The Sons of Sam: A Descent Into DarknessTEMPO DI LETTURA 6 min

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The Sons Of Sam: A Descent Into Darkness recensioneQuesta recensione inizia con una considerazione estratta direttamente dalla docuserie che vuole recensire: le persone sono molto appassionate alle storie riguardanti i serial killer. Per questo motivo, negli anni ’70/80/90 i giornali dedicavano edizioni intere a queste persone e, per lo stesso motivo, i grandi colossi della televisione contemporanea producono un gran numero di docuserie che rianalizzano e approfondiscono (svelando a volte anche nuovi elementi) le storie più o meno note di omicidi seriali, a volte irrisolti. Netflix, in particolar modo, si sta concentrando molto in questo tipo di prodotti: ad esempio, Night Stalker parla del serial killer californiano Richard Ramirez, mentre Conversations With A Killer si concentra su uno dei killer più celebri della storia, ossia Ted Bundy. Dato che i film, le serie e le docuserie a tema serial killer sono oramai presenti massicciamente nel mercato da molto tempo, non è più sufficiente raccontare gli omicidi, la caccia all’uomo e l’eventuale cattura. Al contrario, è necessario fornire nuove interpretazioni, nuove prospettive, elementi esclusivi che arricchiscono la conoscenza pregressa del pubblico. La docuserie oggetto di questa recensione, The Sons of Sam: A Descent into Darkness, si inserisce esattamente all’interno di questo discorso, anche se il risultato non è stato esattamente quello desiderato in origine. Per garantire maggiore leggibilità, in questo articolo a volte il titolo sarà riportato semplicemente come Sons of Sam.

L’INDIZIO PRINCIPALE È NEL TITOLO 


The Sons of Sam: A Descent Into Darkness è una docuserie di quattro episodi prodotta da Netflix e disponibile sulla piattaforma streaming a partire da maggio. Il prodotto è stato creato e diretto da Joshua Zeman (Cropsey, The Station Agent); il cast è composto quasi esclusivamente dai veri protagonisti della vicenda narrata in queste puntate. L’unica eccezione è rappresentata dal giornalista investigativo Maury Terry (che, come si vedrà, può essere considerato il vero protagonista dello show), morto nel 2015. A dargli voce è stato scelto Paul Giamatti (vincitore di due Golden Globes per le sue performance in John Adams e La Versione di Barney, nonché protagonista della serie Billions). Giamatti, nel corso degli episodi, legge gli scritti, gli appunti e i diari dello stesso Maury Terry, che sono stati ottenuti da Zeman dopo la morte del giornalista. Questo elemento è cruciale per comprendere il senso e lo spirito dello show: non si tratta di una narrazione ufficiale dei fatti di cronaca, ma di un’interpretazione (mai del tutto confermata) ad opera di un giornalista che ha svolto decenni di indagini. Questa chiave di lettura è evidente sin dal titolo. La docuserie, infatti, parla dei 6 omicidi (e 7 tentati omicidi) compiuti a New York nel 1976 e nel 1977 da David Berkowitz, noto come Il Figlio di Sam (The Son of Sam). Il titolo, però, contiene la parola Sons nella sua declinazione plurale. Questo elemento è il punto di partenza dell’intera serie: secondo Maury Terry, Berkowitz non ha agito da solo, ma era parte di un gruppo più ampio connesso ad una vasta rete satanista, presente in tutti gli Stati Uniti.
Questa chiave di lettura non è immediatamente svelata. Nel primo episodio, infatti, la narrazione ripercorre in modo lineare gli omicidi e la caccia all’uomo che ha portato all’arresto di Berkowitz, tradito – come altri serial killer, tra cui l’italiano Donato Bilancia – da un’infrazione del codice della strada. Inoltre, particolarmente apprezzabile è stato il focus sul modo in cui i giornali e gli altri media cavalcano la paura della popolazione e spettacolarizzano delle vicende tragiche. Nella prima ora di visione, dunque, Sons Of Sam sembrava un prodotto abbastanza tradizionale. Il cambio di passo si ha proprio alla fine del pilot, quando la voce narrante (ossia Giamatti che legge gli appunti di Maury Terry) parla per la prima volta del coinvolgimento di John ‘Wheaties’ Carr, vicino di casa di Berkowitz e figlio di un uomo di nome Sam. Da quel momento in poi, il focus della serie si è spostato sulla decennale indagine di Maury Terry e sull’ascesa e discesa del giornalista investigativo.

UNA SERIE SULLA DISCESA AGLI INFERI DEL SUO VERO PROTAGONISTA


David Berkowitz è il figlio di Sam. Eppure, il protagonista non è Berkowitz, e al centro dello show non ci sono gli omicidi e i potenziali complici di Berkowitz. Come emerge chiaramente nell’ultimo episodio, Sons Of Sam è uno show che descrive la discesa negli inferi di Maury Terry, un uomo perbene che diventa ossessionato da un caso di cronaca e finisce per perdere tutto a causa di questa ossessione. Le prime intuizioni di Terry sono plausibili e verosimili (si pensi al fatto che, nell’omicidio di Stacey Moskowitz, Berkowitz fosse effettivamente a qualche miglio di distanza): non è da escludere che Berkowitz avesse dei complici, e la setta satanica dell’Untermeyer Park esisteva davvero. Tuttavia, a un certo punto, Terry non è più riuscito a fermarsi, tutto diventava connesso a una cospirazione più grande, a una grande rete satanica che va da Charles Manson alla londinese Chiesa del Processo. La perdita progressiva di contatto con la realtà (e i fatti) da parte di Terry viene mostrata tramite due canali. Il primo è la partecipazione a programmi televisivi sempre più inclini a spettacolarizzare la vicenda e a cavalcare l’onda del moral panic sul satanismo che ha caratterizzato l’America degli anni Ottanta. Il secondo, invece, riguarda le due interviste esclusive con Berkowitz. Terry avrebbe potuto sfruttare queste due occasioni uniche per ottenere informazioni chiare e circoscritte agli ambiti che riguardavano effettivamente gli omicidi di Berkowitz. Al contrario, Terry ha deciso di parlare anche di omicidi in North Dakota e in California, di Manson e di molte altre questioni, perdendo di credibilità agli occhi del pubblico e anche di molti suoi colleghi. Per di più, le interviste di Terry sono state caratterizzate dal cosiddetto leading: è il giornalista a spingere l’intervistato a rispondere in un certo modo (ad esempio, Terry fa un’affermazione e chiede a Berkowitz di confermarla. In questo modo, è Terry a citare determinati elementi, non Berkowitz. Questa tattica scredita il valore di un’intervista). Terry finirà i suoi giorni screditato, solo, malato e alla costante ricerca di nuovi indizi.
Il difetto principale di questa docuserie è che si scopre solo nella seconda fase dell’ultima puntata che è la discesa di Maury Terry ad essere al centro dello show. Concentrarsi sull’ossessione del giornalista è sicuramente uno spunto interessante, ma fa perdere di valore agli episodi 2 e 3. In quelle due puntate, infatti, la narrazione si è incentrata sull’approfondimento di tutte le teorie di Maury, con digressioni anche abbastanza lunghe su specifici gruppi come la Chiesa del Processo. Il risultato non è stato soddisfacente, soprattutto perché – come detto poco fa – la fondatezza di queste teorie è spesso in forte dubbio. Inoltre, le sezioni dedicate ai movimenti satanici sono state piuttosto didascaliche, prive di particolari spunti di interesse. In tutte le puntate, inoltre, si è notata una certa tendenza alla ripetizione – in alcuni casi molto esagerata ed ossessiva – delle stesse informazioni e degli stessi concetti. Forse si voleva ricreare lo spettatore il senso di pervasività che il caso Berkowitz aveva nella testa di Maury Terry. Nel concreto, però, la sensazione è che 4 puntate da 60 minuti sono state eccessive per un prodotto come The Sons Of Sam: A Descent Into Darkness.

… THEM ALL!


Hello From
The Gutters 1×01
Catch .44 1×02
The Ultimate
Evil 1×03
Rabbit Hole 1×04

 

Sons Of Sam è una docuserie che dovrebbe parlare degli omicidi compiuti da David Berkowitz, e invece cerca anche di narrare la spirale ossessiva nella quale piomba un giornalista che voleva semplicemente scoprire la verità. Intento lodevole, peccato che ce ne si accorga negli ultimi 30 minuti dell’ultima puntata.

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Romano, studente di scienze politiche, appassionato di serie tv crime. Più il mistero è intricato, meglio è. Cerco di dimenticare di essere anche tifoso della Roma.

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