Marzo 1988. Il quarto, nonché penultimo, episodio di It’s A Sin si apre in un nuovo anno e con un nuovo salto temporale. Non è nulla di nuovo se si considera che il pilot era iniziato nel settembre 1981. Sono passati quindi quasi sette anni ed è molto interessante constatare come la situazione non sia generalmente migliorata per i protagonisti e, anzi, la lotta all’AIDS sia ancora molto “indipendente” ed in uno stadio che a posteriori fa paura.
Ad un episodio dalla fine della miniserie, sua maestà Russell T Davies continua ad offrire uno spaccato britannico degli anni ’80 in cui ignoranza, ribellione ed una generale mancanza di buon senso continuano a rendere la vita non proprio idilliaca.
“It is a deadly disease and there is no known cure.
The virus can be passed during sexual intercourse with an infected person. Anyone can get it, man or woman.
So far it’s been confined to small groups but it’s spreading, so protect yourself… and read this leaflet when it arrives.
If you ignore AIDS, it could be the death of you, so don’t die of ignorance.“
L’IGNORANZA DEL 1980 CHE SI CONTINUA A RIPETERE NEL 2020
È molto difficile guardare ai comportamenti delle persone e non trovare in qualche modo una somiglianza con quanto accade giusto in questi mesi. Chiaramente AIDS e Covid-19 sono due pandemie completamente diverse per tutte le ragioni che già si sanno, tuttavia osservare Donald Trump che promulga (senza alcuna conferma scientifica che, tra le altre cose, non è mai arrivata) l’uso della idrossiclorochina, seguito a ruota da uno stuolo di pecore, non è dissimile dai rimedi caserecci di Ritchie.
Ritchie: “They said eggs help the immune system.
They say flax seed, that’s supposed to be good for you, and lecithin granules in melted butter, they say it fights HIV.
And piss. Everyone says drinking your own piss makes you stronger.
Someone said there’s this man, he had HIV and he was cured, he stopped AIDS by taking battery acid.“
Già dallo scorso episodio si è capito che Ritchie ha contratto l’HIV, quindi la questione non era tanto sul se gli sarebbe mai accaduto qualcosa, quanto piuttosto sul quando. I presunti rimedi messi in scena da Russell T Davies sono perfetti per riproporre quell’ignoranza mista a senso di smarrimento di Ritchie che, vuoi per paura di essere giudicato, vuoi per paura di accettare la realtà, continua a mentire a tutto e tutti sulla sua situazione. Se bere la pipì è chiaramente errato, isolarsi e fingere che non sia reale non può che funzionare fino a quando i sintomi della malattia non diventeranno più reali.
Chiaramente il focus di It’s A Sin è anche sulla famiglia e su come questa, volente o nolente, abbia un impatto nei comportamenti dei protagonisti. Tutti i personaggi vivono insieme e sono per loro scelta una “famiglia”, ma è anche per necessità che lo diventano visto che solo i genitori di Jill e la madre di Colin sono figure presenti nella loro vita. Non è quindi un caso se, pur tentando di dirlo ai suoi genitori, Ritchie alla fine privilegia i suoi coinquilini enfatizzando comunque tutte le difficoltà nell’accettare una situazione che ha provato in ogni modo a fuggire.
THE LADY
Se Ritchie è il vero protagonista della serie, Roscoe e Jill lo seguono a ruota alternandosi la luce dei riflettori in vari momenti. Roscoe in particolare riesce ad offrire una prospettiva diversa della vita negli anni ’80, specie per la sua ampia accettazione di compromessi. L’essere utilizzato come “accompagnatore” da parte di Arthur Garrison funziona perché mostra l’ennesima situazione non socialmente accettabile a meno che non si possieda un cospicuo conto in banca, cosa che a quanto pare hanno anche gli amici di Arthur al ristorante.
L’introduzione di Arthur è anche un modo per far pisciare Roscoe nel caffè di introdurre Margaret Thatcher, seppur solo di spalle, e aumentare un po’ i connotati politici e temporali del 1988 che hanno visto diverse case farmaceutiche fare profitti grazie alla vendita di farmaci contro l’AIDS. Farmaci che ovviamente non tutti si potevano permettere e che avrebbero potuti essere forniti gratuitamente insieme ad una più consistente informazione sulla prevenzione dell’HIV.
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“Episode 4” è l’ennesima puntata ben scritta, recitata e con una colonna sonora potentissima della serie. Pur peccando di profondità in alcuni momenti, ad un episodio dalla fine, si può serenamente dire di essere di fronte ad un piccolo gioiellino.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.