Bang Bang Baby è la nuova serie crime italiana disponibile su Prime Video, con i primi cinque episodi, a partire dal 28 aprile.
Poco pubblicizzata, se non per un evento organizzato a Roma e per una menzione nelle stories dei Ferragnez, la nuova produzione italiana si pone come un mix di generi che funzionano perfettamente all’unisono.
La protagonista è la sedicenne Alice Giammatteo, orfana di padre, ucciso quando lei era ancora una bambina. Da allora, Alice vive con la madre operaia in una casa della provincia milanese e lotta con tutte le problematiche di una adolescente asociale ed introversa (tranne per Geremia, il suo migliore amico).
Tra pubblicità delle Big Babol, colori fluorescenti, capelli cotonati e giubbini in jeans, Alice scopre due verità che sconvolgeranno per sempre la sua vita: il padre non è morto e la sua famiglia paterna, in realtà, è il potentissimo clan malavitoso dei Barone.
Per Alice, dunque, ha inizio un cammino di formazione alla ricerca di se stessa e di un pezzo di vita che le è stato completamente negato.
IL CAST
Il personaggio di Alice Giammatteo è liberamente tratto dalla vera storia di Marisa Merico, conosciuta come “la principessa della ‘ndrangheta” ed arrivata ai vertici della potente cosca dei Serraino a soli ventidue anni.
Ad interpretare l’introversa Alice troviamo Arianna Becheroni, un volto quasi sconosciuto e, proprio per questa ragione, fortemente voluto da Andrea Di Stefano, creatore della serie. Il talento di questa diciassettenne è lampante già dai primi minuti e si fa più netto via via che il minutaggio scorre.
Arianna, però, non è l’unica stella a brillare in Bang Bang Baby. Il trittico composto da Lucia Mascino (la madre di Alice), Adriano Giannini (il padre di Alice) e Dora Romano (la nonna di Alice e signora del clan) riempiono lo schermo con la loro potenza recitativa, soprattutto la Romano (L’Amica Geniale, E’ Stata La Mano Di Dio) che spazia da nonna del sud a spietata boss mafiosa.
IL COMPARTO TECNICO
La storia di Marisa Merico, raccontata nel suo libro L’Intoccabile, viene adattata per la televisione da Andrea Di Stefano che chiama a raccolta altri talenti del panorama televisivo e cinematografico italiano.
La sceneggiatura, infatti, viene curata non solo dallo stesso Di Stefano, ma anche da Valentina Gaddi e Sebastiano Melloni. Il risultato è un ottimo primo episodio, intenso e pop allo stesso tempo, in cui i protagonisti muovono i primi passi in un substrato sociale fatto di segreti ed onore.
La regia è, invece, affidata al virtuosismo di Michele Alhaique che confeziona cinquanta minuti di piena estetica anni ’80, con un tocco crime e pulp che piacerebbe a Quentin Tarantino.
La macchina da presa mette al centro sempre Alice e la segue sia nei suoi movimenti fisici che in quelli mentali, esacerbandoli e rendendoli parte integrante dell’azione (l’enorme palla rosa fluo di Big Babol, la pioggia colorata di Smarties).
La fotografia spinge sia sui toni dell’azzurro freddo e del giallo che si attaccano a qualsiasi superficie, sia su continue iniezioni di luci e colori fluorescenti, in pieno ’80s mood.
LA STORIA
Fin dalle prime battute, pronunciate sotto una pioggia scrosciante, il pubblico percepisce il senso di inadeguatezza e mestizia di Alice.
La taciturna ragazzina passa le sue giornate venendo estraniata dal resto della classe, rifugiandosi nel suo migliore amico gay ed ascoltando i discorsi femministi di sua madre.
La scoperta che il padre in realtà non è affatto morto viene vissuto come un vero e proprio trauma da Alice, ma anche come l’inizio di un viaggio interiore.
Disposta a tutto pur di conoscere la verità, Alice fa la conoscenza di un mondo a lei sconosciuto e dal quale la madre voleva tenerla lontana.
Dopo un primo momento di smarrimento, reso in maniera sublime dalla mimica facciale della Becheroni, Alice capisce di dover lottare per riappropriarsi dell’infanzia perduta e proteggere il padre che non ha mai smesso di amare.
Il flash-forward ad inizio puntata rappresenta solo la punta dell’iceberg di una vera e propria discesa agli inferi che porterà con sé tanta violenza e dannazione.
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“La Morte Non Fa Ridere” è un ottimo biglietto da visita per una serie italiana che cerca di discostarsi dal piattume nostrano e pretendere qualcosa di meglio. La regia, la fotografia, il ritmo, la colonna sonora ed una bravissima Arianna Becheroni regalano il perfetto inizio di una storia feroce, violenta e triste.
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Se volete entrare nelle sue grazie, non dovete offendere: Buffy The Vampire Slayer, Harry Potter, la Juventus. In alternativa, offritele un Long Island. La prima Milf di Recenserie, ma guai a chiamarla mammina pancina.