Justified: City Primeval 1×08 – The QuestionTEMPO DI LETTURA 4 min

/
()

Justified: City Primeval 1x08 Recensione

“Y’all have known me for a long time. Know that my heart was once filled with hate for people that I’ve never even met, and that I still bear the scars of that hate today. Now it is no secret that my health has been in decline as of late, and that I am, in fact, this very day being transferred to a hospital so that they may try and identify the source of my malaise. But if it’s God’s will that this be the last time we speak I feel it incumbent to impart upon you the great lesson that I’ve learned over my many years in this place. We are, all of us, capable of great change, of replacing the hate that led us here with something something infinitely more useful and powerful. Love. Let me hear you say it”.

La recensione di un finale di stagione – o di serie – deve necessariamente affrontare una serie di tematiche volte a fornire un quadro generale di uno show e del suo andamento. Nel caso di Justified: City Primeval, un elemento va chiarito immediatamente: nei primi 35 minuti, la valutazione del finale è senza dubbio insufficiente. Giunti alla prova del nove, infatti, tutte le storyline hanno terminato la propria corsa senza sussulti e senza suscitare alcun interesse nello spettatore. Una mancanza di mordente e di tensione che ha coinvolto, in primis, il protagonista e il villain. A sorpresa, però, la situazione è totalmente cambiata negli ultimi 10 minuti. Non a caso, il cambiamento è avvenuto in concomitanza con due grandi ritorni: il Kentucky Orientale e Boyd Crowder.

L’ADDIO A DETROIT


In principio, l’inserimento di Raylan Givens in un contesto urbano come Detroit sembrava in grado di portare dividendi. D’altronde, si profilava la presenza di intrighi, corruzione e – soprattutto – un criminale violento e carismatico.
Il risultato, tuttavia, non ha rispettato tali premesse. Ciò può essere spiegato in parte dalla valutazione complessiva – ossia insufficiente – su Clement Mansell. Dopo un buon impatto iniziale, l’Oklahoma Wildman si è rivelato un personaggio ripetitivo, banale e privo di particolari abilità criminali.
Ancor peggiore è stata la performance della criminalità albanese. La scelta di mandare Skender – che ha una gamba immobilizzata – da solo a uccidere Mansell è assolutamente illogica. Per di più, tale evento ha anche innescato una reazione a catena che ha portato all’uccisione di Clement da parte di Raylan. Tutto il finale, dunque, si basa su una decisione priva di razionalità e che ha agito come fosse un Deus-Ex-Machina sulle vicende di questo episodio.

L’ADDIO AL CORPO DEI MARSHALL


Nel corso degli 8 episodi, Clement Mansell ha dimostrato di non essere in grado di catturare l’attenzione dello spettatore e di sorreggere lo show sulle sue spalle nei momenti in cui Raylan non era assieme a lui. Tuttavia, anche per il protagonista è necessario sottolineare alcune criticità.
Durante la recensione del pilot, era stato evidenziato un cambiamento nella sua caratterizzazione. In particolare, la natura ironica e sfrontata appariva del tutto assente e sostituita da una maggiore cupezza e riflessività. Tali sensazioni iniziali hanno mostrato la loro fondatezza. Di conseguenza, il Raylan Givens di queste 8 puntate può considerarsi come una versione in tono minore dell’originale.
Per di più, in seguito all’uccisione di Clement, Raylan decide di lasciare il corpo dei Marshall. Il distintivo da Marshall ha sempre rappresentato un elemento cruciale della sua identità. Di conseguenza, è poco accettabile liquidare la questione così rapidamente, senza alcuna spiegazione aggiuntiva e senza particolari avvisaglie nel corso della stagione (se non il rapporto con la figlia, che però era un tema già presente nello show originale).

BOYD


Al minuto 35 di questo episodio, la bozza della recensione presentava un voto insufficiente, ossia “Slap Them All”. Come lo spettatore potrà notare al termine dell’articolo, il voto finale della puntata è un onesto “Save Them All”. Il cambiamento, dunque, è stato causato da un qualcosa accaduto negli ultimi 10 minuti della stagione.
Inutile nasconderlo: Boyd Crowder è il miglior personaggio di Justified, nonché uno dei villain più riusciti della tv contemporanea. Il peso della sua assenza – già evidenziata quando tutti i limiti di Mansell si sono palesati – è emerso in tutta la sua voluminosità nel momento esatto del suo ritorno in scena.
L’aura carismatica di Boyd, la lucida follia dei suoi discorsi e l’interpretazione magnetica e maiuscola di Walton Goggins sono semplicemente impareggiabili. In circa 10 minuti, Boyd, Goggins e il Kentucky si riappropriano dello show e ribadiscono la loro centralità nell’universo di Justified.
Una nuova stagione di Justified non è stata ancora confermata. Dopo aver re-introdotto un personaggio di tale spessore, però, sarebbe di certo un peccato non mostrare una nuova avventura con protagonisti due vecchi amici di infanzia della contea di Harlan.

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Al netto dei difetti, City Primeval ha rappresentato un esempio intelligente di sequel
  • Il ritorno di Boyd Crowder
  • In poco più di 5 minuti, Walton Goggins riesce immediatamente a spiccare su tutto il resto
  • Risoluzione della vicenda assolutamente deludente e sottotono
  • La scelta di Raylan di andare in pensione
  • Clement Mansell, alla fine dei conti, non si è rivelato essere nulla di che

Pur essendo partita sotto i migliori auspici, Justified: City Primeval si congeda (almeno temporaneamente) con un episodio scialbo e inspiegabilmente monotono. La sufficienza è stata guadagnata esclusivamente grazie al cameo brillantissimo di Walton Goggins e del suo Boyd Crowder.

Quanto ti è piaciuta la puntata?

Nessun voto per ora

Romano, studente di scienze politiche, appassionato di serie tv crime. Più il mistero è intricato, meglio è. Cerco di dimenticare di essere anche tifoso della Roma.

Precedente

Mayor Of Kingstown rinnovato per la 3° stagione

Prossima

Invasion 2×03 – Fireworks

error: Nice try :) Abbiamo disabilitato il tasto destro e la copiatura per proteggere il frutto del nostro duro lavoro.