Inside No. 9 9×03 – Mulberry CloseTEMPO DI LETTURA 6 min

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Recensione Inside No.9 9x03Inside No. 9 non accenna ad abbassare la qualità di questa nona e ultima stagione, regalando al suo pubblico “Mulberry Close”, piccolo gioiello narrativo che si dipana interamente attraverso l’occhio indiscreto e onnipresente di una telecamera di sorveglianza. Questo episodio si distingue per la sua audace tecnica narrativa, regalando una satira tagliente sulle intricate dinamiche suburbane e sulle ossessioni voyeuristiche tipiche della società odierna.

LA FINESTRA CCTV SUL CORTILE


La trama si concentra su Damon (interpretato da Shearsmith) e Val (Vinette Robinson), giovane coppia che si trasferisce, tanto per cambiare, al numero 9 di Mulberry Close, solo per essere immediatamente accolti dai loro invadenti vicini: Kenny e Sheila (interpretati rispettivamente da Pemberton e Dorothy Atkinson) e l’affabile Larry (Adrian Scarborough). L’intero episodio è visto attraverso la lente della videocamera di sorveglianza del loro campanello, espediente molto interessante che evoca immediatamente, nelle intenzioni, l’atmosfera tesa e claustrofobica di pellicole di genere come “La Finestra Sul Cortile” di Alfred Hitchcock, ma anche, senza scomodare i mostri sacri del cinema, altre produzioni di carattere voyeuristico come “La Ragazza Del Treno” di Tate Taylor o il più recente “The Voyeurs” di Michael Mohan.
Fin dai primi istanti, l’episodio riesce a catturare la curiosità dello spettatore con una costruzione come sempre perfetta della tensione e della caratterizzazione dei vari personaggi presenti in scena. Larry, con la sua battuta “best to use a brick” e l’introduzione dei personaggi attraverso riferimenti a giubbotti imbottiti, tupperware e attività da vicini borghesi e annoiati, stabilisce fin da subito un ambiente al contempo familiare e inquietante. La narrazione viene come al solito arricchita da sprazzi di black humour, celato qua e là tra le maglie della narrazione, e questi piccoli dettagli non solo arricchiscono il contesto, ma costruiscono anche una satira sottile e accurata della dimensione suburbana del Regno Unito.
“Mulberry Close” non è solo una parodia dei thriller classici, ma una critica acuta alla mentalità del branco e alla paranoia della classe media inglese. L’episodio utilizza abilmente il format del found footage per esplorare temi quali l’invadenza, il pregiudizio e il sospetto. Ogni suono fuori scena, ogni movimento fugace catturato dalla telecamera, contribuisce a creare una narrazione che è tanto implicita quanto esplicita. La presenza costante della videocamera fissa non solo costringe lo spettatore ad assumere il ruolo passivo di guardone, ma allo stesso tempo lo coinvolge attivamente all’interno di un regime di sorveglianza costante ormai insito nella società contemporanea.
Il cast che affianca Shearsmith e Pemberton, come al solito, regala una performance a dir poco impeccabile: Dorothy Atkinson brilla nel ruolo di Sheila, la fastidiosa vicina ficcanaso passivo-aggressiva, la cui semplice pressione sul tasto del campanello rivela già tutto ciò che c’è da sapere sul suo personaggio; e Adrian Scarborough interpreta altrettanto magistralmente il ruolo di Larry, un uomo inizialmente timido e affabile che ben presto si trasforma in un impacciato investigatore dilettante, convinto erroneamente di aver scoperto l’oscuro segreto dietro l’atteggiamento sospetto e costantemente irritato del vicino di casa Damon. La loro interpretazione mette così in evidenza il potere racchiuso nei piccoli dettagli, grazie ai quali è possibile creare – persino se si hanno a disposizione soltanto 30 minuti di girato – personaggi complessi e indimenticabili, attraverso l’utilizzo sapiente di sguardi carichi di sfumature, gesti sottili e dialoghi che rivelano più di quanto non dicano.

THE MULBERRY CLOSE MURDERS


La tensione cresce magistralmente attraverso una serie di indizi visivi e sonori: il rumore delle bottiglie nel cestino del riciclaggio suggerisce l’alcolismo di Damon, mentre il cigolio straziante di un cane sotto le ruote di un’auto aggiunge un elemento di orrore sottile ma potente. Ogni dettaglio è meticolosamente orchestrato per portare lo spettatore a sospettare di Damon, solo per svelare, sul finale, che Val è viva e vegeta, rientrata da una visita alla sorella.
Il culmine dell’episodio vede Larry, convinto che Val abbia avvelenato il suo cane Popcorn, compiere un attacco maldestro ma fatale con un mattone. Questo momento, oltre a essere un payoff molto soddisfacente rispetto alle varie tracce disseminate nell’episodio, mette in luce la fragilità e la fallibilità dei giudizi umani, specialmente in comunità chiuse e sospettose.
La chiusura dell’episodio, con la rivelazione della verità attraverso le immagini della videocamera e il successivo arresto di Damon, culmina quindi in una parodia dei documentari di genere true crime che oggigiorno affollano la home di Netflix, chiudendo con una nota di ironia perfettamente in linea con le atmosfere e lo stile dell’episodio. Questa satira non solo ironizza sulle ansie e i pregiudizi dei residenti di Mulberry Close, ma getta anche uno sguardo critico sull’ossessione voyeuristica della società contemporanea nei confronti delle storie basate su eventi reali e perlopiù riguardanti crimini violenti ed efferati. Attraverso il titolo del falso documentario, “The Mulberry Close Murders”, si suggerisce quindi un possibile susseguirsi di eventi ancora più oscuri, che si allontanano dallo sguardo dello spettatore anche dopo che ha smesso di guardare, lasciando nell’aria un senso persistente di ambiguità e inquietudine.
Da notare è anche l’eccellente utilizzo dei dettagli di scena: ogni elemento visivo è curato con precisione maniacale per contribuire alla costruzione dell’atmosfera e alla progressione della trama. Le luci che si accendono e spengono rapidamente nella casa di Kenny e Sheila, mentre osservano furtivamente il dramma che si svolge dall’altro lato della strada, riescono ad esempio a instillare nello spettatore il persistente sentimento di essere sempre sotto osservazione costante. Questa meticolosa attenzione per i dettagli non soltanto arricchisce la narrazione dal punto di vista meramente estetico, ma intensifica anche il sentimento di claustrofobia e paranoia che permea l’intero episodio.
Inoltre, l’episodio analizza in modo penetrante la dinamica di potere e controllo all’interno delle piccole comunità suburbane chiuse. La trasformazione di Larry, inizialmente considerato un vicino innocuo e benevolo, in un vero e proprio agente del caos, mette in luce la facilità con cui le percezioni possano essere manipolate dalle apparenze e dai pregiudizi. L’interpretazione di Adrian Scarborough è essenziale in tal senso, rendendo credibile e coinvolgente la sua transizione da semplice osservatore passivo a protagonista attivo della tragedia.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Utilizzo innovativo del formato found footage
  • Costruzione impeccabile della tensione e della caratterizzazione
  • Satira penetrante delle dinamiche suburbane e dell’ossessione voyeuristica
  • Performance eccezionali del cast
  • Consueto finale a sorpresa costruito con la solita cura
  • Nulla di importante da segnalare

 

“Mulberry Close” riesce a bilanciare abilmente elementi provenienti da vari generi televisivi, dall’horror psicologico alla commedia nera, passando anche per il dramma sociale. Questa capacità di mescolare generi differenti, facendoli lavorare in perfetta armonia, è sicuramente uno dei punti di forza distintivi di Inside No. 9 che, dopo ben dieci anni di messa in onda, riesce ancora a mantenere alta la tensione emotiva dello spettatore pur offrendo momenti di umorismo e riflessione critica. La scrittura di Shearsmith e Pemberton continua a essere una delle più sofisticate e innovative riscontrabili all’interno del panorama televisivo attuale, dimostrando una padronanza narrativa che ben pochi autori contemporanei possono vantare.

 

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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.

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