Nei suoi 33 minuti abbondanti, “Monster” conferma tutte le aspettative create con “Thief” e prosegue con un ritmo molto serrato (forse anche troppo) il racconto dell’adolescenza di Mike senza mai lasciare interdetti. Un qualcosa di piuttosto raro per un secondo episodio che in genere non promette mai risultati trascendentali ma che qualche volta, come questa, rispecchia aspettative sopite.
Ai posti di comando in cabina di regia e dietro la penna ci sono le stesse due persone della series premiere, ovvero Craig Gillespie ed il creatore Steven Rogers, entrambi già ampiamente a loro agio nella creazione della series premiere e ancora di più in questa “Monster” che sembra quasi come la seconda parte di quel prologo sull’adolescenza di Mike Tyson che era necessario presentare in massimo due puntate, prima di proseguire sul fronte “adulto” della sua vita.
Il risultato? Veramente ottimo se ci si accontenta di ricevere un numero limitato di informazioni che sono più facili da collegare insieme, un po’ meno apprezzabile se si guarda il bicchiere mezzo vuoto: non vengono infatti aggiunti altri elementi all’equazione generale, come per esempio il fratello e la sorella mai pervenuti di Mike e anche la relazione all’interno della famiglia D’Amato.
Cus: “He’s a scourge, a monster. That’s what I made him.”
IRONICA RIVALSA SOCIALE
La scrittura di Mike, come serie, è esagerata. Steven Rogers (che ricordiamo non essere Capitan America) si permette di raccontare la storia di Mike Tyson attraverso un escamotage interessante che è lo spettacolo che Mike Tyson presenta direttamente al pubblico raccontando la sua vita, salvo poi permettersi di creare altri livelli di narrazione meta-teatrali che vedono la versione più giovane di Tyson parlare direttamente alla telecamera, leggasi il pubblico nel teatro, per dare un po’ di quel dietro le quinte ironico che serve ad alleggerire una storia che non è molto positiva.
Questa positività di fondo però è esattamente quella costante che sembra fare da collante per tutti gli eventi finora raccontati e che aiutano quella rapidità nella narrazione, a volte un po’ sfuggente, a volte un po’ sorprendente. Ed è una positività che profuma di rivalsa sociale, specialmente se permea un episodio come questo dove le due figure chiave della vita di Mike Tyson, la madre Lorna Smith e Cus D’Amato, vengono a mancare proprio prima che Mike arrivi a vincere il suo primo titolo. Quasi ad enfatizzare poeticamente, anche se è a tutti gli effetti la vita reale, una drammaticità quasi cinematografica.
Mike: “Night of the fight, I knew Berbick wasn’t gonna die for the belt, and I was. ‘Cause I was doing it for Cus. After he died, I was always looking to get back in the ring to be the monster that Cus wanted me to be.”
CONSTANTINE “CUS” D’AMATO, LORNA SMITH TYSON ED I FRATELLI PERDUTI
Si dirà una cosa banale: nonostante il limitato minutaggio dedicatogli, sia Cus che Lorna sono due personaggi estremamente importanti che sono stati tratteggiati con una certa profondità nonostante il limitato tempo a disposizione. Una scrittura non facile ma soddisfacente, specialmente se si pensa che entrambi non esistono come riflesso di Mike ma sono sufficientemente distaccati da poter risultare coerenti e tridimensionali con ciò che dicono e fanno.
Ecco quindi che la voglia di Cus di far emergere Mike viene elaborata attraverso un carattere burbero, delle opinioni politiche dure ed una generale mancanza di fiducia nell’umanità che, nell’insieme, fanno apprezzare una personalità estrema e singolare. Lo stesso si potrebbe dire di Lorna Smith Tyson, semplicemente estranea alla vita del figlio e alla sua crescita. Il tutto per non parlare, da un’altra prospettiva, della completa assenza degli altri figli di Lorna che non vengono mai nemmeno nominati all’interno del racconto di Mike, quasi ad enfatizzare un distacco piuttosto palese anche tra il futuro pugile ed il resto della famiglia. Bisognerebbe solo capire se questa sia una scelta di comodo oppure la realtà dei fatti, nell’insieme è comunque una mancanza che avrebbe ulteriormente aiutato la serie e la puntata nel suo racconto.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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“Monster” continua a tenere molto alta l’asticella di Mike che si conferma una serie, per ora, dall’ottimo potenziale condensato in una mezzora ricca di eventi, chiacchierate con lo spettatore e, finalmente, il ring.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.