconda delle situazioni in cui si ritrovava a Gilead, prendendo man mano coscienza di sé e del ruolo che poteva svolgere, il tutto naturalmente guidato da rabbia, dolore e perdita.
La June che ci si ritrova davanti adesso però, supera un nuovo confine, passando direttamente alla vendetta nel termine più diretto possibile. E se la vendetta perpetuata nella scorsa puntata poteva essere vista come una decisione a caldo, dettata anche dal traumatico racconto di Mrs. Keyes, l’avvelenamento di gruppo avvenuto in quest’occasione assume tutto un altro significato. Qui June passa ad un’organizzazione minuziosa del piano a mente fredda, soffocando qualsiasi remora rimasta e confermando il suo definitivo salto morale.
A tal proposito, riprendendo la frase di Rita sopracitata, appare sacrosanto fermarsi a riflettere sul lungo percorso che in queste quattro stagioni ha portato June a questo punto: il cambiamento che la vede protagonista non sconvolge di certo, portando anzi lo spettatore a concepirlo come conseguenza più che plausibile. E a seguito di questo mutamento, sarà interessante capire fino a che punto June sarà disposta a spingersi d’ora in avanti.

I WATERFORD ED IL CANADA


Nonostante una comune lentezza narrativa che si trascina dalla season premiere, questo secondo episodio può vantare una trasposizione più dinamica dovuta ai più frequenti cambi di scenario. Al contrario del primo appuntamento infatti, “Nightshade” dedica una parte più corposa alle vicende del Canada, distribuendosi in maniera organica tra tutti i personaggi qui presenti che, al momento, iniziano ad essere quasi più numerosi di quelli rimasti a Gilead.
Da una parte risulta apprezzabile la parentesi dedicata ai “superstiti”. Il lavoro portato avanti da Luke, Moira ed Emily è utile per avere un background ben articolato sulle conseguenze che Gilead continua ad avere sulle sue vittime. Dopo aver assistito al percorso di Moira ed Emily, lo sguardo dedicato ai bambini portati in salvo dona una visione ancora più ampia e profonda di tutti gli effetti che questo regime si lascia dietro.
Ma la parte da tenere maggiormente sotto osservazione in Canada è quella che riguarda i Waterford che, tuttavia, al momento continua a risultare abbastanza fiacca. La guerra fredda che i due coniugi continuano a portare avanti lascia ben pochi spunti per questi due personaggi che indubbiamente avevano molta più forza narrativa in Gilead.
E se le caratteristiche del Comandante Fred Waterford rimangono pressoché invariate, mantenendosi sempre tra l’ignobile e l’ipocrisia, è Serena quella che stenta ancora a trovare una sua dimensione. La donna oscilla tra sentimenti contrastanti attuando mosse confuse (ora appoggia il marito, ora è pronta a contrastarlo nuovamente) sempre con il fine ultimo di riprendersi Nichole. Una situazione, questa, destinata a cambiare, dato che uno dei colpi di scena di puntata riguarda proprio Serena: la notizia della gravidanza della donna mette sul piatto svariati possibili scenari, oltre a scatenare dubbi sulla paternità.

L’INCOGNITA NICK


Il momento clou di “Nightshade” però, risiede tutto nei momenti finali. Sono i minuti che alzano il livello della puntata rispetto alla season premiere, mettendo in scena una situazione al bivio da cui dipenderà probabilmente il resto della stagione.
Il personaggio di Nick torna così in auge dopo una stagione nell’ombra, ma lo fa portandosi dietro misteri e sotterfugi. Non che questa nuova versione dispiaccia, dato che la nuova facciata potrebbe essere fondamentale nell’elevare un personaggio finora apparso abbastanza inerte. Quanto visto in questa puntata però, apre a nuovi scenari che pongono Nick come una vera e propria incognita. Non si sa infatti a che gioco stia giocando e anche le sue scene con il Comandante Lawrence restano per ora decisamente poco chiare.
In questo quadro generale, si tinge di estrema incertezza anche il rapporto tra June e Nick. Quanto avvenuto nei minuti finali lascerebbe poco spazio all’interpretazione, eppure, se la serie decidesse di percorrere questa strada la delusione sarebbe sacrosanta. Non tanto per il tradimento perpetuato, ma perché a livello narrativo June si troverebbe per l’ennesima volta a seguire lo stesso percorso che la vede scappare per poi essere nuovamente catturata. E dopo quattro stagioni non c’è più tempo per la prigionia, soprattutto quando si vuole dare inizio ad una guerra.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Puntata più dinamica grazie alle diverse prospettive presentate
  • L’incognita Nick: una nuova versione che potrebbe giovare al personaggio 
  • Il finale di puntata si pone come primo bivio di stagione
  • Fred e Serena sprecati in Canada 
  • Il finale potrebbe riportare June indietro al solito e ripetitivo schema “fuga-cattura” 

 

Un episodio sulla falsariga della season premiere seppur più dinamico nella sua rappresentazione. Il guizzo finale fa salire il livello ma per ora si preferisce rimanere cauti, soprattutto finché non sarà chiaro dove gli ultimi minuti porteranno la storia.

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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.

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