Dopo un percorso di graduale miglioramento che ha reso la visione più interessante e facile da reggere anche nei momenti meno vivi della narrazione, Anatomy Of A Scandal con “Episode 6” giunge al termine senza la promessa di un rinnovo.
Qualora in futuro ci dovesse essere una continuazione, data la natura antologica della produzione (che fornisce la risoluzione definitiva della storyline affrontata), non è difficile immaginare al centro del plot uno scandalo diverso da quello appena risolto.
Tuttavia, con la premessa di essere stata prodotta come serie limitata, appare improbabile un suo ritorno.
A dirla tutta, forse è anche meglio così per una serie che – per quanto sufficientemente piacevole – non ha effettivamente contribuito ad arricchire il panorama del suo genere, ma si è piuttosto fermata in superficie andando semplicemente a risultare una tra le tante.
TUTTI I PUNTINI SULLE “I”
James: “Io non voglio nasconderti più niente…”
Sophie: “Oh mio Dio, stai dicendo che c’è di più?”
Il sesto e ultimo episodio si apre riprendendo l’incontro tra Kate e Sophie che chiude “Episode 5”. Un incontro di poche parole che riescono però a far capire ad entrambe più di quanto non avrebbe forse fatto una vera e propria conversazione.
È l’immagine di Holly Berry che continua a tormentare i Whitehouse e Holly stessa, cioè Kate. James sembra aver tutto d’un tratto recuperato la memoria ed essersi accorto quasi per sbaglio di aver effettivamente molestato la giovane Holly ai tempi dell’università. Rivelazione, questa, che arriva al pubblico già nella quarta puntata e che ora, con l’intima confessione del diretto colpevole a sua moglie, desta nello spettatore una sorta di senso di colpa per aver pensato che potesse effettivamente essere innocente. Senso di colpa che, al contrario, non sembra esattamente tormentare l’ex ministro britannico che nel confronto con Sophie appare piuttosto interessato a uscire il più possibile pulito dall’incubo che si è procurato con le sue stesse mani, letteralmente.
CORREZIONE DI ROTTA
“Chi ha privilegi non può infrangere la legge senza subirne le conseguenze, come chiunque altro” – Kate Woodcroft termina con queste parole l’accusa contro James Whitehouse. Purtroppo però, a conti fatti la giustizia non è sempre uguale per tutti e, proprio per la diffusa consapevolezza di questa triste realtà, non sorprende la dichiarazione d’innocenza della giuria nei confronti di James. Negli occhi di Kate e Sophie si legge quasi la stessa delusione verso l’ingiusto verdetto: conoscere la verità e vederla negata è uno schiaffo in pieno viso, anche – e forse soprattutto – quando sei la moglie dell’imputato, per di più colpevole.
Sophie, infatti, è determinata a capovolgere la situazione. Satura delle menzogne di suo marito, si è resa conto di essere l’unica a non conoscerlo davvero e non è più disposta a salvare neanche la sua immagine di buon padre; scelta, quest’ultima, per alcuni versi certamente discutibile.
Le confessioni di James diventano così il perfetto esempio di ciò che è un’arma a doppio taglio: la pietà che sperava di suscitare in Sophie raccontandole tutta la verità ha lasciato invece il posto ad un puro sentimento di rivalsa che la porterà a fare giustizia per sé, Kate, Olivia e il genere femminile di cui si fa – sufficientemente conscia – portavoce: #grlpwr.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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La lentezza dello sviluppo con cui si è presentata la trama durante i primi tre episodi si è mutata in un rush finale negli ultimi tre, finendo per far sembrare addirittura poche le sei puntate totali. Un happy ending indiscutibilmente giusto ma che rischia di risultare un mero contentino. Insomma, una serie che seppur non propriamente originale avrebbe potuto ambire ad essere molto più valida, anche solo in virtù della presenza di Sienna Miller e Michelle Dockery nel cast, grazie alle cui interpretazioni l’intero show si aggiudica (nel bene e nel male) la piena sufficienza.
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Amante della letteratura, decisamente meno della matematica, procrastinatrice seriale la cui unica costanza nella vita è la pizza. Giunge a Recenserie per mettere a tacere i sensi di colpa del troppo tempo speso a guardare serie TV anziché studiare e farsi una carriera.