Il Professore: “Sono un ladro. Figlio di un ladro. Fratello di un ladro. E spero un giorno di essere padre di un ladro.“
Il finale di una serie è qualcosa di molto delicato. Si tratta di un episodio carico di aspettative che, proprio per questo, rischia di deludere i telespettatori che hanno seguito lo show per anni, puntata dopo puntata.
Nel caso de La Casa De Papel, ci si trova davanti a una serie che, seppur partita con ottime premesse nelle parti 1 e 2, si è trascinata nel corso degli anni a causa di scelte di sceneggiatura non sempre brillanti che hanno fatto perdere fiducia nella buona riuscita degli sviluppi successivi.
Se c’è una cosa che il pubblico della serie ha imparato nel corso di cinque stagioni è proprio che per accettarla così com’è occorre abbracciare la teoria della ‘willing suspension of desbelief‘ descritta dal poeta ed esteta Samuel Taylor Coleridge nel 1817. Una teoria secondo la quale, riassumendo, è necessario evitare di utilizzare il pensiero critico per giudicare lavori di finzione, al fine di godersela maggiormente. É proprio il caso di questo show: con le sue innumerevoli e improbabili situazioni ha portato alla rassegnazione lo spettatore, che ormai non si stupisce più dell’assurdità di ciò a cui sta assistendo.
SCACCO MATTO
Fin dall’episodio 5×06, La Casa De Papel si era avviata alla conclusione risparmiandosi sparatorie al cardiopalma che avrebbero fatto rabbrividire persino John Rambo per concentrarsi sul fulcro dell’intera operazione, spesso passato in secondo piano per lasciare spazio a storie d’amore, effetti sorpresa e morti dei protagonisti: l’oro. Ora che il bottino è sparito, infatti, si approda a quello che è il momento più carico di pathos dell’intera serie. Il Professore, infatti, decide di entrare nella Banca di Spagna per non abbandonare i propri compagni ad un destino derivato dal complesso piano da lui ideato.
Lo spettatore medio avrebbe potuto immaginarsi tutto, tranne che la vicenda si sarebbe conclusa con un inaspettato lieto fine per tutti quanti. Ecco quindi entrare in soccorso del pubblico quella ‘suspension of desbelief‘ che permette di accettare che tutto sia possibile, anche uscire da una rapina che ha fatto più danni che profitti senza una benché minima conseguenza (morti di Nairobi e Tokyo a parte).
Il Professore riesce a incastrare Tamayo in uno scacco matto ben congeniato senza via di scampo, permettendo a tutta la banda di uscire dalla Banca in sacchi per cadaveri, per poi ritrovarsi tutti insieme nella scena finale per abbracciarsi e proseguire le rispettive vite ricchi e liberi.
UN FINALE EPICO
Se c’è una cosa che colpisce in mezzo all’assurdità di tutto questo è la scelta di utilizzare Fix You dei Coldplay per accompagnare la banda in mezzo alla folla. La canzone, infatti, conferisce alla scena una carica emotiva potente e altissima. Lo stesso vale per la versione ‘epica’ di My Life Is Going On, utilizzata per l’epilogo e per i titoli di coda che mostrano tutti i personaggi della serie presentandoli uno ad uno e riprendendo scene importanti di tutte le stagioni.
La serie ha tenuto il meglio per ultimo, sfornando il migliore episodio dell’ultima stagione. La parte 5 (esattamente come le altre parti) è stata un vero e proprio miscuglio di qualità. Solo le parti 1 e 2 sono state sufficientemente equilibrate e ben concepite. Successivamente, lo show si è sempre più incrinato, terminando in scelte assurde, probabilmente per la volontà di cavalcare l’onda del successo anche se con poche idee credibili e interessanti. Lo spettatore si è ritrovato ingarbugliato nelle dinamiche tra i vari personaggi, flashbacks superflui, sparatorie ed esplosioni gratuite. Nonostante ciò, lo show è sempre stato godibile e ha regalato intrattenimento per tutti i gusti.
Assistere al finale di serie significa vedere come va a finire la vera ultima rapina, che si conclude con un finale trionfante che non può che ricordare quello visto alla fine della parte 2, quando tutto sembrava concluso (e come avrebbe potuto/dovuto essere) con un meraviglioso lieto fine.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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La Casa De Papel sceglie dunque di congedarsi in pompa magna, proprio come un’epopea epica destinata a rimanere impressa negli anni a venire nel panorama televisivo. Non stupisce quindi la decisione degli sceneggiatori e di Netflix di ‘battere il ferro finché caldo’, decidendo di confermare uno spin-off dedicato a Berlino. Non si può negare che la serie sia stata un prodotto estremamente mainstream, nonché fenomeno mediatico di questi ultimi anni. Se si parla invece di qualità e stile, La Casa De Papel non ha fatto molto altro che regalare un po’ di sano intrattenimento.
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.