“Things change all the time, and they should, ‘cause they have to. Same with people. Sometimes we get a bit scared ‘cause… new can be scary right?”
Inutile far riferimento a come spesso e volentieri gli sceneggiatori di Doctor Who (Moffat era un maestro in questo senso) parlino attraverso i loro personaggi. Chibnall alla fine delle precedente stagione l’aveva fatta grossa e ora dovrà fare i conti con il “nuovo” che ha introdotto in uno show così antico.
E, per citare Ryan, il nuovo può far paura, giusto?
PRESENTE
Un’avventura contro i Dalek, in diretta continuità con lo speciale di capodanno del 2019 (sì, sono già passati due anni), è utile per continuare a tessere una continuità nella storia tracciata da Chibnall in due stagioni e due speciali. L’aggiunta del bravissimo Chris Noth come villain “più leggero” contribuisce proprio a fissare dei punti dell’universo creato dall’attuale showrunner.
Rispetto a due anni fa, però, è sicuramente da apprezzare la dimensione meno “intimista” e più classicamente apocalittica dell’approccio con il Dalek. Diversi elementi pescati qui e lì da “Revolution Of The Daleks” lasciano intendere come l’episodio si muova su più piani: nello spazio (la prigione intergalattica, il Time Vortex da cui vengono chiamati i Dalek, la Terra), nel tempo (sempre la prigione, sempre il Time Vortex, gli sfasamenti temporali tra il Dottore e i companion), tra le dimensioni (la chicca della citazione del void in cui viene accartocciato il Tardis di riserva).
Croce e delizia dell’episodio è il ritmo e la sua scansione. Se il finale è in netto crescendo, gestito in maniera sapiente, una piccola obiezione la si può muovere alla “preparazione” di tutta la trama. Si è a ridosso della tredicesima stagione, tanto di DW è già stato mostrato, tutta l’introduzione con Leo (un felicemente ritrovato Nathan Stewart-Jarrett) e Robertson ed il futuro primo ministro è un qualcosa che fa sogghignare lo spettatore, ormai abituato da tempi immemori all’impostazione di un’invasione Dalek.
Verrebbe poi da chiedersi perché sulla Terra nessuno ha memoria alcuna dei Dalek (che qualche volta ci sono passati) e li si accetti così tranquillamente, come semplici gadget.
PASSATO
Apprezzabile tendenza già iniziata con la precedente stagione: Chibnall dimostra di non rinnegare il passato.
Jack Harkness è la guest star più prestigiosa, senza ombra di dubbio. Il suo reinserimento è elegantemente fan-service. Palesemente utile a rendere più accattivante l’episodio, ulteriormente utile a unificare l’intero universo narrativo, funzionale a creare una connessione tra companion d’epoca e companion nuovi (il dialogo con Yaz è uno dei momenti più alti), funzionalissimo a strizzare l’occhio allo spettatore. Citare Rose, la sua “prima morte”, addirittura Gwen Cooper (protagonista dello spin-off Torchwood) sono moniti di Chibnall che ricorda allo spettatore: “ehi, stai guardando sempre lo stesso show”.
Da aggiungere alla sfilata amarcord anche i compagni di carcere del Dottore: dal recente Pting, al weeping angel, fino agli Ood e al Silence di cui il Dottore si dimentica appena si gira.
FUTURO
E adesso? Sicuramente non esattamente da strapparsi i capelli l’addio di Ryan e Graham. Apprezzabile anzi la convergenza d’importanza che avviene su Yaz, la cui rilevanza è andata in progressiva crescita già dalla scorsa stagione.
Ciò per cui è legittimo sfregarsi le mani, al di là del potenziale ritorno al mono-companion, è sicuramente la ricerca interiore e non dell’identità del Dottore. La scelta di cui sopra sull’identità del/della protagonista può dare vita a colpi di scena ulteriori, oltre che ad un potenziale praticamente infinito di vecchie incarnazioni del Dottore su cui attingere. Bisognerà vedere in quest’ottica come si collocherà la nuova distruzione di Gallifrey e se ci potrà essere un qualche passo indietro, se non altro per avere una qualche risposta in più su chi sia effettivamente il Dottore e da dove venga.
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Chibnall ha raggiunto un obiettivo non scontatissimo dopo uno speciale: creare un minimo di hype per la prossima stagione.
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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.