The Walking Dead 6×13 – The Same BoatTEMPO DI LETTURA 8 min

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Those things’ll kill you.
They’re already have. 
I’m a dead woman walking.
Which put us in exactly the same boat.

Diciamolo subito: alla fine è arrivato l’episodio che potenzialmente temevamo di più, specialmente dopo i recenti “botti” regalatici in “Not Tomorrow Yet” e, più in generale, in questa seconda parte di mid-season tutto sommato adrenalinica o comunque convincente. Il nostro personale entusiasmo però è stato sempre frenato dalla ciclicità narrativa tradizionale dello show, troppo spesso colpevole dell’incapacità di saper gestire a dovere (leggi: in maniera coinvolgente e non soporifera) la cosiddetta “quiete dopo la tempesta”. Prima o poi, nelle ormai tipiche elucubrazioni esistenziali e filosofiche sulla durezza della vita in questo mondo post-apocalittico, ci dovevano ricadere, ne eravamo certi e non siamo stati smentiti. Eppure, a seconda del grado di attaccamento che potete avere per lo show, non saltate subito a facili conclusioni perché “The Same Boat” riesce nel nobile intento di non risultare né fastidiosamente auto-referenziale, né quantomeno inutile ai fini della trama generale (anzi…), e soprattutto affatto noiosa.

You wanna think we’re just the same? Go ahead. You’re wrong.

Tutta la prima parte di quest’insolito episodio al “femminile” può essere riassunta con le parole sprezzanti che Paula rivolge a Carol. Nella quasi totalità dello scontro verbale tra le Saviors e le loro prigioniere, si respira l’aria “vissuta” e superiore che il trio vuole infondere alle protagoniste, per capire, probabilmente solo alla fine e praticamente in punto di morte, che in realtà tanto “uguali” lo sono eccome. Come fa presagire Molly e come abbiamo riportato ad inizio recensione (e, potremmo aggiungere maliziosamente, come gli autori ci ripetono fin dalla prima stagione), checché ne possa pensare Paula, sono tutte sulla “same boat”, sono tutte “dead woman walking”. Tanto che perfino i loro background personali si assomigliano, visto il monologo della rossa sul suo passato da segretaria, stereotipo di donna al completo servizio del “maschio alfa”, adesso invece forte e con un ruolo dominante nella società distopica messa in scena; esattamente come Carol, una volta moglie succube e madre devota e ora l’incarnazione del character “badass”. Stesso principio dicasi per MiChelle (interpretata dalla Jeananne Goossen già ammirata in tanti ruoli secondari e non, in altrettante serie tv) e il suo confronto faccia a faccia con Maggie, in cui svela il nome del padre tatuato sul braccio e il rammarico per la perdita del fidanzato (in questo caso morto davvero) che conosceva appena, così vicina quindi all’affezione per il defunto Hershel della compagna di Glenn.
Insomma, il Nuovo Mondo profetizzato da Rick sembra essere ospitato dalle stesse anime sperdute a cui lo show ci ha abituato per l’intero arco delle sue sei stagioni.La domanda che allora sorge spontanea, più che altro nei termini dell’economia della serie, è se nel profondo esiste una reale differenza con i “villain” passati, dai Wolves ai cannibali di Terminus, fino al Governatore, tutti accomunati dallo spirito di “sopravvivenza” e dall’atrocità con la quale viene perseguita. I risultati schiaccianti dell’ennesima “vittoria” della fazione dei protagonisti dovrebbe far vertere il giudizio verso un responso decisamente negativo: anche stavolta vediamo infatti Paula credere di poter anticipare le mosse di Rick, di avere in scacco le due prigioniere e di riuscire a battere gli avversari, per poi subire una fragorosa (e forzata?) sconfitta. Messa così, niente di nuovo quindi, per quello che potrebbe essere un fastidioso difetto, e invece sta proprio qui, paradossalmente, il più grande e suggestivo pregio “nascosto” di “Same Boat” e di tutto questo mini-ciclo contro i Saviors: chi cambia non sono i villain, ancora perdenti, ma gli stessi protagonisti e in maniera più inquietante e spaventosa che mai.

You’re not the good guys.

O, a seconda delle preferenze, potremmo anche scegliere: “Your people are killers, Carol. That makes you a killer“; il risultato (e il senso) comunque non cambia, i “nostri” hanno intrapreso una strada da cui sembra difficile tornare indietro. Molti obietteranno che è così almeno dalla conclusione della battaglia con il Governatore o addirittura dall’avvento della “Ricktocracy”, delineando in questo modo un filo comune che va avanti da svariate stagioni, e in fondo non sbaglierebbero. Il rischio ripetizione, in tutta quest’operazione “kill them all” c’è tutta e risulta difficile negarlo, così come lo sono i vari escamotage narrativi che la contraddistinguono, vedi la cattura di alcuni protagonisti, Carol che finge di essere un’innocente e innocua madre di famiglia, le frasi da “duri” dei cattivi e i già citati “pipponi” e infine i “nostri” che al solito si dimostrano più furbi e spietati degli avversari. L’assenza di novità, come detto, potrebbe dominare se non rovinare la visione dell’episodio, eppure la sensazione, fortissima, è che per una volta questa sia oltremodo consapevole, messa lì per contrasto affinché lo spettatore sposti tutta la propria attenzione sull’operato dei personaggi principali, in maniera decisamente più marcata che nel passato.
Tutto, le parole e le azioni dei personaggi fino allo stesso occhio registico, sembrano urlare all’abbandono di qualsiasi scrupolo morale: dal nietzschiano “God is dead” scritto sul cartello che dovrebbe introdurre al lugubre e “sporco” edificio; al rosario usato da Carol sia per confondere le altre donne sulla sua reale natura sia per liberarsi del nastro adesivo. Il confronto con i “Negans”, o Saviors se preferite, diventa così utile a segnare il percorso nichilista dei protagonisti che in qualche modo ne prendono l’eredità. Paula si dice esser stata costretta infatti a compiere cose ignobili pur di sopravvivere. Non si può forse dire lo stesso per le pur sconvolte Carol e Maggie, così come per l’intero gruppo protagonista? I Saviors appaiono così come quello che aspetta Rick & co. se persistono a continuare su questa strada (e d’altronde con l’accordo con la comunità di Jesus, sembrano già ben avviati a sostituirli), rappresentando anche una svolta meta-televisiva di tutto rispetto (non potrebbero essere i Saviors i protagonisti se solo il “narratore” onnisciente della macchina da presa avesse deciso di seguire loro anziché Rick?). La sostanziale, ma a questo punto importantissima differenza, allora, potrebbe ritrovarsi proprio nel disgusto provato ed espresso dalle due donne una volta ricongiuntesi con i compagni. Come già si avvertiva nell’esitazione provata da Glenn e gli altri, nell’incursione notturna in stile “notte dei lunghi coltelli“, tutto il gruppo sembra essere arrivato allo stremo, al limite della propria integrità ed è esattamente tale atto di coscienza che potrebbe quindi “salvarli” dal cammino oscuro che stanno ormai intraprendendo e che potrebbe trasformarli nei veri “cattivi” dello show.

We’re all Negan.

Chi scrive non conosce il fumetto, eppure non ha minimamente abboccato alle affermazioni dei Saviors sull’identità di Negan (e ai depistaggi degli autori), almeno nel loro senso letterale. Se non fosse per internet, i link di Facebook e per l’annunciato casting di Jeffrey Dean Morgan (ora impegnato in altri lidi) su tutte le piattaforme possibili, Negan non sarebbe infatti il personaggio “reale” e sicuramente “fisico” così tanto atteso da almeno due stagioni, anche da chi non ne sa nulla al riguardo. Gli ingenui deliri dei suoi seguaci, quindi, non possono che essere interpretati come un colpo di scena interessante se non suggestivo, ma che non vedrà mai la sua effettiva realizzazione. La trama orizzontale, perciò, non sembra affatto esser finita qui, come può tra l’altro far intuire l’estrema linearità dell’attacco ai Saviors, contando anche l’ultimo intoppo di quest’episodio. Negan arriverà, malgrado ci vogliano far credere il contrario ma, come detto, la bravura (ammettiamolo) degli autori è l’aver spostato l’attenzione totalmente sui “nostri”, lasciando quasi passare in secondo piano la prossima entrata in scena dell’acclamato personaggio. La scelta sembra invece esser stata quella di privilegiare lo scatenare il dubbio “morale” sui protagonisti (in maniera forse fin troppo graduale, va detto anche questo, se non eccessivamente ridondante) che appare adesso più che spaventoso: è infatti davvero Negan (insieme a tutti i suoi predecessori) il villain dello show, oppure non ce ne siamo accorti e i “cattivi” li abbiamo avuti davanti per tutto questo tempo?

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Paula, su tutte le Saviors 
  • La messa in scena comunque sempre alta dello show (vedi i dettagli sul rosario di Carol, in contrapposizione col suo reale utilizzo)
  • A questo giro sì, anche i “pipponi” 
  • La dualità apparente tra le due fazioni e, invece, l’uguaglianza “nascosta” 
  • Dopo le diverse e numerose dimostrazioni di “cattiveria” dei protagonisti, forse stiamo arrivando al punto 
  • Sono Rick & co. i “nuovi” Saviors? 
  • Le diverse e numerose dimostrazioni di “cattiveria” dei protagonisti che ci siamo dovuti sorbire per arrivare al punto 
  • Le Saviors che “se ne vanno a spasso”, il tempo utile per permettere a Maggie e Carol di liberarsi 
  • L’assenza di novità generale, per quanto funzionale  

 

Tornano le elucubrazione esistenziali che in altre occasioni ci hanno tanto fatto “odiare” affettuosamente The Walking Dead e fatto gridare alla sua potenzialità inespressa. Eppure, per quanto a primo acchito la tentazione di riservare agli autori lo stesso destino dei “Saviors” potesse essere intrigante, per una volta preferiamo “salvarli” per aver adoperato il loro gusto filosofico al servizio dell’evoluzione dei personaggi. “The Same Boat” si trova così più che arricchito, dimostrandosi insospettabilmente cruciale per il percorso di Rick & co. arrivati ora come non mai al proprio personale punto di non ritorno.

 

Not Tomorrow Yet 6×12 12.82 milioni – 6.1 rating
The Same Boat 6×13 12.53 milioni – 6.0 rating

 

 

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