“Sisterhood Above All” è, tra quelle andate in onda, la migliore delle puntate dello show HBO. La sorellanza viene raccontata attraverso avvenimenti passati, brutali omicidi, ma soprattutto l’intero minutaggio si circoscrive alle Bene Gesserit: Travis Fimmel, Mark Strong e compagnia non trovano alcuno spazio e la visione nel complesso sembra risentirne in positivo. Sintomatico di una chiara debolezza della serie in corrispondenza della sceneggiatura riguardante l’Imperatore e Desmond? Difficile dirlo con certezza, ma il fatto che la puntata migliore fino ad ora sia stata quella che non li ha visti protagonisti lascia intendere qualcosa.
Certo, anche il fatto di aver avuto a disposizione l’intero minutaggio per addentrarsi maggiormente nella storia della sorellanza (e del passato di Valya e Tula Harkonnen) ha ovviamente inciso. Il titolo è volutamente di duplice significato: da una parte le Bene Gesserit, dall’altra la “sorellanza”, ossia il legame che unisce Valya e Tula. Quale delle due ha effettivamente più valore per le protagoniste all’interno dello show?
HARKONNEN O ATREIDES?
Il legame tra le due va oltre la semplice parentela, cosa che sappiamo non avere eccessivo valore nella famiglia Harkonnen (si pensi a Rabban, Feyd-Rautha e al Barone Vladimir): l’unità di intenti che le unisce è viscerale, uno scopo comune che le spinge oltre quello che credevano di poter superare. Valya si presta all’agonia della spezia; Tula rifiuta l’amore per Orry, vendicando il fratello Griffin e colpendo gli Atreides nel profondo. Ciò che si prova nell’intera sequenza è una sensazione strana: c’è condivisione e quasi un senso di felicità per la vendetta ultimata da Tula. Il tutto accompagnato da un senso di smarrimento: Dune ha abituato il pubblico ad inquadrare gli Harkonnen come i cattivi e gli Atreides come i buoni.
Eppure si tratta di definizioni (bene e male) che nel mondo di Dune, come nella realtà della Storia, talmente generiche che finiscono per essere errate quando non si prendono in considerazione tutte le varie sfumature. Il viaggio narrativo di Frank Herbert riguardante Paul Atreides è molto più complesso della semplice storia del “buono”, ma come già si intravede in Dune – Parte Due il giovane sognatore ha ormai lasciato spazio a un vero e proprio tiranno galattico. Non stupisce, ragionando in tali termini, quindi che gli Harkonnen siano stati vittime oltre che carnefici in questa lotta all’interno dell’impero.
FEDELTÀ NARRATIVA E SCONTRI
Nel passato viene mostrato l’avvicinamento tra Raquella e Valya, soprattutto riguardo il breeding program che continua a tenere banco, trattandosi dell’elemento centrale dell’intera sorellanza. L’antipatia tra Dorotea e Valya assume altro speso, nel momento in cui le due vengono scelte entrambe da Raquella per l’agonia, nonostante la seconda venga mal vista da una buona fetta di sorelle per il suo strano approccio alla definizione di truthsayer: una volta rilevata la verità, ha senso sempre e comunque portarla alla luce oppure in determinati casi si può oscurarla, celarla, per far procedere in un determinato modo la storia?
Del presente viene invece raccontato molto poco, essenzialmente tutto circoscritto allo stato di salute di Lila che viene mantenuta in vita (in segreto) da Tula; sullo sfondo Valya visita la famiglia Harkonnen. Nel complesso, come si scriveva ad inizio recensione, la puntata resta la migliore finora, ma c’è comunque ampio margine di miglioramento. Soprattutto in termini di coerenza narrativa con le opere originali.
Ritrovarsi, all’interno di dialoghi tra personaggi non-Fremen, termini come Shai Hulud o the Maker fa un po’ storcere il naso: stiamo parlando di terminologia strettamente collegata ai Fremen e importante, carica di significato solo per loro; pensare quindi che persone esterne possano utilizzarle come se fossero termini con peso e significato non ha alcun senso. Bene Gesserit, soprattutto, che con la Missionaria Protectiva praticano “religious engineering” creando miti, profezie e superstizioni nella popolazione dell’Impero.
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Qualche piccolo dettaglio da rivedere, ma ci sono ottimi spunti sui quali poter lavorare. Spaventa, più che altro, la commistione tra le due sottotrame che di fatto stanno venendo portate avanti: la Sorellanza e lo scontro della famiglia Corrino e Desmond. Il rischio è di rovinare tutto, soprattutto per la scelta iniziale di racchiudere tutto in sole sei puntate. C’è da avere paura?
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.