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Giunti al termine della terza stagione dei Medici, che a quanto pare è anche quella conclusiva nonostante ci sia ancora tanto da dire su una delle famiglie più importanti del Rinascimento italiano, arriva il momento di tirare le somme e giudicare il prodotto nella sua completezza.
Purtroppo, l’imponente co-produzione anglo-italiana si è rivelata fino all’ultimo un “ibrido” tra le ineccepibili rievocazioni in costume anglosassoni e la solita fiction pecoreccia di casa nostra, con dialoghi a volte atroci, una narrazione a volte fin troppo finta e forzata e delle prove recitative degne de “Gli occhi del cuore” di borisiana memoria. Eppure, il fatto che si sia cercati di andare oltre il classico polpettone agiografico-biografico che solitamente la Rai rifila ai suoi spettatori è già qualcosa di apprezzabile e solo il tempo dirà se la lezione è stata appresa dalle alte sfere della nostra televisione. Di certo la storia italiana è così piena di vicende intriganti da narrare che si potrebbero ricavare centinaia di Spartacus, di Game of Thrones e, perché no, anche la versione meridionale di Vikings sui normanni.
Purtroppo, l’imponente co-produzione anglo-italiana si è rivelata fino all’ultimo un “ibrido” tra le ineccepibili rievocazioni in costume anglosassoni e la solita fiction pecoreccia di casa nostra, con dialoghi a volte atroci, una narrazione a volte fin troppo finta e forzata e delle prove recitative degne de “Gli occhi del cuore” di borisiana memoria. Eppure, il fatto che si sia cercati di andare oltre il classico polpettone agiografico-biografico che solitamente la Rai rifila ai suoi spettatori è già qualcosa di apprezzabile e solo il tempo dirà se la lezione è stata appresa dalle alte sfere della nostra televisione. Di certo la storia italiana è così piena di vicende intriganti da narrare che si potrebbero ricavare centinaia di Spartacus, di Game of Thrones e, perché no, anche la versione meridionale di Vikings sui normanni.
Ma qui si rischia di divagare. Tornando ai Medici e alle ultime due puntate, potrebbero essere riassunte in un’unica parola: declino. L’ingegno e la spregiudicatezza di Lorenzo, capace di tener testa e aver ragione di avversari del calibro dei Pazzi, di Girolamo Riario, di papa Sisto IV e del suo successore Innocenzo VIII, non bastano più quando l’attacco è condotto dal più feroce oppositore della dinastia fiorentina, quel frate Girolamo Savonarola che la storia ricorda come profeta dal sapore veterotestamentario e sostenitore di una rigida teocrazia, mentre la serie anglo-italiana si è accontentata di farne un religioso che schiamazza come una vecchia bizzoca invocando la rovina della casa medicea perché ruba soldi allo Stato e celebra la bellezza.
La bellezza, già… in più di un’occasione I Medici sembra soltanto una gigantesca marchetta alle ricchezze artistiche e culturali dell’Italia e l’inserimento random di figure come Leonardo da Vinci, Michelangelo Buonarroti e Niccolò Machiavelli, gestiti in maniera tale da non dare il minimo apporta alla trama, sembra confermare questa impressione. Persino Botticelli, che pure ha un rapporto profondo con Lorenzo e la famiglia medicea, a tratti sembra inserito solo come nota di colore e nulla di più.
Va un po’ meglio quando gli autori si ricordano che stanno scrivendo una storia, non un gigantesco spot sulla Primavera e sul David, ma anche qui i limiti della serie anglo-italiana appaiono palesi. Non è una questione di fedeltà storica, ma di qualità della scrittura. Pensiamo al rapporto tra Lorenzo e Piero che si delinea nelle battute finali della stagione: va più che bene introdurre contrasti fra i due, per rendere ancor più intensamente drammatica la narrazione, ma qui si vira verso le dinamiche trite e ritrite del padre assente e poco fiducioso nei confronti del figlio, che a sua volta è desideroso di dimostrare al genitore quanto valga e di andargli anche contro, se necessario. Immancabile, poi, la riconciliazione finale tra i due, un tocco di lacrimosa stucchevolezza per l’atto conclusivo. Così come fa sorridere vedere Lorenzo, politico spregiudicato e pronto a tutto per il bene della famiglia, farsi prendere da improvvisi scrupoli morali dopo una banale chiacchierata col nipote Giulio (che nel giro di pochi episodi si è trasformato da ragazzino assetato di vendetta a santo) e salvare la vita a Savonarola pur sapendo a quali conseguenze condannerà la famiglia. E’ vero che bisognava rispettare il dato storico e salvare in qualche modo il frate, ma è possibile che gli sceneggiatori non hanno saputo trovare modi un tantino più credibili e meno forzati per raggiungere i loro obiettivi?
Non mancano ovviamente momenti di maggiore caratura artistica e drammatica, a riprova dell’altalenante qualità del prodotto: la scena in cui Lorenzo rivela a Clarice il fidanzamento (o piuttosto dovremmo dire la vendita?) della figlioletta Maddalena al depravato Franceschetto Cybo, ricevendo in risposta tutto il biasimo e il disprezzo della moglie; oppure l’incontro del Magnifico con Savonarola sul letto di morte, in cui sembrano aprirsi le porte di una riconciliazione in extremis ma poi il capofamiglia mediceo ribadisce ancora una volta le proprie ragioni e i propri ideali contro il bigottismo e l’oscurantismo predicati dal frate. Purtroppo si tratta di singoli momenti in una narrazione che come al solito procede in maniera farraginosa e macchinosa, con dialoghi spesso e volentieri degni della solita fiction nostrana e non sempre capaci di valorizzare a dovere i pur convincenti interpreti.
La bellezza, già… in più di un’occasione I Medici sembra soltanto una gigantesca marchetta alle ricchezze artistiche e culturali dell’Italia e l’inserimento random di figure come Leonardo da Vinci, Michelangelo Buonarroti e Niccolò Machiavelli, gestiti in maniera tale da non dare il minimo apporta alla trama, sembra confermare questa impressione. Persino Botticelli, che pure ha un rapporto profondo con Lorenzo e la famiglia medicea, a tratti sembra inserito solo come nota di colore e nulla di più.
Va un po’ meglio quando gli autori si ricordano che stanno scrivendo una storia, non un gigantesco spot sulla Primavera e sul David, ma anche qui i limiti della serie anglo-italiana appaiono palesi. Non è una questione di fedeltà storica, ma di qualità della scrittura. Pensiamo al rapporto tra Lorenzo e Piero che si delinea nelle battute finali della stagione: va più che bene introdurre contrasti fra i due, per rendere ancor più intensamente drammatica la narrazione, ma qui si vira verso le dinamiche trite e ritrite del padre assente e poco fiducioso nei confronti del figlio, che a sua volta è desideroso di dimostrare al genitore quanto valga e di andargli anche contro, se necessario. Immancabile, poi, la riconciliazione finale tra i due, un tocco di lacrimosa stucchevolezza per l’atto conclusivo. Così come fa sorridere vedere Lorenzo, politico spregiudicato e pronto a tutto per il bene della famiglia, farsi prendere da improvvisi scrupoli morali dopo una banale chiacchierata col nipote Giulio (che nel giro di pochi episodi si è trasformato da ragazzino assetato di vendetta a santo) e salvare la vita a Savonarola pur sapendo a quali conseguenze condannerà la famiglia. E’ vero che bisognava rispettare il dato storico e salvare in qualche modo il frate, ma è possibile che gli sceneggiatori non hanno saputo trovare modi un tantino più credibili e meno forzati per raggiungere i loro obiettivi?
Non mancano ovviamente momenti di maggiore caratura artistica e drammatica, a riprova dell’altalenante qualità del prodotto: la scena in cui Lorenzo rivela a Clarice il fidanzamento (o piuttosto dovremmo dire la vendita?) della figlioletta Maddalena al depravato Franceschetto Cybo, ricevendo in risposta tutto il biasimo e il disprezzo della moglie; oppure l’incontro del Magnifico con Savonarola sul letto di morte, in cui sembrano aprirsi le porte di una riconciliazione in extremis ma poi il capofamiglia mediceo ribadisce ancora una volta le proprie ragioni e i propri ideali contro il bigottismo e l’oscurantismo predicati dal frate. Purtroppo si tratta di singoli momenti in una narrazione che come al solito procede in maniera farraginosa e macchinosa, con dialoghi spesso e volentieri degni della solita fiction nostrana e non sempre capaci di valorizzare a dovere i pur convincenti interpreti.
Nonostante ciò, dispiace che la corsa dei Medici termini qui e che non ci sia una quarta stagione all’orizzonte. La narrazione appare per forza di cose monca, interrotta, perché il destino dei vari personaggi superstiti resta sospeso e le scritte piazzate alla fine dell’episodio riguardo agli avvenimenti successivi non bastano a dare l’impressione di una chiusura perfetta del cerchio, di una conclusione soddisfacente della saga familiare. E no, piazzare le riprese della cupola del Brunelleschi poco prima dei titoli di coda, quasi a volersi riallacciare idealmente alla prima stagione, non è una trovata molto furba.
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I Medici hanno dimostrato che in Italia un’altra televisione è possibile? Nì, perché la storia nostrana è piena di coproduzioni in costume con altri paesi europei e occidentali, ma se il prodotto finale continua a essere studiato per un pubblico generalista e quindi ad abbondare di stereotipi, dialoghi scialbi e trovate poco credibili vuol dire che di strada da percorrere ce n’è ancora tanta.
Un Uomo Senza Importanza 3×06 | 3.81 milioni – 17,5% share |
Anime Perdute 3×07 | 3.41 milioni – 15,7% share |
Il Destino Della Città 3×08 | 3.41 milioni – 15.7% share |
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.