Fin dal primo episodio di questa nuova serie targata Netflix, si erano notati i ritmi molto più lenti e costruttivi rispetto ad un comune show Marvel. La storia di Frank ed i suoi comprimari è infatti qualcosa di atipico, che non pretende dallo spettatore un’immediata comprensione, ma che gioca sulla voglia di mistero di quest’ultimo. Le ambientazioni scure, i personaggi immorali ed i complotti che circondano il protagonista, non fanno altro che da sfondo ad un uomo tormentato e violento, che attraverso una pila di cadaveri cerca la vendetta ed un possibile perdono verso una famiglia che non ha saputo proteggere. Un vigilante carismatico ed una spalla altrettanto interessante come Micro non sono tuttavia gli unici che popolano lo show, e nel bene o nel male bisogna seguire anche le gesta di altri soggetti.
BILLY RUSSO
Billy: “We didn’t want our lives to be just…gray. We wanted them to mean something.”
Uno dei più grandi fiori all’occhiello delle serie targate Marvel/Netflix sono sempre stati i villains, personaggi che riuscivano perfettamente a incutere timore nello spettatore ed allo stesso tempo a non risultare troppo banali o stereotipati. Guardando più in generale è fondamentale capire come sia necessario un buon cattivo in una storia di supereroi o vigilanti. Dove c’è il male dovrà esserci il bene, una contrapposizione molto semplice e banale, che non può mai essere scordata quando si parla di prodotti d’intrattenimento del genere. Quello che è ancora da capire è quale strada intraprenderà Billy: quella malvagia della controparte cartacea o una nuova più positiva? Si può infatti dire che il personaggio interpretato da Ben Barnes non abbia ancora preso una direzione e sia rimasto fermo ad una caratterizzazione standard che non stupisce e che non si rende sicuramente degna di nota. La speranza per i futuri episodi è quella che subisca un salto qualitativo, marcando molto di più la sua personalità, diventando magari il nuovo Kingpin o Killgrave.
LEWIS WALCOTT
Curtis: “You see, when you look in a mirror, you still see a soldier. And now, in these streets, that soldier is invisible to everyone else.”
Il disturbo da stress post traumatico è una patologia che può verificarsi a seguito di un fattore estremo, che può aver implicato la morte di qualcuno, problema che molti veterani riscontrano una volta tornati a casa dal campo di battaglia. Il soldato spesso non lascia mai la guerra, che rimane impiantata nel suo cervello, alienandolo da quella vita “normale” che inizialmente desiderava. Lewis ne è un chiaro esempio, ed è proprio qui che sta la sua bellezza. Sebbene il personaggio non sia ancora esattamente ben inserito nella vicenda generale, e pur soffrendo della stessa insipidità di Billy, ha comunque il pregio di portare sullo schermo uno dei grandi problemi della psicologia moderna. Nei precedenti show che univano Marvel e Netflix, si era avuto modo di vedere la trattazione di alcune tematiche adulte (come la tossicodipendenza, l’annichilimento psicologico ecc.) che portavano il crudo mondo reale all’interno di un universo nato per intrattenere i più giovani, creando un mix che dava spessore ai personaggi ed alla serie in generale. The Punisher non è da meno. Con una sequenza di immagini suggestive e potenti (come quella del bunker), lo spettatore è portato a vedere in maniera cruda e realistica quello che può imporre nella mente di un uomo la guerra, portandolo spesso alla follia e all’estraneazione dalla società. Una visione poco piacevole, che riesce però a portare la serie ad un gradino superiore.
DINAH MADANI
Dinah: “First Kandahar, now Wolf. Seems like everyone’s telling me what not to investigate.”
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Kandahar 1×03 | N.D milioni – ND rating |
Resupply 1×04 | N.D milioni – N.D rating |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.