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Per chi, come il sottoscritto, ha studiato storia e si interessa notevolmente di mitologia, in particolare norrena, la visione di American Gods rappresenta una perenne eiaculazione intellettuale, quasi al pari di Vikings.
La volontà sarebbe quella di dedicare un’intera recensione per ogni divinità rappresentata, quelle vecchie si intende, per le quali partigianamente si patteggia rispetto alle nuove. Tuttavia, per evitare ulteriori prolissità, è lecito spendere giusto poche righe su “Muninn” che dà il titolo all’episodio e che, insieme a Huginn, era uno dei due corvi di Odino, i quali viaggiavano intorno al mondo per raccogliere informazioni e poi riferirle al loro padrone. Non è un caso, allora, che etimologicamente entrambi i nomi derivino dall’antica lingua norrena e significhino rispettivamente memoria e pensiero.
Ma tornando allo show di Prime Video, dopo qualche chicca narrativa, vedi i riferimenti a Gungnir (per ulteriori informazioni si consiglia caldamente la lettura dell’Edda in prosa) e Odino che parla delle imprese di Giulio Cesare, la resa scenica di questo terzo episodio appare veramente eccelsa: una maestosità visiva tale da oscurare ogni altra considerazione in merito.
Dopo il sensazionale viaggio in giostra del primo episodio, momenti come l’entrata in scena di Nuova Media e l’orgasmo tecnologico tra Argo e la stessa, rappresentano un unicum, difficilmente replicabile, nell’affollatissimo mondo seriale odierno. Ed ecco allora che, nonostante piccoli difetti di scrittura qua e là, Shadow per citare il più evidente, risulta impresa ardua parlar male di American Gods, ma quello del recensore imparziale è un duro lavoro e qualcuno deve pur farlo.
A voler essere pignoli, i nuovi Dei, nonostante un resa visiva sorprendente, sono caratterizzati da un’eccessiva componente macchiettistica, a tratti stucchevole e poco veritiera, anche se inserita nella particolarità della narrazione.
Inoltre, nonostante il flashback della puntata precedente, utile per una maggiore caratterizzazione psicologica del main character, quando la porzione di trama dedicata al signor Moon si ritrova senza Odino, la sensazione è che questa non sia all’altezza rispetto alle diverse storylines che compongono lo show. Nella serie Shadow non riesce a bucare lo schermo, risultando al di sotto della aspettative: sarà per la fantastica interpretazione di Ian McShane, che oscura il resto del cast, al quale si aggiunge una scrittura del personaggio che di sicuro non rimarrà negli annali, ma come già lamentato in passato, l’ex galeotto rappresenta ancora una delusione, narrativamente parlando.
Al contrario, invece, la signora Moon finalmente trova se stessa, per una Laura che rinsavita e ricucita, cessa definitivamente di essere la moglie di e diventa un personaggio a sé stante, sempre più legata a Mr. Wednesday e sicuramente fondamentale per l’economia della storia.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Un ottimo episodio per American Gods, con un impatto visivo tale da trasformare una puntata di transizione come tante in una vera goduria per gli occhi. Come ogni prodotto seriale, anche quello di casa Amazon ha i suoi difetti, ma di fronte a tale orgasmo visivo la valutazione non può che essere alta, rimandando però il massimo dei voti a quando Shadow finalmente diventerà un personaggio principale degno di tal nome.
The Beguiling Man 2×02 | 0.34 milioni – 0.1 rating |
Muninn 2×03 | 0.32 milioni – 0.1 rating |
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Venera due antiche divinità: Sergio Leone e Gian Maria Volontè.
Lostiano intransigente, zerocalcariano, il suo spirito guida è un mix tra Alessandro Barbero e Franco Battiato.