Flora: “You said it was a ghost story. It isn’t. It’s a love story”
The Haunting Of Bly Manor arriva al suo esito finale dopo nove puntate giocate tutte sul sottile equilibrio tra sovrannaturale e psiche dei personaggi, delineando una serie originale sia nelle tematiche che nella cura estetica.
Riprendendo gli ultimi attimi della puntata precedente, “The Romance Of Certain Old Clothes” , il season finale inizia rispondendo agli ultimi quesiti lasciati senza risposta. A fermare la donna del lago è Dani, che utilizza lo stesso metodo usato da Peter per prendere possesso del corpo di Miles, invitando lo spirito della donna ad entrare dentro di lei. Tutto bene quel che finisce bene sarebbe il caso di dire, se non fosse per la spada di Damocle appesa sopra la testa di Dani poiché la vendetta di Violet non si è placata e minaccia di prendere il posto dell’istitutrice per tornare a sognare, dimenticare e camminare nella tenuta che era appartenuta a lei.
“The Beast In The Jungle” assomiglia più ad una postilla, un’ora di tempo concessa per salutare tutti i personaggi e non lasciare nulla di irrisolto, non può esserci nessun dubbio su cosa è accaduto dopo. Il finale della parabola narrativa di casa Bly prende poco più di dieci minuti; dopo che la tenuta è rimasta vuota, la puntata è dedicata alla storia tra Jaime e Dani che decidono di andare a convivere e di aprire un piccolo negozio di fiori. Tutto sembra andare per il meglio anche per Flora e Miles che assieme a Henry si sono trasferiti in America e per Owen, che è tornato a Parigi ed ha aperto un ristorante. E se Jaime si sente ottimista e crede che Violet sia un capitolo chiuso lasciato alle spalle, Dani non è dello stesso avviso. Il suo personaggio, il cui arco narrativo era già ben delineato, subisce un nuovo cambiamento dato non solo dalla paura che per anni non l’abbandona ma anche dalla sensazione di svanire, di non essere se stessa. E Victoria Pedretti recita splendidamente, dando quasi una sensazione di evanescenza al suo personaggio.
Un finale agrodolce. Tutto si è risolto per il meglio, a parte per Dani. Agnello sacrificale che non può essere ricordata nemmeno da Flora e Miles. Il tema della memoria – centrale in tutto The Haunting of Bly Manor – torna nuovamente. Fino ad ora sono state toccate differenti sfaccettature legate ad essa, grazie a personaggi che incarnano, in un modo o nell’altro, diverse paure scaturite dai ricordi e dalla loro perdita. Dal lasciarsi alle spalle i sensi di colpa per la morte di un ex fidanzato, all’avere la propria madre alle prese con una malattia terribile come l’Alzheimer e dover ammettere che in certe situazioni è più un peso, o alla vendetta per una promessa spezzata. Ogni storyline gira attorno alla memoria e ai ricordi, al dolore di dover lasciare andare via qualcuno e non aggrapparsi alla rabbia e al rancore. Ciliegina sulla torta, Flanagan e Julia Bicknell (penna dietro a questo season finale) decidono di chiudere la stagione con un altro argomento delicato: il lutto e la convivenza con esso. E ad incarnarlo è l’unico personaggio a cui non era ancora stata dedicata una puntata: Jaime. Azzeccata risulta essere la scelta di dare a lei il compito di raccontare la storia di Bly a una Flora oramai adulta e prossima alle nozze che, come Miles, non ricorda nulla del periodo trascorso nella tenuta, dei fantasmi che infestavano la casa né tantomeno gli altri abitanti. Finale malinconico sia per la scena del matrimonio dove si ritrovano tutti i personaggi ancora in vita, sia per gli ultimi minuti con una Jaime oramai anziana che, però, lascia ancora la porta socchiusa sperando che Dani faccia ritorno.
Unico difetto che poteva essere facilmente evitato è il non aver modificato l’aspetto dei personaggi durante gli anni che trascorrono dal trasferimento dalla tenuta al ritorno di Dani a casa Bly. Tra i due eventi passano una decina di anni che non si intravedono nei visi di nessuno di loro. Nessuna ruga in più, nessun taglio di capelli differente. Un piccolo scivolone che rende meno realistica la puntata, ma che sicuramente non intacca la visione.
Finale agrodolce si diceva, ma che ha lasciato in molti qualche perplessità. Non sulla trama – ogni dubbio è stato risolto – ma sulla scelta di cambiare rotta rispetto alla precedente stagione che puntava sulla scelta di utilizzare tutti i classici escamotage horror. Per apprezzare appieno il lavoro che Flanagan e i vari registi e sceneggiatori hanno proposto c’è bisogno di fare un passo indietro e abbracciare la visione più ampia dell’horror stesso. The Haunting Of Bly Manor si rifà a tutto quel filone gotico – caro più alla letteratura che al cinema – che utilizza con parsimonia gli elementi sovrannaturali a favore di un’ambientazione tetra in cui la protagonista è una casa solo all’apparenza accogliente che al calare della notte acquista tutt’altro aspetto, con fantasmi sotto i letti e dentro gli armadi. Sono la ricostruzione scenica assieme ad una sceneggiatura ben elaborata a rendere la seconda stagione non meno bella della prima.
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.