Non era facile riassumere un intero capitolo del romanzo di Gaiman (e che capitolo) in un unico episodio. Va dato atto agli autori di “Tears Of The Wrat-Bearing Tree” di essere riusciti a creare un ottimo episodio, coerente con il romanzo e, allo stesso tempo, efficace anche come chiusura ideale di stagione.
Una stagione che, sotto certi aspetti, ha seguito la scia della seconda per quanto riguarda l’attendismo verso l’Evento per eccellenza (la guerra fra Vecchi e Nuovi Dei) ma è riuscita a giocarsi meglio le sue carte creando storyline davvero godibili e ribaltando personaggi e situazioni note. Questo fino ad arrivare ad un cliffhanger finale che, ancora una volta, spariglia le carte lasciando lo spettatore di stucco.
TECHNICAL BOY-SHADOW MOON
“People says this is the age of technology. They’re wrong. This is the age of manipulation. Trickery is what I do best.”
Una delle intuizioni più felici di questa stagione è l’aver reso più tridimensionale il personaggio di Technical Boy (Bruce Langley), creandogli un background e una storyline a parte molto significativa.
Il character, infatti, è praticamente l’alter ego di Shadow Moon per quanto riguarda i Nuovi Dei. Questa contrapposizione fra i due era già stata resa evidente nei precedenti episodi, ma qui viene esplicata in maniera ancora più chiara. Entrambi i personaggi, infatti, sono due prescelti per guidare i rispettivi schieramenti ed entrambi finiscono per essere “sacrificati” dai rispettivi padri (Technical Boy da Mr. World e Shadow da Wednesday) proprio per questa causa.
In questo modo si fa ancora più paritario, e quindi più interessante, lo scontro fra queste due fazioni, contribuendo a rendere ancora più iconici i villain dello show. Come Mr. World (un ottimo Crispin Glover), la cui vera identità a questo punto si fa sempre più misteriosa ed emblematica.
Interessante, inoltre, la rappresentazione dell’Artefatto Uno, il simbolo del progresso umano e della tecnologia. Si tratta infatti di un chopper, il primo “strumento” inventato dall’uomo per creare il fuoco. E qui i paragoni con il mito di Prometeo si sprecano.
LAURA E BILQUIS
Fra i vari comprimari che in questo episodio si succedono, due in particolare si prendono una buona parte del minutaggio nonché la più controversa.
Laura (Emily Browning) continua nel suo ruolo di “voce della coscienza” del protagonista. Il che la rende, forse, uno dei personaggi più “antipatici” dello show. E tuttavia un character fondamentale, in quanto vero oggetto del contendere di tutta la puntata, dal momento che si tratta dell’assassina di Wednesday/Odino. Da qui il dilemma interiore, da parte di Shadow, se ucciderla o meno, vera parte centrale di tutto l’episodio. Una parte che tra l’altro sarebbe stato bello tenere in ballo più a lungo, invece che farla finire in modo un po’ troppo frettoloso.
Magari togliendo un po’ di minutaggio all’altra protagonista femminile dello show, Bilquis (Yetide Badaki), i cui deliri mistici appaiono fin troppo criptici per lo spettatore. Oltretutto, la parte finale in cui le due sono protagoniste di uno strano (e completamente senza senso ai fini della trama) sogno erotico fa pensare ad una sceneggiatura sul modello degli Occhi del Cuore, scritta per allungare il più possibile il brodo e lasciare così un “contentino” a questi due character.
UN FINALE AMAROGNOLO
Per il resto, il vero protagonista indiscusso dell’intera puntata rimane l’Albero Del Mondo, finalmente mostrato dopo ben tre stagioni. Qui Shadow dovrà passare nove giorni e nove notti per rispettare il volere del padre, soprattutto perché alla fine di questo rituale diventerà anche lui ufficialmente una divinità.
In tale scelta c’è tutto il significato di American Gods. Shadow ha da sempre accarezzato il desiderio di poter diventare un dio. Lo fa per motivi totalmente opposti a quelli del padre, ma è indubbio che un certo desiderio di rivalsa e di potere sia sempre stato presente in lui.
Con questa consapevolezza il cliffhanger finale, che rivela il vero piano di Odino, risulta ancora di più come un pugno nello stomaco per lo spettatore. Nonostante i suoi sforzi, infatti, Shadow finisce il suo percorso esattamente come l’aveva iniziato: da semplice pedina in un gioco più grande di lui.
Rimane comunque un finale molto epico, anche in questo senso, ma la sensazione di incompiutezza per la sorte del povero Shadow Moon e l’hype che un finale del genere rilascia, urlano chiaramente “quarta stagione” da tutte le scene.
Si spera che il buon Neil Gaiman riesca a convincere la produzione a dare allo show (e alla sua stessa storia) una conclusione migliore e più degna.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Finale amaro ma molto epico per la terza stagione di American Gods. Si spera, a questo punto, in un quarto ciclo che dia una conclusione degna a tutta la vicenda, soprattutto dopo la grande qualità vista in una puntata del genere.
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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!