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“Math is my faithful husband.”
Ancora una volta, forse l’ultima, il team dello SHIELD guidato da Mack si ritrova dinanzi alla distruzione totale dell’apparato di cui fa parte: ogni stazione SHIELD sperduta nel mondo nel precedente finale di puntata era stata spazzata via, annichilita. E ancora una volta è il Faro l’ultimo baluardo di salvezza rimasto non solo al team, ma all’intera umanità. Una roccaforte nascosta in piena vista che, perfettamente protetta da qualsiasi tipo di minaccia (come ampiamente dimostrato nelle passate stagioni), potrà essere annientata solo tramite trucchi. E il trucco più grande a cui Sybil ricorre per sconfiggere in maniera definitiva Coulson, May e Yo-Yo (i pochi rimasti al Faro) altri non è che John Garrett. Le realtà alternative hanno sempre reso affascinante non solo la narrazione di Marvel’s Agents Of SHIELD ma, ampliando il concetto, l’intera panoramica seriale: nemici che diventano amici e viceversa; realtà che si distorcono e con cui risulta difficile riuscire ad interagire. MAOS lo aveva dimostrato nella realtà del Framework dove Ward e Fitz erano tutto fuorché i personaggi che il pubblico ricordava. A dispetto dal passato, però, questa realtà alternativa non cerca del fraseggio con possibili cambiamenti di personaggi, preferendo piuttosto mantenere chiara la propria rotta per entrambi i team (Sybil che tenta di distruggere lo SHIELD; Coulson&CO. che cercano di sopravvivere ed eliminare i Chronicom) senza intromissioni esterne degne di nota. Garrett è il chiaro esempio: arrivato in sordina giusto il tempo di essere indottrinato da Malick e rubare un potere da l’Afterlife, successivamente mezzo di salvataggio e vittima sacrificale del team Coulson nel momento del bisogno. Alcuni potrebbero intravedere un deus ex machina abbastanza evidente nello sfruttamento di Garrett, tuttavia il suo comportamento a favore della trama non è mai apparso né forzato, né out of character: il personaggio era predisposto per diventare villain, Malick ne ha solo accelerato i tempi e reso più vigoroso e temibile da un punto di vista puramente competitivo. E la trama può solo che giovarne.
Deke: “So… what’s in there?”
Simmons: “The end or the beginning. I can’t remember.”
Simmons: “The end or the beginning. I can’t remember.”
Il vero punto di svolta, chiaro preparativo per l’incombente finale di serie, è però l’improvvisa perdita di memoria di Simmons (sintomo dell’eliminazione dell’apparecchio che le limitava i ricordi per proteggere Fitz) ed il suo lento e progressivo recupero della stessa. Questa volta in maniera completa. O quasi.
Il team che si era recato sulla nave Chronicom fa ritorno giusto in tempo sulla Terra per riconciliarsi con gli ultimi tasselli dello SHIELD rimasti in piedi. E dove potrebbero mai ritrovarsi degli agenti segreti intenti a ricostruire i pezzi disseminati nello spazio e nel tempo? Il luogo è ovviamente The Krazy Kanoe lì dove concettualmente questo percorso aveva avuto inizio (in “The New Deal”) e lì dove la serie sta cercando di chiudere lentamente il cerchio. I pezzi disseminati di cui si faceva sopra menzione non sono da intendere in senso figurato, ma materiale: i pezzi sono tangibili e rappresentano, a detta dei presenti, l’arma per distruggere i Chronicom. Circa. Non si tratta di un’arma ma di una sorta di portale che, grazie alla memoria fotografica di Simmons diventata ormai un automa a tutti gli effetti, lentamente viene ricostruito per far ricongiungere alla squadra il vero tassello mancante: Leopold Fitz. L’uomo ricompare da una sorta di portale visibilmente meno scosso di tutti i presenti (probabilmente perché è consapevole del suo ruolo) e pronto sia a chiarire ogni singolo dubbio dei presenti, sia a ricongiungersi con Simmons (ancora frastornata dall’interrogatorio di Malick e non in grado di riconoscere il marito).
Team dello SHIELD al completo, quindi. Non resta che capire come i Chronicom, ormai diretti a New York per annientare definitivamente lo SHIELD, possano essere fermati. E non sarebbe male capire dove esattamente sia stato tenuto nascosto Fitz per tutto questo tempo, sperando che questa domanda non rimanga insoluta come quella riguardante i mesi di assenza di Fox Mulder in The X-Files.
Il team che si era recato sulla nave Chronicom fa ritorno giusto in tempo sulla Terra per riconciliarsi con gli ultimi tasselli dello SHIELD rimasti in piedi. E dove potrebbero mai ritrovarsi degli agenti segreti intenti a ricostruire i pezzi disseminati nello spazio e nel tempo? Il luogo è ovviamente The Krazy Kanoe lì dove concettualmente questo percorso aveva avuto inizio (in “The New Deal”) e lì dove la serie sta cercando di chiudere lentamente il cerchio. I pezzi disseminati di cui si faceva sopra menzione non sono da intendere in senso figurato, ma materiale: i pezzi sono tangibili e rappresentano, a detta dei presenti, l’arma per distruggere i Chronicom. Circa. Non si tratta di un’arma ma di una sorta di portale che, grazie alla memoria fotografica di Simmons diventata ormai un automa a tutti gli effetti, lentamente viene ricostruito per far ricongiungere alla squadra il vero tassello mancante: Leopold Fitz. L’uomo ricompare da una sorta di portale visibilmente meno scosso di tutti i presenti (probabilmente perché è consapevole del suo ruolo) e pronto sia a chiarire ogni singolo dubbio dei presenti, sia a ricongiungersi con Simmons (ancora frastornata dall’interrogatorio di Malick e non in grado di riconoscere il marito).
Team dello SHIELD al completo, quindi. Non resta che capire come i Chronicom, ormai diretti a New York per annientare definitivamente lo SHIELD, possano essere fermati. E non sarebbe male capire dove esattamente sia stato tenuto nascosto Fitz per tutto questo tempo, sperando che questa domanda non rimanga insoluta come quella riguardante i mesi di assenza di Fox Mulder in The X-Files.
“I was married. I am married. I have proof. Why can’t I remember whom I married?”
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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I pezzi sono finalmente tutti al loro posto. Non resta che attendere il finale ed incrociare le dita.
Brand New Day 7×11 | 1.25 milioni – 0.3 rating |
The End Is at Hand 7×12 | 1.46 milioni – 0.4 rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.
Puntata bellissima! Però devo dire: peccato che sia stata seguita subito dalla 7×13. Questo non mi ha permesso di focalizzarmi bene su questa puntata perchè la successiva è il finale di serie.
Puntata bella che sì, avrebbe meritato di essere lasciata decantare mentre invece si è preferito farle seguire a ruota il finale di serie. Davvero un peccato per le tempistiche perché il ritorno di Fitz era un elemento che la trama si portava ormai appresso fin dall’inizio della stagione.