Dopo un terzo episodio sorprendentemente coinvolgente, seguono due puntate che, con scarsi risultati, tentano di salvare le sorti della serie con siparietti imbarazzanti buttati qua e là.
Un qualcosa che non sorprende per gli standard di And Just Like That…, ormai in discesa (in tutti i sensi) verso la chiusura di questa seconda – e magari anche ultima – stagione e che sembra aggrapparsi con le unghie (o quello che ne resta) solo all’hype (?) alimentato dal fatidico ritorno di Aidan e Samantha.
Ma è mai possibile che un produttore come Darren Star, padre di alcune delle serie più acclamate di sempre, come Beverly Hills 90210, non riesca a fare di meglio soprattutto alla luce dei feedback (e delle lamentele) ricevute dal pubblico dopo la prima stagione della serie? A quanto pare è proprio così, o per meglio dire it’s just like that.
ALIVE!
Dunque, Miranda è tornata a New York e ancora una volta è tormentata da sé stessa. Come al solito vorrebbe tutto, si sforza inutilmente per ottenerlo e, puntualmente, finisce col ritrovarsi cornuta e mazziata, come si suol dire dalle parti di chi scrive questa recensione.
Eppure, per una cinquantenne non dovrebbe essere difficile riuscire a capire che per essere una madre affidabile e una fidanzata all’altezza delle aspettative, sia proprie che di Che (che poi, alla fine, sono la stessa cosa), bisogna per forza trovare un compromesso con una delle due parti o entrambe. E invece no, l’avvocata newyorkese ha perso quella fermezza e maturità che la distinguevano, è ormai un personaggio molle che non sa più cosa vuole e quando lo sa non riesce a farsi rispettare, tanto da ritrovarsi in un improbabile threesome con la fidanzata e l’ex marito di quest’ultima (Lyle, interpretato da Oliver Hudson).
Menomale che arriva Brady con le sue crisi adolescenziali a restituire, finalmente, uno spaccato di vita più reale, concreto, relatable. Per non parlare del glow up di Steve che contribuisce a ricostruire un altro po’ di sana “normalità” ricordando a tutti che dopo una rottura è possibile tornare a vivere e persino a migliorarsi (a differenza di qualcun altro…).
TRICK OR TREAT!
Dopo aver dedicato fin troppe parole a Miranda, è possibile passare a parlare d’altro (sebbene lo si potesse fare anche per l’episodio precedente, ma l’immaturità e il cringe della Hobbes hanno preso il sopravvento).
Ora che Carrie ha, più o meno, fatto pace col passato e soprattutto è riuscita a scendere a patti con il dolore per la perdita di Big, sembra pronta a rimettersi in gioco. Il tutto anche grazie all’aiuto di Seema e Lisa che le si mostrano più vicine di quanto non lo siano le sue due amiche storiche.
Una serata al bar sarebbe l’occasione perfetta per conoscere qualcuno, tuttavia, per gli autori una tale banalità avrebbe rovinato aspetti del capolavoro di questa loro serie, quindi decidono di far incontrare Carrie e George (Peter Harmann) in altre circostanze, tuttavia già viste.
Questo nuovo incontro, che per i primi minuti lascia persino ben sperare, alla fine si rivela solo un altro tappabuchi. George è l’ennesima comparsa, solo un’altra fermata sul viaggio verso Aidan che poi, con non poche probabilità, la regia farà sadicamente fuori quando Carrie avrà ritrovato la serenità emotiva. Sono aperte le scommesse.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Amante della letteratura, decisamente meno della matematica, procrastinatrice seriale la cui unica costanza nella vita è la pizza. Giunge a Recenserie per mettere a tacere i sensi di colpa del troppo tempo speso a guardare serie TV anziché studiare e farsi una carriera.