American Horror Stories alza ancora l’asticella, utilizzando “Facelift” come emblema dell’orrore nascosto dietro la bellezza esteriore dell’essere umano.
L’episodio condanna l’importanza effimera della bellezza all’interno della società e fino a che punto alcuni sono disposti a spingersi per raggiungerla. I temi sono tanti e il minutaggio ad essi dedicato è azzeccato da creare nello spettatore una tensione viscerale verso ciò che deve accadere.
UNA BELLEZZA TERRIBILMENTE REALE
Si può affermare con certezza che la società influenzi enormemente l’imposizione dello standard di bellezza e su cosa significhi realmente “essere belli”. In un mondo dedito al consumismo, la bellezza apparente sembra essere sempre più agognata, ancora di più nell’era dei social, degli influencers e dei tiktokers. La purezza dell’anima diventa sempre più rara da trovare in un mondo che sembra non apprezzarla più.
Per questo motivo, “Facelift” non sembra poi così lontano dalla realtà ed è proprio questo il fattore più inquietante e perturbante. Dopo una prima visione, l’episodio può sembrare allontanarsi troppo dalle tematiche della serie spin-off (e anche dalla serie madre). Successivamente, la sensazione di spaesamento lascia spazio all’orrore e alla verità raccapricciante: non si tratta di qualcosa di fantascientifico o sovrannaturale, ma si tratta della natura umana.
WELL DONE!
“Facelift” è infatti in totale sintonia con i precedenti episodi che Manny Coto ha scritto per la serie, attingendo appunto da problemi e paure della società.
Il regista è Marcus Stokes, che fa un ottimo lavoro nel dirigere una credibile Judith Light nel suo graduale declino.
La regia di Stokes spicca tra quelle di questa stagione, soprattutto grazie alle inquadrature sulla protagonista, volte a catturare nel dettaglio le sue espressioni facciali, importanti per enfatizzare la tematica portante.
La scrittura di Coto è superba, tutta volta a svelare lentamente il mistero che si cela dietro al misterioso lifting. Virginia, la protagonista, utilizza parole ben studiate e che si contraddicono continuamente l’una con l’altra, volte a rappresentare il suo desiderio di dire tutto ciò che serve per ottenere la bellezza che tanto desidera.
AMERICAN HORROR STORIES: CULT
La puntata non esplora solamente le implicazioni della bellezza all’interno della società, ma anche la mitologia e la paura dei culti, tema portante della settima stagione di American Horror Story: Cult.
La parte finale di “Facelift”, oltre a svelare il terribile destino della protagonista, trasformata letteralmente in forma suina, sposta il focus sulla setta, anche in questo caso, per niente legata al sovrannaturale.
La connessione tra maiale e farfalla è il simbolo che pienamente rappresenta il messaggio di “Facelift”: inseguire esclusivamente la bellezza (la farfalla) non farà altro che sporcare l’anima di una persona (il maiale).
La facilità con cui sia Virginia che Fay sono disposte ad adattarsi e a rinnegare loro stesse, è l’esempio chiarificatore di questa similitudine.
Tuttavia, nella parte finale successiva alla tanto attesa rivelazione, ci si sarebbe aspettato un epilogo più originale e meno scontato, seppur necessario per chiudere il cerchio del messaggio dell’episodio.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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La puntata è contraddistinta da diverse sottotrame che poi si ricollegano direttamente alla storyline principale: le tematiche della ricerca esasperata della bellezza e quella del culto concorrono a rappresentare un’umanità vuota e senza principi.
I personaggi sono tutti incredibilmente egoisti e si preoccupano solo di ciò che funzionerà meglio per loro, anche se ciò significa fare del male a qualcun altro.
Come “Bloody Mary”, anche questa volta gli autori di American Horror Stories hanno voluto impartire una lezione al loro pubblico, rispondendo alla domanda di quanto in là ci si potrebbe spingere per realizzare i desideri più profondi.
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.