A due puntate dal mid-season finale di questa seconda stagione, How I Met Your Father si presenta in maniera sorprendentemente impeccabile, addirittura raggiungendo due insospettabili traguardi. Questo specie se si pensa alla reazioni che un po’ tutti gli orfani della serie madre hanno sicuramente provato all’annuncio della sua realizzazione.
Il primo traguardo è quello di aver trovato ormai una sua precisa identità, con un cast ora ben amalgamato sulla scena, grazie evidentemente anche al tempo trascorso insieme, con i protagonisti che hanno trovato tutti la propria collocazione all’interno dello show. Il secondo, decisamente più complesso e per questo ancor più soddisfacente, è quello di restituire, specie con questi due ultimi episodi, delle riconoscibili e tanto nostalgiche “vibes” di How I Met Your Mother, per di più senza risultare eccessivamente anacronistica e soprattutto esclusivamente derivativa. Perché attraverso una buonissima scrittura e l’evidente conoscenza del genere di riferimento, si è probabilmente di fronte all’unica e vera superstite della comedy televisiva post-moderna.
THE THREE DAYS RULE
Tanto “Rewardishment” quanto “The Welcome Protocol”, infatti, viaggiano contemporaneamente su questi due binari. Da una parte, c’è tanto di How I Met Your Mother, nel suo prendere delle situazioni universali e familiari a qualsiasi spettatore (come avere dei “taboo” personali che non si è mai superati, o ancor più comunemente presentare una nuova frequentazione al proprio gruppo di amici) e affrontarle sottoforma di “regole” interne chiaramente enfatizzate, in funzione tanto della comicità quanto naturalmente del mezzo televisivo. Esattamente ciò che accadeva nella serie madre, ad esempio, con i fantomatici “tre giorni” che dovevano tassativamente passare dopo il primo appuntamento prima di poter chiamare il partner di turno (e che Ted puntualmente trasgrediva), e tanta altra “manualistica” simile.
Ma ciò che ha fatto la fortuna dello show di Carter Bays e Craig Thomas è sempre stato il fatto che ad interpretare poi quelle bizzarre regole c’erano quegli attori e quei personaggi, diventati successivamente iconici. E se il casting di Hillary Duff come protagonista di questo spin-off si è rivelato fin da subito assolutamente indovinato, per gli altri, come anticipato, ci è voluto un po’ per trovare il giusto affiatamento.
“Rewardishment”, in particolare, sottolinea allora come sia valsa la pena attendere, in un episodio in cui tutto il gruppo viene coinvolto, dando vita a siparietti comici esilaranti. Ed è anche l’occasione per continuare ad arricchire la mitologia interna della serie: dal passato di Sophie e Val che offre, dopo il racconto del loro primo incontro al college, un nuovo divertente spaccato sull’origine della loro incapacità alla guida; a quello di Jesse e Sid, anch’essi memori dei propri fasti universitari. In questo modo, mentre i protagonisti si conoscono tra loro accade lo stesso per gli spettatori. Lo show si ritrova così a beneficiare della necessaria empatia e sana fidelizzazione, a cui contribuisce la tanto cara “trama orizzontale”, che vede un nuovo riavvicinamento tra Sophie e Jesse, che va detto portano in scena una chimica estremamente convincente.
THE PLAYBOOK
Ad “incrinare” questo riavvicinamento, allora, ci pensa “The Welcome Protocol” dove, con un classico quanto sempre efficace stratagemma narrativo, Jesse e Sophie cominciano l’episodio in un modo, per vedere la propria posizione, all’interno del loro rapporto completamente rovesciata nel suo finale.
Il pretesto riprende la conclusione della puntata precedente, con Jesse ritornato ufficialmente “su piazza” dopo aver scaricato un’app di incontri, con un “match” scoperto proprio dalla stessa Sophie. Appuntamento che diventa la base di questo episodio che vede i due separati per tutta la sua durata ma che servirà a far capire al primo la voglia di riprovarci, mentre la ragazza fa la conoscenza dell’affascinante cuoco Robert con cui instaura subito una certa “simpatia” che culminerà in un appassionante bacio.
D’altronde, tutta HIMYF non è altro che un rovesciamento continuo di dinamiche, situazioni e concetti già visti e ben assimilati dal pubblico, a partire dallo stesso presupposto che dà vita alla serie, ossia il cambio di genere della sua protagonista/narratrice, di cui però non si vede mai il figlio (e quindi, etnia compresa) a differenza della serie madre (sintetici, in una sola scelta, di tutto il modus operandi del rinnovato “gioco narrativo” degli autori).
L’aspetto interessante è che molto sapientemente questo approccio rappresenti la forza stessa della serie e non è, invece, solo una riproposizione sterile e senz’anima. È il passaggio dal mitico “Playbook” di Barney, che racchiudeva tutte le sue solitarie tecniche di approccio mirate a portarsi a letto la ragazza di turno, al “Welcome Protocol” che vede il coinvolgimento di tutta la compagnia (in un divertente montaggio stile “heist-movie”), con l’obiettivo di far fare bella figura all’amico, in una sorta di ri-edizione aggiornata e più comunitaria.
Così come sono aggiornate, chiaramente, tutte le tematiche di genere, di identità sessuale, fino a toccare persino il mondo del lavoro (la fatica di Sophie di far carriera nel campo della fotografia, rispecchia benissimo le difficoltà affrontate dai trentenni di oggi, cosa che HIMYM affrontava molto meno), presentate però senza la lezioncina di turno, ormai superata, ma semplicemente assimilate e trattate nell’assoluta normalità quotidiana della società odierna (o come, almeno, dovrebbe essere auspicabile).
Più che re-inventare, quindi, How I Met Your Father riadatta, che è insieme pregio e difetto della serie. Pregio perché, in questo marasma di contenuti dominati dalla legge dell’algoritmo, si è dannatamente perso il gusto per il racconto e, in generale, per la buona scrittura. Tuttavia, questo è anche il suo limite, visto che l’originalità decisamente non regna sovrana.
Come detto in fase di introduzione, però, non sembra essere mai stato questo l’obiettivo della serie, quanto piuttosto quello di riproporre sì una formula vincente, quella della “comedy orizzontale” di cui How I Met Your Mother è stata a suo modo tanto rivoluzionaria, ma dimostrando al tempo stesso quanto abbia ancora qualcosa da dire nel suo aggiornamento e quanto possa essere ancora salvaguardata e, soprattutto, tramandata. E sì, in questo ci sta riuscendo alla grande.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Pur non brillando in puri termini di comicità, How I Met Your Father continua la sua crescita in tutti i suoi comparti, confermando al tempo stesso la sua inaspettata e per nulla banale “simpatia”. Questo specie all’interno di un genere, quello della comedy, negli ultimi tempi dominato fin troppo dal completo anonimato o, quantomeno, dall’eccessiva (e sterile) omologazione. Anche solo per questo, sentiamo di poter essere più che generosi nei suoi riguardi.
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.