Arrivati al giro di boa di questa nuova annata è tempo di tirare qualche conclusione sull’approccio avuto fin qui: a parte “Aura“, questa seconda stagione di American Horror Stories si sta focalizzando molto più sulla componente umana che su quella soprannaturale. Una scelta peculiare se si ripensa all’anno scorso e alla mole di creature mostruose (fantasmi, case infestate, bigfoot) utilizzate per farcire i primi sette episodi della serie.
“Milkmaids” segue esattamente la medesima scia “umana” di questa stagione, confermando un approccio diverso e anche nettamente più al femminile visto che anche qui i protagonisti principali sembrano essere quelli del gentil sesso. Il problema dell’episodio però risiede nel modo in cui è stato concepito e poi realizzato, non tanto nei suoi personaggi che nel giro di 45 minuti riescono ad essere tridimensionalizzati comunque piuttosto bene.
Delilah: “What if you and I got cowpox from being milkmaids?”
Celeste: “We’re not cows.”
Delilah: “If cowpox spread through their infected udders, that means anyone that came in contact with our boils was also infected with cowpox. […] Cowpox doesn’t make humans sick in the same way that smallpox does. If these men were protected in the way that you say they were, it’s quite possible that cowpox provides an immunity to smallpox. This contaminated milk could be the key.“
GIRA E RIGIRA È UNA STORIA DI CANNIBALI GIÀ VISTA
Questa è la prima delle quattro puntate andate in onda finora a non essere stata scritta da Manny Coto bensì da Our Lady J, già sceneggiatrice di Pose, e si percepisce decisamente che lo stile di scrittura è diverso. È uno stile molto meno superficiale e più intimo, umano ma allo stesso tempo anche piuttosto distante da tutto quello che si è visto nei precedenti dieci episodi e, pertanto, un po’ troppo diverso.
La differenza sostanziale non è nell’ambientazione o nel periodo storico scelto per l’occasione (questa è la prima puntata ambientata nel passato), il New England del 1757 non è infatti un problema rispetto allo stile moderno, e non lo è nemmeno quello di riproporre una situazione già vista con donne accusate di stregoneria ed un pastore protestante che si arroga il diritto di aizzare il popolo contro chi gli va contro. Il vero problema è nella direzione data alla trama che prosegue e si dipana non toccando mai il lato horror classico della serie, si tiene molto distante da qualsiasi jump scare e opta invece per enfatizzare la malvagità del lato umano. Il che potrebbe andare anche bene se collegata con qualcosa di più estremo ma in “Milkmaids” il pensiero più estremo è quello di aver più paura di due lesbiche piuttosto che di mangiare cuori di persone già morte.
TRATTO DA UNA STORIA VERA
Il cast della puntata è decisamente interessante e vede specialmente un Seth Gabel in stato di grazia nel ruolo di pastore, tanto carismatico quanto estremo. A supportarlo ci sono Cody Fern e le altre due protagoniste Julia Schlaepfer (Celeste) e Addison Timlin (Delilah) che, di fatto, sono la variante sul tema del 1757: due donne che si riscoprono amanti e che rappresentano i due poli opposti di fede e scienza.
Ciò che funziona piuttosto bene e stimola la materia grigia dello spettatore è il dualismo sempre molto in voga tra credo religioso e conferma scientifica, un dualismo che ispira e che affronta il vaiolo in maniera storica, come è anche confermato storicamente dal CDC, ma al tempo stesso viene banalizzato da dei dialoghi che sono sia irrealistici, sia imbarazzanti. Si dà infatti per scontato che una lattaia sia una scienziata esperta di vaiolo e di terreni, il tutto leggendo semplicemente dei libri, mentre la prostituta di turno è la classica prescelta dalla fede che è in grado di curare tutti. Esagerato e decisamente evitabile.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Squadra vincente non si cambia, dicevano. American Horror Stories invece è per sua natura mutevole e questa volta non azzecca la combinazione vincente nonostante un cast di tutto rispetto ed una storia interessante ma sviluppata nella direzione meno adatta allo show. Peccato perché l’idea iniziale era buona.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.