Servant 1×03 – EelTEMPO DI LETTURA 3 min

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Il terzo episodio della nuova serie horror prodotta da M. Night Shyamalan e Tony Basgallop, cerca di scavare nel passato della misteriosa Leanne Grayson, per capire quali siano le sue intenzioni con la famiglia Turner.
Il personaggio di Leanne è reso magistralmente dall’interpretazione di Nell Tiger Free, attrice ventenne nota al piccolo schermo per aver vestito i panni di Myrcella Baratheon nella quinta e sesta stagione di “Game Of Thrones” e di Janey Carter in “Too Old To Die Young”. La Free conquista con la sua bellezza semplice ed eterea, ma allo stesso tempo criptica e glaciale, con i suoi sguardi indagatori e soppesati, con le sue parole confortanti, ma quasi prive di anima e cuore. Non siamo ancora riusciti a decifrare la giovane donna e, soprattutto, non sappiamo nulla della sua vita prima di aver bussato alla porta dei Turner.
Un esempio lampante del buio nel quale brancolano gli spettatori, è la scena dell’anguilla portata a casa da Sean e dal suo aiuto cuoco, Tobe: l’inquietante sequenza dell’uccisione e svisceramento del pesce rappresenta una perfetta fusione tra musica, fotografia ed inquadrature, le quali sono in grado di creare un’atmosfera pesante e di angoscia. Leanne, infatti, reagisce male alla tortura del povero animale e, per un attimo, la sua maschera cade. I suoi scheletri nell’armadio cominciano a fuoriuscire e la ragazza è sopraffatta da una situazione più grande di lei, che non riesce a gestire. Sean, dunque, si rende conto che Leanne nasconde molto più di quanto voglia far credere e decide di indagare, con l’aiuto del cognato e di un investigatore privato. Ciò che gli uomini scopriranno, getterà ancora più ombre e dubbi sulla figura di Leanne: una casa, apparentemente della famiglia Grayson, completamente distrutta da un incendio e lo strano oggetto a forma di croce, che sembra riaffiorare come un presagio nefasto.
Il mistero, inoltre, si infittisce quando Dorothy e Sean decidono di concedersi una serata romantica e Leanne rimane a casa da sola. La giovane donna sembra quasi trasformarsi nella padrona di casa, indossa i suoi gioielli e il suo rossetto, provocando maliziosamente prima Tobe e poi Julian.
L’enigma che avvolge questo personaggio è uno dei punti di forza di Servant, che avanza a piccoli passi, senza svelare troppo e stuzzica lo spettatore con rari spiragli di verità. Un tassello alla volta, si cerca di completare il puzzle per capire se Leanne sia semplicemente vittima di traumi passati, o celi qualcosa di malefico dentro di sé. Anche per questo episodio la regia di Daniel Sackheim è oscura e soffocante, metafora dell’abisso nel quale la famiglia Turner sta sprofondando sempre di più. Il regista sembra quasi un allievo perfetto di Shyamalan, che anche questa volta cede il testimone, ma lo stile rimane pressoché invariato: non troppi dialoghi ma importanza delle immagini e delle inquadrature, così come della colonna sonora che accompagna, con passo lento, lo sviluppo della storia.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Sequenza dell’uccisione dell’anguilla
  • Interpretazione di Nell Tiger Free
  • Regia, fotografia e colonna sonora perfettamente unite assieme
  • Pochi e rari indizi che stuzzicano lo spettatore
  • Forse trenta minuti cominciano ad essere pochi per riuscire a seguire bene tutta la trama

 

Giunti al terzo episodio, possiamo tranquillamente affermare che Apple+ TV ha azzeccato la scelta del suo show di punta. Una serie horror che avanza lentamente, senza rivelare troppo ma, soprattutto, senza eccedere troppo. Tutto per adesso sembra funzionare: dal regista, alla sceneggiatura, al lavoro svolto dagli attori. Dal quarto episodio la serie diventa a cadenza settimanale, anche se, curiosi come siamo, vorremmo passare direttamente alla risoluzione dell’enigma dietro alla figura di Leanne.

 

Wood  1×02 ND milioni – ND rating
Eel  1×03 ND milioni – ND rating

 

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Se volete entrare nelle sue grazie, non dovete offendere: Buffy The Vampire Slayer, Harry Potter, la Juventus. In alternativa, offritele un Long Island. La prima Milf di Recenserie, ma guai a chiamarla mammina pancina.

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