Più si va avanti con quest’ultima stagione di Killing Eve, meno si sente il bisogno di recensire gli episodi e piuttosto sale il bisogno di lanciarsi in un’analisi psicologica.
A meno quattro dal series finale, infatti, lo show continua a dispensare puntate criptiche e concretamente vuote che confermano un’inesistenza di trama ed un grosso groviglio psichico nei suoi personaggi.
Forse è l’approccio che è sbagliato, forse, come sottolineato nella recensione della season premiere, lo scopo di Killing Eve era tutt’altro e sono gli spettatori che cercano qualcosa che non esiste. Allora perché ciò che viene presentato adesso appare così estremamente diverso dalla storia della prima stagione?
Killing Eve è cambiato e lo ha fatto non per esigenze di trama, bensì per esigenze di audience, stravolgendo la concretezza della storia per mettere esclusivamente in primo piano l’ossessione delle due protagoniste.
LE STRANE COPPIE
Al centro di “It’s Agony And I’m Ravenous” le storyline si ritrovano divise per coppie, con alcune che funzionano positivamente, altre che occupano il loro giusto spazio e altre ancora che esasperano solo il minutaggio a loro dedicato.
Se infatti fa piacere rivedere Konstantin nuovamente impegnato nel suo ruolo di “badante di killer in erba”, con Pam come perfetta spalla psicopatica che richiama un po’ alle missioni passate con Villanelle, la sorpresa dell’episodio è stata ben altra.
Va detto che in un primo momento la mancata uccisione di Carolyn da parte di Villanelle ha lasciato un po’ di delusione: non perché si volesse vedere morto il personaggio interpretato da Fiona Shaw, bensì perché sarebbe stato un colpo di scena interessante e ottimo per sconvolgere gli eventi a pochi passi dal finale. La mancata uccisione, però, ha presto lasciato il posto ad un duo dinamico e ben affiatato che ha positivamente movimentato l’episodio. Le due donne hanno dimostrato di riuscire a trovare un punto in comune sia emotivo che professionale che ben funziona sullo schermo e che ha reso i minuti a loro dedicati finalmente congrui alla serie.
“This is so uncomfortable.”
Quello che invece assolutamente non funziona è la coppia Eve-Helene. Ricollegandosi alla questione “ossessione” che lega le due protagoniste, e che segna inevitabilmente tutto il percorso di Killing Eve, questa strana accoppiata che si è recentemente formata non fa altro che alimentare questo concetto. La vicinanza tra Eve e Helene, come tutto il resto infatti, ha davvero poco a che fare con l’avanzare inesistente della trama, bensì serve a magnetizzare ulteriormente l’ossessione/attrazione ancora repressa di Eve verso Villanelle. Elemento che preso singolarmente può risultare utile e funzionale alla storia ma reso unico fattore di evoluzione appare vuoto e fine a sé stesso.
A CHE GIOCO SI STA GIOCANDO?
Come detto, mancano appena quattro episodi alla conclusione definitiva di Killing Eve e ancora non si ha minimamente idea di che strada voglia prendere la serie. Lo spettro dei fantomatici Dodici che aleggia in ogni puntata rimane l’unico elemento su cui basare un avanzamento di trama per ora ancora inesistente.
Ma storia a parte, il problema sembra risiedere anche nella gestione dei personaggi che la serie ha voluto intraprendere. In questa stagione, i protagonisti principali sono stati infatti divisi in giro per il mondo non dando la possibilità al main cast di condividere la scena nel momento clou della serie. Eppure, come dimostrato dagli ultimi due episodi, mettere insieme personaggi che funzionano poteva aiutare l’intero sviluppo narrativo. Non è un caso, infatti, che lo scorso episodio caratterizzato dall’interazione Eve-Villanelle sia riuscito a far crescere l’interesse, mentre l’accoppiata dell’assassina con Carolyn di questa settimana ne ha migliorato lo sviluppo narrativo.
Le possibilità dunque ci sono, peccato però che non si sa ancora dove gli autori vogliano andare a parare.
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Il tempo inizia a scarseggiare ma Killing Eve sembra ancora non avere fretta di prendere una vera direzione.
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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.