“Every decision in this place is the lesser of two evils. Every fucking one. And I don’t get to choose between right and wrong. Because that choice is never offered.“
Nelle parole di Kyle si ascolta ancora una volta la frustrazione di chi vorrebbe provare a fare la cosa giusta ma vive in un ambiente marcio fino al midollo che trascina tutti nel baratro costringendo a vivere un giorno alla volta, un male minore alla volta, con la difficoltà di distinguere quale esso sia davvero.
Ad un passo dal finale, Taylor Sheridan confeziona un episodio che viaggia a due velocità.
Da un lato Mike e Iris nella loro bolla a rimettere insieme i cocci della ragazza, dall’altro l’inferno che si consuma nella prigione di Kingstown.
INTESA INTRIGANTE
“Stop staring at me like I’m broken.“
La sequenza ambientata nello chalet di Mike sembra chiusa in una bolla fatta di calma e tranquillità, pur nella preoccupazione e nella difficoltà di riprendersi dopo l’ennesimo trauma (Iris) o dopo aver ucciso il capo del clan bianco-nazista della città, con le sue imminenti conseguenze (Mike). I due personaggi sembrano vivere nella quiete dopo la tempesta, fatta di poche chiacchiere ma riflessioni e gesti alla luce del sole. Sicuramente il culmine è la scena in cui Iris piange abbracciata a lui come una bimba col proprio papà. La scena è sicuramente di forte impatto emotivo e fa capire quanto l’angelo sia effettivamente “rotto”, nonostante la volontà di rialzarsi e superare questo momento.
Mike è abituato a fare favori per vivere ma questo è sicuramente nuovo per lui.
Il loro rapporto è molto interessante e dall’esito non scontato, visto che da subito è stato costruito su un’intesa che non è fisica/sessuale, pur lasciando qualche spiraglio in questo senso. Prima c’è stata la sensualità esplicita di Iris nel loro primo incontro, le confessioni intime che tendenzialmente sarebbero preludio ad un avvicinamento intimo di altro tipo, e ancora le battutine sull’appuntamento diverso dal solito quando Mike estrae il rivelatore di posizione dal fianco. Nonostante questo, anche in questa parentesi solitaria in cui i due personaggi sono rinchiusi, Mike si approccia alla ragazza con un atteggiamento quasi paterno (anche vista la terribile esperienza che ha appena subito), dandole quelle attenzioni che Iris non ha mai ricevuto. Il personaggio del sindaco di Kingstown è sempre più intrigante e ben costruito e l’interpretazione di Jeremy Renner gli rende pienamente giustizia.
L’AZIONE CHE MANCAVA
“Told you, motherfucker.“
Dall’altro lato della narrazione, con toni totalmente opposti, c’è la prigione dove si scatena l’inferno, preventivato da Mike quando aveva messo tutti in guardia circa le conseguenze del “patto col diavolo” fatto con i detenuti.
La preparazione allo scontro è ben costruita con una tensione che viene mantenuta alta ma che repentinamente esplode.
Alcune “soluzioni” alle sparatorie tra guardie e detenuti appaiono un po’ troppo facilmente in favore di questi ultimi (sebbene giustificate anche dalla loro prevalenza numerica sui primi).
Le guardie sono state colte di sorpresa ma visto il livello di criminalità della città e, quindi, della rispettiva prigione, ci si potrebbe aspettare delle misure di sicurezza che crollino con maggiore difficoltà.
Tutto sommato, comunque, ha rappresentato l’elemento di azione e dinamicità che è mancato in molte delle puntate di Mayor Of Kingstown, come lamentato nelle precedenti recensioni. Il fatto che sia incluso nella faccenda anche Kyle è un ulteriore punto a favore visto che il personaggio interpretato da Taylor Handley non ha avuto lo screentime che avrebbe meritato. Oltretutto questo innescherà ancora di più un intervento di Mike nel finale di stagione. Tutte le storyline convergono alla prigione nel finale. Milo invece ne scappa. Sarà materiale per una seconda stagione o anche la sua storyline troverà un finale adeguato nella prossima puntata?
UN’OCCASIONE SPRECATA
Si deve notare ancora una volta come il personaggio interpretato dall’ottima Dianne Wiest rappresenti un’occasione mancata di dare valore alla performance dell’attrice.
Le scene di Miriam McLusky continuano a non avere molta utilità all’interno della narrazione. Dallo stesso colloquio non emerge niente che lo spettatore non sapesse, tranne, forse, l’ingenuità della maestra nel guardare con troppa fiducia e speranza le donne a cui sta insegnando storia. Ingenuità che perde nello sguardo finale quando capisce che il sospetto della polizia era fondato.
Le scene che l’hanno vista protagonista nella serie diventano quindi una sorta di esercizio di stile, un omaggio al coro delle tragedie greche, come già evidenziato, rappresentando una sorta di personaggio esterno alla storia principale intento a narrare una morale più allo spettatore che alle detenute stesse (che infatti non hanno interagito mai).
Un ulteriore motivo di stasi per uno show che avrebbe avuto invece bisogno di più azione nel corso delle puntate.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Taylor Sheridan mette giù un episodio a due velocità settando le basi per un finale di stagione che potrebbe rivelarsi interessante.
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