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Una delle qualità di Netflix risiede nel dare la possibilità a dei prodotti televisivi e cinematografici europei – nati in paesi dove la cinematografia è principalmente locale – di avere una risonanza maggiore sia grazie ad un catalogo in continua espansione in cui gli originali Netflix sono disponibili in tutto il mondo, sia per le tecniche vincenti di marketing attuate dalla piattaforma americana. É il caso di serie come Dark, La Casa De Papel e Suburra che, se fossero state inserite nel palinsesto generalista, difficilmente sarebbero divenute così famose. Alla Germania, Spagna e Italia si unisce la Francia con La Révolution, serie composta da otto episodi girata poco prima dell’allarme Covid. Le aspettative – date anche dal titolo – erano molto alte e la speranza di poter avere una buona serie storica su un momento fondamentale per la storia europea è indubbiamente interessante.
La serie è ambientata nel 1787, un paio di anni prima dell’inizio dello sconvolgimento sociale e politico verso una più democratica repubblica. Ma oltre agli anni in cui la prima stagione ha luogo, uno dei protagonisti è Joseph-Ignace Guillotin, medico e politico divenuto famoso per aver ideato uno degli strumenti d’esecuzione più famosi, ovvero la ghigliottina. Sembrerebbero esserci tutte le carte in tavola per una serie con i controfiocchi. Se non fosse per gli zombie.
Nel più sobrio pilot, servito più che altro a presentare i protagonisti e le loro dinamiche, sono già stati presentati alcuni elementi dal sapore sovrannaturale – come la misteriosa scomparsa di Rebecca e l’incontro tra Joseph e Oka che ricorda vagamente una scena del Miglio Verde – ma in questa seconda puntata il prologo iniziale di Madeleine acquista tutto un altro significato.
A fare da eco a “Le Revenant” è la forte disparità tra la borghesia e il popolo schiacciato dalla crisi economica che la Francia vive in quel periodo. Una continua lotta tra il più forte e il più debole che serpeggia non solo tra le scene della periferia francese caratterizzata da una forte povertà messa a confronto con gli agi e la vita mondana che continua inesorabile tra gli aristocratici, ma anche nella stessa Versailles e nella famiglia De Montargis composta da Elise e dalla sorellina affetta da mutismo che sembra essere solo un peso per lo zio. Per ora le similitudini con la storia e con una rappresentazione realistica di essa finiscono qui, perché a dominare la puntata sono gli elementi sovrannaturali sparsi praticamente ad ogni scena che vanno a costituire il caposaldo della serie. Oltre al malcontento generale, un’altra minaccia è data da una malattia sconosciuta che sembrerebbe cambiare la composizione del sangue facendolo diventare di colore blu e , se somministrata nella maniera corretta, far resuscitare i morti. É con un morto tornato in vita difatti che si apre e si conclude il “Chapitre Deux”, con un febbricitante Albert Guillotin che si riprende in fretta giusto per uccidere tutti gli aguzzini che si prendono gioco di lui e degli altri migranti e con Donatien de Montargis ucciso e resuscitato dal padre per farlo guarire dalla cancrena che lo avrebbe ucciso o fatto restare senza un arto.
Nel calderone oltre ai redivivi ci sono: una bambina che gioca con bamboline inquietanti (e no, non è Flora e questa non è una recensione di The Haunting Of Bly Manor) costruite da lei avendo come modello una donna che le viene in visita durante il sonno, Oka che ammette di utilizzare il voodoo ma non per scappare dalla prigione in cui si trova, la strana morte di Rebecca.
I due generi – storico e sovrannaturale – così miscelati possono risultare godibili, ma la messa in scena è affidata principalmente ad una caratteristica che è impossibile ignorare: il ritmo della narrazione è molto veloce. Sono tante le dinamiche che in queste prime due puntate son state presentate e sono altrettanti gli elementi che hanno una parabola narrativa breve – forse troppo – e che vengono affidati a una spiegazione che può risultare semplicistica.
Come ultima nota, la recitazione, la regia e la fotografia potrebbero decisamente essere migliorate. Si nota l’impegno da parte del reparto tecnico per creare dei contenuti di qualità, ma in alcune scene c’è un sentore di soap opera che sarebbe meglio evitare.
La serie è ambientata nel 1787, un paio di anni prima dell’inizio dello sconvolgimento sociale e politico verso una più democratica repubblica. Ma oltre agli anni in cui la prima stagione ha luogo, uno dei protagonisti è Joseph-Ignace Guillotin, medico e politico divenuto famoso per aver ideato uno degli strumenti d’esecuzione più famosi, ovvero la ghigliottina. Sembrerebbero esserci tutte le carte in tavola per una serie con i controfiocchi. Se non fosse per gli zombie.
Nel più sobrio pilot, servito più che altro a presentare i protagonisti e le loro dinamiche, sono già stati presentati alcuni elementi dal sapore sovrannaturale – come la misteriosa scomparsa di Rebecca e l’incontro tra Joseph e Oka che ricorda vagamente una scena del Miglio Verde – ma in questa seconda puntata il prologo iniziale di Madeleine acquista tutto un altro significato.
A fare da eco a “Le Revenant” è la forte disparità tra la borghesia e il popolo schiacciato dalla crisi economica che la Francia vive in quel periodo. Una continua lotta tra il più forte e il più debole che serpeggia non solo tra le scene della periferia francese caratterizzata da una forte povertà messa a confronto con gli agi e la vita mondana che continua inesorabile tra gli aristocratici, ma anche nella stessa Versailles e nella famiglia De Montargis composta da Elise e dalla sorellina affetta da mutismo che sembra essere solo un peso per lo zio. Per ora le similitudini con la storia e con una rappresentazione realistica di essa finiscono qui, perché a dominare la puntata sono gli elementi sovrannaturali sparsi praticamente ad ogni scena che vanno a costituire il caposaldo della serie. Oltre al malcontento generale, un’altra minaccia è data da una malattia sconosciuta che sembrerebbe cambiare la composizione del sangue facendolo diventare di colore blu e , se somministrata nella maniera corretta, far resuscitare i morti. É con un morto tornato in vita difatti che si apre e si conclude il “Chapitre Deux”, con un febbricitante Albert Guillotin che si riprende in fretta giusto per uccidere tutti gli aguzzini che si prendono gioco di lui e degli altri migranti e con Donatien de Montargis ucciso e resuscitato dal padre per farlo guarire dalla cancrena che lo avrebbe ucciso o fatto restare senza un arto.
Nel calderone oltre ai redivivi ci sono: una bambina che gioca con bamboline inquietanti (e no, non è Flora e questa non è una recensione di The Haunting Of Bly Manor) costruite da lei avendo come modello una donna che le viene in visita durante il sonno, Oka che ammette di utilizzare il voodoo ma non per scappare dalla prigione in cui si trova, la strana morte di Rebecca.
I due generi – storico e sovrannaturale – così miscelati possono risultare godibili, ma la messa in scena è affidata principalmente ad una caratteristica che è impossibile ignorare: il ritmo della narrazione è molto veloce. Sono tante le dinamiche che in queste prime due puntate son state presentate e sono altrettanti gli elementi che hanno una parabola narrativa breve – forse troppo – e che vengono affidati a una spiegazione che può risultare semplicistica.
Come ultima nota, la recitazione, la regia e la fotografia potrebbero decisamente essere migliorate. Si nota l’impegno da parte del reparto tecnico per creare dei contenuti di qualità, ma in alcune scene c’è un sentore di soap opera che sarebbe meglio evitare.
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In sole due puntate sono molte le componenti che vanno a dare forma alla stagione e, sebbene la cura poteva essere maggiore, la particolarità della trama fa ben sperare in un miglioramento.
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.