American Horror Stories 3×06 – CloneTEMPO DI LETTURA 3 min

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american horror stories 3x06 CloneSecondo episodio del 2024 che si presenta interessante nel tema scelto. Sicuramente molto attinente al dibattito (abusato) contemporaneo: l’uso distorto delle IA nella vita. Stavolta in declinazione totalmente egoistica.

L’ASSENZA


Lasciare andare il/la proprio/a amato/a è sempre qualcosa di insopportabile. Più per chi rimane che per chi lascia, forse. In questo episodio si prova a vedere se una IA perfettamente identica all’originale può sostituirla, anche solo per un po’. Concetto magari non nuovissimo come quello delle backrooms dello scorso episodio, ma comunque piuttosto attuale considerando i notevoli passi avanti fatti dalla tecnologia rispetto a qualche anno fa.
La trama imbastita da Ned MartelCharlie Carver è piuttosto semplice: David, il protagonista interpretato da un ottimo Victor Garber, è ricchissimo e possiede un’azienda che gli permette di “rimettersi in sesto” dopo un ictus e contemporaneamente non lasciare da solo il proprio amato, sostituendolo con la sua copia, pronta ad amarlo come e forse più di prima. Il tutto mentre John, il giovane fidanzato, non ha voce in capitolo e deve accettare il “nuovo” amore che sembra assecondare meglio la sua natura.

LA RINASCITA


In puro American Horror Stories, il tutto prende una deriva chiaramente non positivissima/normale, e quindi questa situazione che all’inizio giova a John, poi lentamente “smaschera” il nuovo David che si rivela essere sì più aperto a diverse cose, laddove quello originale non faceva che controllare il fidanzato più giovane, ma allo stesso tempo si rivela essere talmente devoto da uccidere chi minaccia la sua stessa incolumità. E da qui poi “Clone” prende una deriva thriller-utopistica dove l’uomo comincia ad apprezzare di più quell’entità artificiale che è ora David, ma allo stesso stempo la macchina, cioè il nuovo David, ha subito un processo di cambiamento che lo porta a considerare l’essere umano come superfluo nella sua equazione di vita.
Il finale così poco rassicurante è la cifra stilistica della serie che prevedendo solo episodi autoconclusivi, non legati tra loro se non raramente, e offre l’opportunità di riflessioni sulle sue possibilità. Infatti la puntata presenta una storia interessante da esplorare ma il minutaggio dedicato è limitato e il tutto ne risente.
Per poter sviluppare l’aspetto più inquietante, qui parzialmente rappresentato, sarebbe stato necessario qualche situazione in più verso questa direzione. Al di là di un massaggio troppo vigoroso e un omicidio troppo repentino nella velocità di realizzazioni, anche solo per come viene cambiato il carattere dell’amico di John (in tre secondi stupratore). È inevitabile che queste cose accadano se un episodio deve durare al massimo 40 minuti ma è proprio questa la barriera da dover superare per empatizzare col personaggio ed entrare nella storia, facendolo “vedere” più che “raccontare”.

LA MORTE


Fa sorridere dover scrivere quanto segue ma la realtà è che, in questo caso, avere qualche minuto in più avrebbe reso la storia raccontata più coinvolgente. Il sorriso nasce perché notoriamente i problemi che affliggono il franchise di AHS sono legati più a narrazioni discontinue e troppo prolisse, perse nei barocchismi e insistentemente morbose negli aspetti più truci. Va detto che anche qui, vedasi la scena finale, gli sceneggiatori giocano molto con quella cifra stilistica ma senza scendere troppo nel bizzarro.
Va segnalata senz’altro la presenza di Victor Garber, attore amato dal recensore, qui molto nella parte e sufficientemente inquietante. Buona anche la performance di Guy Burnet tutto sommato.
Il comparto tecnico è sempre godibile rendendo comunque piacevole la visione dell’episodio, nonostante qualcosa di più lo avrebbe reso migliore.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • La storia è sufficientemente carina da lasciarsi apprezzare
  • La parte tecnica rimane di buon livello
  • Buoni gli attori nelle rispettive parti
  • La durata limitata non lo rende un episodio memorabile ma solo con un alto potenziale
  • L’ambientazione “da straricchi” è una delle parti deboli dell’episodio. Scelte narrative scontate legati al chiudere gli snodi narrativi il più velocemente possibile

 

American Horror Stories piazza un episodio che si lascia guardare, offrendo uno spunto interessante sull’applicazione pratica di cosa possa essere un’intelligenza artificiale. O, almeno, quello che potrebbe fare per l’essere umano, per poi dimenticarsene se qualcuno decide che debba farlo.

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Dopo miliardi di ore passate a vedere cartoni giapponesi e altra robaccia pop anni ’80 americana, la folgorazione arriva con la visione di Twin Peaks. Da allora nulla è stato più lo stesso. La serialità è entrata nella sua vita e, complici anche i supereroi con le loro trame infinite, ora vive solo per assecondare le sue droghe. Per compensare prova a fare l’ingegnere ma è evidentemente un'illusione. Sogna un giorno di produrre, o magari scrivere, qualche serie, per qualche disperata tv via cavo o canale streaming. Segue qualsiasi cosa scriva Sorkin o Kelley ma, per non essere troppo snob, non si nega qualche guilty pleasure ogni tanto.

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