Come nello scorso episodio, Miracle Workers decide di affrontare – con il suo solito piglio leggero e fortemente allegorico – tematiche di attualità, ma trasferendole nel contesto dell’America del diciannovesimo secolo. Si tratta, inoltre, di una puntata meno corale del solito, dato che il protagonista indiscusso è Benny The Teen, mentre tutti gli altri personaggi appaiono brevemente soltanto nei momenti iniziali e finali dell’episodio. Nel complesso, il discorso è molto simile a quello che si è fatto nella recensione di Independence Rock: la trama orizzontale e i tempi comici sono sicuramente apprezzabili, ma l’avanzamento della trama verticale è sostanzialmente fermo da oramai troppo tempo. Miracle Workers non è certo una serie che si guarda per la rigorosità delle sue storyline principali, ma l’assenza totale di avanzamenti di trama può rappresentare un problema anche in uno show come questo.
AIUTARE GLI ALTRI PER AIUTARE SE STESSI
L’espressione White Savior è stata coniata ai giorni nostri, non certo nel diciannovesimo secolo. Per semplificare, la si potrebbe descrivere come la versione moderna del fardello dell’uomo bianco di cui parlava Rudyard Kipling. Si tratta di un obbligo morale – per le persone appartenenti al gruppo etnico considerato superiore – di aiutare le altre popolazioni a progredire e civilizzarsi. Anche nella sua accezione moderna, il White saviorism parte da un atto di aiuto nei confronti delle minoranze, ma con motivazioni egoistiche ed esibizionistiche. Il tratto comune, quindi, è che la persona che aiuta si sente superiore a chi sta aiutando. Come nello stile di Miracle Workers, tutto questo discorso viene mostrato in modo molto diretto e affatto sfumato. Benny, infatti, descrive esplicitamente tutti gli stereotipi razzisti dell’epoca nei confronti dei Nativi Americani. Inoltre, quando prova ad aiutarli nella disputa con l’esercito USA, lo fa sempre per essere considerato il salvatore, l’uomo che generosamente aiuta delle popolazioni inferiori.
È importante sottolineare, inoltre, che le vicende narrate in questo episodio si basano su fatti veri e drammatici. Per secoli, infatti, il Department of Interior Affairs (il nostro Ministero degli Interni, anche se il funzionamento è diverso) ha proceduto con la sistematica confisca dei territori dei Nativi Americani, concedendo in cambio appezzamenti di valore progressivamente inferiore. Le fonti in merito sono moltissime, ma un buon punto di partenza potrebbe essere rappresentato da questo articolo della Libreria del Congresso americano. Si tratta di un tema che recentemente è stato riscoperto dall’opinione pubblica perché, nel marzo 2021, Joe Biden ha nominato Deb Haaland a capo del Dipartimento degli Affari Interni. Si tratta della prima Nativa Americana a guidare il Dipartimento.
IMMOBILISMO ASSOLUTO
Ai fini della trama verticale, si può segnalare un solo elemento di interesse: dopo aver appreso del concetto di White savior, Benny capisce di aver sempre trattato anche i suoi compagni di viaggio come persone inferiori e un po’ fastidiose. Per questo motivo, decide di redimersi e di unirsi a loro. La sua nuova consapevolezza è confermata dal fatto che, una volta arrivato all’accampamento degli abitanti del villaggio, loro se la stanno cavando piuttosto bene, nonostante l’assenza di quella che sarebbe dovuta essere la loro guida.
Come detto nell’introduzione, gli episodi di Miracle Workers sono sempre molto leggeri e piacevoli da guardare. A tre puntate dalla fine, tuttavia, è oramai più che lecito attendersi degli sviluppi nella trama verticale. Sarebbe interessante, infatti, vedere anche il modo in cui gli abitanti si adatteranno alla loro nuova vita in Oregon, dopo aver finito il viaggio. Si tratta di un aspetto affascinante della storia americana, di cui si può leggere un’introduzione in questo articolo.
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Tutto molto bello, tutto molto divertente, ma si gradirebbe anche un po’ di trama.
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Romano, studente di scienze politiche, appassionato di serie tv crime. Più il mistero è intricato, meglio è. Cerco di dimenticare di essere anche tifoso della Roma.