Nonostante un undicesimo episodio degno di nota, che aveva aperto al meglio la seconda metà di stagione, questa puntata conferma che con il passaggio da 10 a 20 episodi stagionali Vikings ha perso gran parte della sua freschezza, non riuscendo più a risollevarsi completamente.
Infatti, anche in presenza di eventi importanti per l’avanzamento della trama orizzontale, la loro pessima gestione e la lentezza che li ha contraddistinti danno allo spettatore la sensazione che la volontà degli autori sia quella di allungare il brodo il più possibile, riservando scontri e colpi di scena per l’attesissimo finale.
Una scelta, seppur comprensibile, che sta penalizzando oltremodo questo segmento centrale della seconda parte della sesta stagione: per ora le puntate sono lente e di scarso interesse, con pochi risvolti di trama degni di tal nome inclusi in una marea di situazioni inutili e eccessivi sentimentalismi, che si potevano benissimo evitare.
LA CADUTA DI OLEG
Che il Profeta avesse perso parte del suo status quo dopo la sconfitta a Kattegat era evidente, tuttavia la caduta di Oleg appare veramente troppo improvvisa e repentina, visto che Dirt, Katia e Igor riescono a impadronirsi di Kiev senza colpo ferire, con l’armata, poco prima fedele a Oleg, che spontaneamente si arrende senza opporre la minima resistenza, per una battaglia all’ultimo sangue tra i Rus che gli spettatori avrebbero visto ben volentieri.
Fugati i dubbi sul comportamento di Katia in “All Change“, il principe regnante viene prima tradito e poi destituito come un sempliciotto qualsiasi, nonostante avesse sempre dimostrato una scaltrezza politica non indifferente, uno degli elementi principali che contraddistinguevano il character.
Anche se sono splendidi i momenti in cui The Prophet immagina la sua crocefissione, a conferma che l’elemento mistico rimane una delle caratteristiche più interessanti di Vikings, la sua morte per mano di Igor e relativa perdita del trono risultano essere molto tirate, quasi a voler concludere il prima possibile la porzione di trama dedicata ai Variaghi, situazione resa evidente dal finale di puntata.
Infatti Ivar e Hvitserk decidono di lasciare Kiev e tornare a Kattegat, per reclamare i proprio diritti in quanto figli di Ragnar e non può che essere una buona notizia per la serie, che sicuramente non si poteva concludere senza una resa dei conti definitiva su chi debba legittimamente regnare tra i Norreni, Harald permettendo.
GROENLANDIA? PEGGIO DELL’ISLANDA
Si è perso il conto della volte in cui si è affermato che le vicende islandesi rappresentino la parte peggiore dello show di casa History, ma Micheal Hirst a quanto pare ha deciso di superarsi, facendo peggio con la scoperta e colonizzazione della Groenlandia da parte di Ubbe e soci.
Infatti tutta la storyline tra l’ennesima smania di potere di Kjetill, balene che sbucano dal nulla e dialoghi al limite dell’inverosimile, risulta veramente imbarazzante, tanto da chiudersi, almeno apparentemente, già in questo quindicesimo episodio con la fuga di gran parte dei coloni dall’isola.
A cosa è servita questa parentesi narrativa? Veramente a niente, salvo uccidere l’ennesimo figlio di Torvi – in una scena anche affascinante, insieme alla successiva apparizione del veggente a Ubbe – ma complessivamente quando si parla di colonizzare isole deserte, sembra che Vikings soffra enormemente a livello narrativo, tirando fuori il peggio della serie.
GUNNHILD
La morte di Gunnhild, personaggio di cui si parla nella saghe islandesi anche se non vi sono certezze sulla sua reale esistenza, rappresenta un’arma a doppio taglio per la serie: se da una parte la sua scelta di non sposare Harald, uccidendosi e raggiungendo Bjorn nel Valhalla, è splendida, con una messa in scena che rappresenta la parte migliore dell’episodio, dall’altra in questo modo se ne va un altro personaggio interessante e già ve ne sono rimasti pochi.
Nonostante la shield-maiden sia stata poco utilizzata, il personaggio interpretato dalla splendida attrice islandese Ragga Ragnars, ex nuotatrice olimpionica tra l’altro, poteva in parte sopperire al vuoto creatosi per quanto riguarda i personaggi femminili forti di Vikings, che sin dalla prima stagione sono stati fondamentali, visto che Ingrid è ben lontana dall’essere un character minimamente interessante.
Ma come evidenziato dallo splendido monologo di Gunnhild davanti alla tomba del marito, la golden age dei Vichinghi è ormai terminata con la morte dei grandi eroi e i personaggi che sono rimasti sembrano adeguarsi alla fine di tale era, non essendo ormai all’altezza.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Un episodio fortemente deludente per Vikings, con tante ombre e ben poco da apprezzare, che si salva in calcio d’angolo verso una sufficienza molto risicata solo grazie agli evidenti avanzamenti di trama e qualche scena dedicata a Gunnhild. Giunti a poche puntate dal termine, è lecito aspettarsi molto di più ma al momento la delusione è tanta. Non resta che sperare negli ultimi episodi.
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Venera due antiche divinità: Sergio Leone e Gian Maria Volontè.
Lostiano intransigente, zerocalcariano, il suo spirito guida è un mix tra Alessandro Barbero e Franco Battiato.