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I coloratissimi anni ’80 non sono mai passati di moda nel mondo delle serie tv, dando modo di sfoggiare look e ambientazioni affascinanti e favolosamente glam. New York diventa la residenza sia della lussuosa Trump Tower sia dei marciapiedi di periferia simbolo del degrado e dell’emarginazione sociale. I cittadini che popolano la Grande Mela sono l’AIDS, la cocaina e le House, formate dalle più vamp drug queen del secolo – scorso – e da ballerini tendenzialmente omosessuali alla ricerca del loro posto nel mondo. È grosso modo questo il nuovo show di Ryan Murphy: Pose.
Il racconto di una società che per la prima volta conosce un mondo diverso, nel quale ognuno sente il bisogno di esprimere la propria personalità e sessualità pur andando incontro ai severi giudizi della gente. La serie brilla di strass e di make up dai colori accesi, mentre un gruppo di star si esibisce in un piccolo palco sfidandosi a colpi di pose in stile Vogue.
La serie, pur toccando temi molto delicati, sembra lontana dal voler giocare sui sentimentalismi o sul vittimismo delle categorie più deboli che, ad oggi, si presentano invece come primedonne con la voglia di pavoneggiare. Tuttavia l’umiliante dinamica con cui Damon viene rifiutato dai genitori e buttato in strada rappresenta il vero intento dello show, cioè quello di mostrare i forti pregiudizi che padroneggiavano l’America anni ’80. A Damon non solo piace ballare, ma è addirittura gay, una combinazione che per il padre si traduce in disonore della famiglia e per la madre in peccato mortale.
Il racconto di una società che per la prima volta conosce un mondo diverso, nel quale ognuno sente il bisogno di esprimere la propria personalità e sessualità pur andando incontro ai severi giudizi della gente. La serie brilla di strass e di make up dai colori accesi, mentre un gruppo di star si esibisce in un piccolo palco sfidandosi a colpi di pose in stile Vogue.
La serie, pur toccando temi molto delicati, sembra lontana dal voler giocare sui sentimentalismi o sul vittimismo delle categorie più deboli che, ad oggi, si presentano invece come primedonne con la voglia di pavoneggiare. Tuttavia l’umiliante dinamica con cui Damon viene rifiutato dai genitori e buttato in strada rappresenta il vero intento dello show, cioè quello di mostrare i forti pregiudizi che padroneggiavano l’America anni ’80. A Damon non solo piace ballare, ma è addirittura gay, una combinazione che per il padre si traduce in disonore della famiglia e per la madre in peccato mortale.
M: “God will punish you by giving you that disease.”
D: “But I’m not a sinner”
M: “You are.”
D: “But I’m not a sinner”
M: “You are.”
L’amarezza che lascia in bocca Pose sta tutta in questa scena, dove un ragazzino di diciassette anni viene privato dell’affetto della sua famiglia e buttato in strada, colpevole di avere un hobby diverso dal football e una sessualità che non ha più la voglia di nascondere. Tra tutti protagonisti di cui facciamo la conoscenza Damon e Angel sono i primi a scoprire le proprie debolezze – non a caso sono i più fragili della House, bisognosi più di chiunque altro della loro madre. Se da un lato Damon grazie a Blanca non ha ancora conosciuto la strada, Angel la batte ormai da anni senza riuscire ad uscirne. I suoi desideri poco hanno a che fare con gli strass e le pallettess, quello che veramente sogna Angel è la vita di una normale casalinga americana che è donna (tanto quanto vorrebbe esserlo lei completamente) e prima ancora è moglie e madre che tiene in ordine la casa, prepara la cena e viene accudita da suo marito che ha sempre un pensiero per lei quando rientra la sera. Di contro Angel non ha fatto i conti con la moglie tradita, umiliata che non ha ancora diritto ad aspirare ad una carriera propria e ad una vita indipendente: le vite di Angel e di Kate, così lontane tra di loro, si sono a malapena sfiorate nella prima puntata e certamente non mancherà occasione perché questa dicotomia venga affrontata con il prosieguo degli episodi.
Sarà spiccato all’occhio che il cast corale si compone per la maggiore di attori transgender e di colore, in netta contrapposizione con la bianca e ricca Trump Tower: un modo per sottolineare esteticamente l’emarginazione sociale e l’appartenenza a due mondi inconciliabili tra di loro e che invece si toccano tramite i personaggi di Evan Peters e di Indya Moore.
In conclusione il pilot è parso ben costruito, dando modo di conoscere a grandi linee tutti i personaggi e di avviare una narrazione che sembra avere buone prospettive e diversi lati su cui giocare. Il maggiore difetto è tuttavia l’eccessivo minutaggio, non giustificato da una ricchezza di contenuti, che potevano essere narrati nei canonici quaranta minuti televisivi.
Sarà spiccato all’occhio che il cast corale si compone per la maggiore di attori transgender e di colore, in netta contrapposizione con la bianca e ricca Trump Tower: un modo per sottolineare esteticamente l’emarginazione sociale e l’appartenenza a due mondi inconciliabili tra di loro e che invece si toccano tramite i personaggi di Evan Peters e di Indya Moore.
In conclusione il pilot è parso ben costruito, dando modo di conoscere a grandi linee tutti i personaggi e di avviare una narrazione che sembra avere buone prospettive e diversi lati su cui giocare. Il maggiore difetto è tuttavia l’eccessivo minutaggio, non giustificato da una ricchezza di contenuti, che potevano essere narrati nei canonici quaranta minuti televisivi.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Pose è esattamente la serie che ci saremmo aspettati da un nostalgico Ryan Murphy che, memore dei tempi in cui Glee spadroneggiava i palinsesti televisivi, è tornato a parlare di emarginazione tramite il ballo e il canto, facendo sfilare truccatissime regine del palcoscenico in abiti divinamente glam.
Pilot 1×01 | 0.67 milioni – 0.2 rating |
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Lunatica, brutta, cinefila e mancina. Tutte le serie tv sono uguali, ma alcune sono più uguali delle altre.