Continuano le peripezie dei personaggi di Miracle Workers lungo la Oregon Trail, raggiungendo ogni volta nuove vette di ironia e surrealismo.
In questo episodio viene preso di mira il patriottismo americano, in una gustosa ed inedita parodia. Il tutto però tralasciando, ancora una volta, il senso della storyline orizzontale, che qui viene ripresa solo nel finale, mentre l’episodio si perde in numerosi momenti verticali “guilty pleasure” che, a tratti, distraggono da esso.
“UNCLE BENNY” vs “UNCLE SAM”
“I want you… to die!”
Leitmotiv che intercorre per tutto l’episodio è l’essere sempre onesti con sé stessi e con gli altri. Una lezione morale che intercorre fra tutti i character presenti nello show. E che, in definitiva, dovrebbe essere il vero “miracle“ per cui si muovono tutte le azioni dei “workers” protagonisti della serie.
In questo senso l’episodio funziona bene in quanto riesce a collegare tutto questo con una brillante parodia del Giorno dell’Indipendenza americana, in una correlazione inedita (e per nulla scontata) con le odierne Parate del Pride, due eventi uniti dal sentimento di libertà totale che esprimono.
Un’occasione più che ghiotta per la sceneggiatrice Carrie Kemper (già autrice di The Office e Silicon Valley) di ironizzare sugli stereotipi e situazioni-tipo legate a queste manifestazioni. Non manca nulla, infatti, fra:
- scontri fra “sostenitori” (che inneggiano alla libertà su carri fatiscenti) e “haters” della manifestazione, qui rappresentati dalla brillante interpretazione di Erin Darke che aggiunge sempre più sfumature alla sua Phaedra;
- “Uncle Sam” versione Babbo Natale, che qui regala un epico scontro con Benny (Steve Buscemi);
- parodia generale delle sagre di paese, con tutto il contorno umano e sociologico annesso, e del “beer pong” (quindi di tutto ciò che è 100% Usa).
MOLTO SKETCH MA POCA SOSTANZA
Da questo punto di vista, dunque, l’episodio risulta riuscito, inanellando una serie di sketch godibili che ruotano quasi tutto attorno alla storyline di Ezekiel e Prudence. Questa vede il suo apice proprio in questo episodio con il ricongiungimento e successiva (nonché sospirata) dichiarazione d’amore fra i due, chiudendo così il ciclo narrativo partito dal precedente “Meet The Noonans”.
Risulta però poco riuscito nell’economia generale della serie, mettendo sempre più in secondo piano lo stesso co-protagonista (e anima) della vicenda, Benny. Tanto che bisogna aspettare il cliffhanger finale per far tornare tutto sulla carreggiata e riportare (letteralmente) l’attenzione sul viaggio verso la Oregon Trail, che solo da adesso in poi tornerà ad essere il principale focus dei personaggi.
Rimangono, inoltre, sempre più in secondo piano i personaggi di Karan Soni e Jon Bass, che qui si fanno forza a vicenda auto-relegandosi in brevi sketch a due.
CONCLUSIONI FINALI
L’episodio in sé dunque merita sicuramente la visione, anche se permangono i soliti problemi che caratterizzano questo show fin dalla sua seconda stagione. C’è una predominanza della verticalità degli episodi (per cui comunque vale la pena la visione ) ma poca attenzione per quella che dovrebbe essere la trama orizzontale, la quale ha una brusca accelerata verso la fine della puntata, per cui si presuppone che, da adesso in poi, si tornerà finalmente a vedere la luce anche in questa terza stagione (a soli due episodi dalla fine).
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Episodio che forma una coppia perfetta con il precedente “Meet The Noonans”; gli sketch sul patriottismo americano declinato in versione “pride” valgono la visione della puntata, ma rimangono alcuni problemi che però hanno buona probabilità di venire risolti negli ultimi due appuntamenti stagionali.
Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora
Tags:
Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!